E’ inammissibile il ricorso incidentale proposto dal curatore fallimentare nell’ambito di una opposizione allo stato passivo, in quanto teso all’accoglimento di una impugnazione di credito ammesso che non avrebbe potuto essere proposta in via incidentale.
Non è concepibile la possibilità di far valere un proprio diritto nel contesto dell’impugnazione proposta da altro soggetto.
Questi i principi espressi dalla Corte di Cassazione, Pres. Forte – Rel. Didone, con la sentenza n. 9617 dell’11.05.2016, pronunciata nell’ambito di un giudizio di opposizione allo stato passivo, proposto da una Banca.
In particolare, l’Istituto di credito proponeva opposizione allo stato passivo del fallimento, lamentando l’erroneità del provvedimento del giudice delegato con il quale il suo credito privilegiato era stato ammesso solo in parte.
Il curatore proponeva impugnazione incidentale tardiva chiedendo l’esclusione della prelazione ed il Tribunale di Pistoia, con il decreto impugnato, ritenuta ammissibile la proposizione di impugnazione incidentale tardiva del curatore, l’accoglieva, riducendo la somma ammessa in privilegio e vantata dall’istituto di credito, provvedendo a diversamente quantificare la somma ammessa mentre ha accolto l’opposizione della banca limitatamente alla misura degli interessi chiesti.
Avverso tale decisione la banca ha proposto ricorso per cassazione, deducendo la nullità della sentenza con riferimento alla ritenuta ammissibilità dell’impugnazione incidentale tardiva proposta dal curatore, cui quest’ultimo ha resistito con controricorso, proponendo altresì proposto ricorso incidentale affidato a un motivo.
La Corte muove il proprio esame dalla natura del procedimento di verifica e del giudizio di opposizione allo stato passivo, affermando la natura sommaria della fase necessaria dell’accertamento che, con l’opposizione contro il provvedimento pronunciato a seguito di cognizione sommaria, si riespande, consentendo al creditore escluso un grado di merito a cognizione piena, non condizionata da preclusioni istruttorie maturate nella fase sommaria, perchè non previste espressamente dalla legge e, anzi, espressamente escluse dal tenore della L. Fall., art. 99, di talchè, escluso qualsivoglia richiamo alla disciplina della produzione dei documenti in appello e all’art. 345 c.p.c., perchè si è qui al di fuori del giudizio ordinario di cognizione nè l’opposizione può essere qualificata come appello” (Sez. 1^, Sent., 11.9.2009, n. 19697), la Corte conclude affermando come il giudizio di opposizione allo stato passivo del fallimento (come disciplinato a seguito del D.Lgs. 12 settembre 2007, n. 169) non sia un giudizio di appello, anche se ha natura impugnatoria costituendo il rimedio avverso la decisione sommaria del giudice delegato.
La Corte precisa, poi, come il procedimento sia tuttavia integralmente disciplinato dalla normativa fallimentare che prevede che avverso il decreto di esecutività dello stato passivo possano essere proposte solo opposizione (da parte dei creditorio dei titolari di diritti su beni), impugnazione (da parte del curatore o di creditori avverso un credito ammesso) o revocazione.
Da tanto la Corte fa discendere la conseguenza che ciascuno di tali rimedi può essere proposto dal soggetto legittimato esclusivamente entro il termine di cui alla L. Fall., art. 99, sicché non è concepibile la possibilità di far valere un proprio diritto nel contesto dell’impugnazione proposta da altro soggetto. E ciò perché qualora il termine per impugnare sia ancora pendente il soggetto deve proporre l’impugnazione a sé spettante e, qualora invece il relativo termine sia ormai decorso, deve ritenersi che sia decaduto dalla possibilità di contestare autonomamente lo stato passivo (con ciò escludendosi concettualmente la configurabilità dell’impugnazione incidentale, sia tempestiva che tardiva).
Posto, infatti, che le “impugnazioni”, contemplate dal legislatore all’art. 98 lf, sono l’opposizione, l’impugnazione dei crediti ammessi e la revocazione e che con l’opposizione il creditore o il titolare di diritti su beni mobili o immobili contestano che la propria domanda sia stata accolta in parte o sia stata respinta, mentre con l’impugnazione il curatore, il creditore o il titolare di diritti su beni mobili o immobili contestano che la domanda di un creditore o di altro concorrente sia stata accolta, la Corte precisa come l’impugnazione del credito ammesso – da parte del curatore o da parte degli altri creditori – sia altra cosa rispetto all’opposizione del creditore escluso anche parzialmente.
Sulla base di tale motivazione, la Corte ha accolto il ricorso principale e dichiarato inammissibile il ricorso incidentale.
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