A norma dell’art. 618 c.p.c. l’introduzione del giudizio di merito nel termine perentorio fissato dal giudice dell’esecuzione, all’esito dell’esaurimento della fase sommaria, deve avvenire con la forma dell’atto introduttivo relativa al rito con cui va trattata l’opposizione nella fase a cognizione piena, sicché ove si applichi ex art. 618 bis, co.I. c.p.c.., il rito del lavoro, il giudizio di merito va introdotto con ricorso da depositare nella cancelleria del giudice competente entro il termine perentorio fissato dal giudice.
Nel rito del lavoro l’appello, pur tempestivamente proposto nel termine previsto dalla legge, è improcedibile ove la notificazione del ricorso depositato e del decreto di fissazione dell’udienza non sia avvenuta, non essendo consentito – alla stregua di un’interpretazione costituzionalmente orientata imposta dal principio della cosiddetta “ragionevole durata del processo “ex art. 111, II co., Cost. – al giudice di assegnare, ex art. 421 c.p.c. all’appellante un termine perentorio per provvedere ad una nuova notifica a norma dell’art. 291 cod. proc. civ.
Sebbene questo secondo principio è stato affermato dalle Sezioni Unite con riferimento al giudizio di appello, esso è applicabile anche in sede di opposizione agli atti esecutivi da trattarsi col rito del lavoro, poiché questo è un giudizio tipicamente impugnatorio, per l’introduzione del quale è previsto un termine perentorio.
Questi i principi espressi dalla Corte di Cassazione, sesta sezione civile, Pres. Amendola – Rel. Armano con l’ordinanza n.20637 del 31.08.2017.
Nella fattispecie in disamina, nell’ambito di un giudizio di opposizione agli atti esecutivi, all’udienza fissata per la prima comparizione delle parti, il Giudice rilevata la mancata prova della notifica dell’atto introduttivo del giudizio, concedeva all’opponente di procedere alla notifica nei confronti dell’opposto, entro un nuovo termine, con fissazione di altra udienza.
Successivamente, il Tribunale di Foggia ha accolto l’opposizione agli atti esecutivi proposta da un avvocato distrattario avverso l’ordinanza resa dal giudice dell’esecuzione per pignoramento presso terzi, con la quale questi aveva dichiarato improcedibile la procedura esecutiva e dichiarato l’estinzione della stessa procedura (avendo l’ENTE PREVIDENZIALE adempiuto all’obbligo di pagare all’avvocato distrattario le spese liquidate con sentenza del giudice del lavoro), disponendo la liberazione delle somme pignorate con compensazione delle spese del processo esecutivo.
Avverso tale provvedimento l’ENTE PREVIDENZIALE ha proposto ricorso per cassazione deducendo la violazione o falsa applicazione degli artt. 618 e 291 c.p.c. (art. 360 n. 4 c.p.c.) in quanto il giudice avrebbe dovuto dichiarare l’improcedibilità del giudizio per il mancato rispetto del termine perentorio già concesso dal medesimo giudice col primo provvedimento di fissazione della prima udienza.
La suprema corte ha evidenziato che in caso di opposizione agli atti esecutivi da introdursi col rito del lavoro, per la quale va affermato che questa, pure tempestivamente proposta nel termine perentorio assegnato dal giudice dell’esecuzione col deposito del ricorso, è improcedibile ove la notificazione del ricorso depositato e del decreto di fissazione dell’udienza sia mancata del tutto, non essendo consentito al giudice di assegnare ex art. 421 cod. proc. civ. all’opponente un termine perentorio per provvedere ad una nuova notifica a norma dell’art. 291 cod. proc. civ.
Per tali motivi la corte ha ritenuto che il Tribunale adito in sede di merito, alla prima udienza, avrebbe dovuto rilevare la mancata notificazione del ricorso introduttivo, dichiarando improcedibile l’opposizione agli atti esecutivi.
Alla luce di ciò il ricorso è stato accolto con decisione nel merito con la quale è stata dichiara improcedibile l’opposizione agli atti esecutivi proposta dalla parte intimata.
IL PRINCIPIO DI DIRITTO
A norma dell’art. 616 cpc l’introduzione del giudizio di merito nel termine perentorio fissato dal giudice dell’esecuzione, all’esito dell’esaurimento della fase sommaria di cui all’art. 615 cpc, comma 2, deve avvenire con la forma dell’atto introduttivo richiesta in riferimento al rito con cui l’opposizione deve essere trattata quanto alla fase di cognizione piena.
Consegue che se causa è soggetta al rito ordinario, il giudizio di merito va introdotto con citazione da notificare alla controparte entro il termine perentorio fissato dal giudice, mentre l’eventuale concessione di un ulteriore termine per tale notifica o una nuova citazione ad iniziativa spontanea della parte sono ammissibili solo a condizione che, in relazione all’udienza di comparizione indicata dal giudice o indicata nel nuovo atto di citazione, venga rispettato il termine perentorio a suo tempo fissato dal giudice dell’esecuzione.
Il principio deve ritenersi applicabile anche all’art. 618 cpc comma 2, che, pur se non fa espresso riferimento all’introduzione del giudizio di merito secondo le modalità previste in ragione della materia e del rito, richiama il rispetto dei termini a comparire di cui all’art. 163 bis cpc o altri se previsti ridotti alla metà, con la conseguenza che la fase di merito dei giudizi di opposizione agli atti va introdotta con atto di citazione e non con ricorso, non rilevando che l’art. 617 comma 2 cpc fa riferimento al ricorso quale forma per l’introduzione dell’opposizione agli atti esecutivi, essendo relativo alla fase sommaria del giudizio, e che l’art. 618 comma 2 cpc, così come l’art. 616 cpc, parli della “previa iscrizione al ruolo a cura della parte interessata”.
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