In sede di accertamento del passivo fallimentare, ai fini della prova della erogazione di cui ad un finanziamento ipotecario, gli estratti conto prodotti dalla banca opponente non sono idonei a soddisfare l’onere probatorio sulla stessa gravante con riferimento al credito di cui al contratto di finanziamento.
Detti documenti, in quanto carenti del requisito della data certa anteriore all’apertura della procedura, sono inopponibili alla curatela, e sono privi di valenza probatoria, per l’ulteriore decisiva considerazione che, in sede di accertamento del passivo fallimentare, la valenza probatoria degli estratti conto e dei documenti contabili formata dallo stesso creditore è influenzata dalla circostanza che il giudizio non si svolge tra le parti del rapporto contrattuale dal quale il credito deriverebbe, ma tra una di esse ed il fallimento.
Del pari, priva di valenza probatoria è la dichiarazione resa dalla parte mutuataria al notaio e contenuta nel contratto di mutuo, di aver ricevuto la somma prima della stipula dell’atto.
Secondo la giurisprudenza della Suprema Corte, infatti, in tema di prove, l’atto pubblico fa fede fino a querela di falso, solo relativamente alla provenienza del documento dal pubblico ufficiale che l’ha formato, alle dichiarazioni al medesimo rese ed agli altri fatti dal medesimo compiuti o che questi attesti essere avvenuti i sua presenza, come ad esempio, nel caso in cui dal notaio sia attestata la materiale dazione di somme di denaro in quanto avvenuta in sua presenza. Pertanto, l’efficacia privilegiata che l’art. 2700 cc assegna all’atto pubblico non si estende alla intrinseca veridicità delle dichiarazioni rese al pubblico ufficiale dalle parti od alla loro rispondenza alla effettiva intenzione delle parti (cfr Cass. 25.5.2006 n. 12386, nonché Cass. Nn. 10702/2005, 10219/96).
IL CASO
La Banca ha chiesto di essere ammessa al passivo, in via privilegiata ipotecaria, in virtù di un finanziamento ipotecario.
La domanda è stata parzialmente rigettata in sede di verifica dei crediti per mancanza di prova degli atti dimostrativi delle erogazioni.
L’Istituto di Credito ha proposto opposizione, deducendo che la prova del credito si sarebbe potuta ricavare dalla documentazione prodotta ed in particolare dagli estratti conto da cui si evincono gli accrediti, dalle dichiarazioni rese al Notaio dalla parte mutuataria e contenute nell’atto e dall’atto di quietanza relativo ad una quota del finanziamento (tale ultimo documento è stato prodotto solo con la proposizione del ricorso ex art. 98 lf).
Il Tribunale ha riconosciuto il credito della ricorrente solo limitatamente alla somma del finanziamento in relazione alla quale sia stata provata la relativa erogazione a mezzo atto di quietanza redatto per atto notarile, ritenendo di dover attribuire soltanto al suddetto rogito efficacia probatoria piena, fino a querela di falso, della circostanza della erogazione, perché avvenuta in presenza del pubblico ufficiale.
Viene disattesa, invece, perché priva di adeguata dimostrazione, l’istanza tendente ad ottenere l’ammissione al passivo della residua somma.
IL COMMENTO
In tema di accertamento del passivo fallimentare, con particolare riferimento alle domande formulate dagli Istituti di credito in forza di finanziamenti ipotecari, è sempre più rigorosa la prova della erogazione quando la stessa non sia contestuale alla stipula del finanziamento e/o cristallizzata in un atto notarile, non ritenendosi esaustiva la circostanza, come spesso accade, che la detta erogazione sia documentata e provata da altri elementi, quali gli accrediti riportati sugli estratti del conto ordinario su cui eventualmente il finanziamento era regolato.
L’assolvimento di tale onere probatorio è reso ancora più oneroso dal requisito della data certa anteriore al fallimento che deve connotare ogni documento prodotto dall’Istituto di Credito e la cui mancanza si ritiene, in modo, altrettanto consolidato, rilevabile d’ufficio, attenendo ad un elemento costitutivo del diritto.
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