Segnalata dallo Studio Legale Paolo Laterza & Associati di Bari con nota di redazione
Chi propone una domanda riconvenzionale deve provare l’esistenza e l’entità del credito; la disciplina di cui all’art. 2697 c.c. si applica anche al giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo allorquando il debitore ingiunto proponga domanda riconvenzionale.
L’opponente a decreto ingiuntivo, convenuto in senso sostanziale rispetto alla domanda creditoria formante oggetto del provvedimento monitorio, assume la posizione, anche sotto il profilo dell’onus probandi, di attore, in ordine alla proposizione della domanda riconvenzionale.
Non modifica il regime dell’onere probatorio, neanche la qualificazione giuridica della domanda come di accertamento negativo del credito di controparte.
L’onere probatorio gravante, a norma dell’art. 2697 c.c., su chi intende far valere in giudizio un diritto, ovvero su chi eccepisce la modifica o l’estinzione del diritto da altri vantato, non subisce deroga neanche quando abbia ad oggetto “fatti negativi”, in quanto la negatività dei fatti oggetto della prova non esclude né inverte il relativo onere, gravando esso pur sempre sulla parte che fa valere il diritto di cui il fatto, pur se negativo, ha carattere costitutivo.
La regola del saldo zero non si applica alla domanda riconvenzionale proposta in giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo in quanto l’opponente deve produrre l’estratto conto di accensione del rapporto ed, in mancanza, il primo saldo annotato in conto, che dovrà essere considerato ai soli fini della domanda di ripetizione di indebito.
Questi i principi espressi dalla Cassazione civile, sez. prima, Pres. De Chiara – Rel. Acierno, con la sentenza n. 500 dell’11.01.2017.
Nel caso in esame, la Corte d’Appello di Lecce, nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo proposto da una società correntista avverso il provvedimento monitorio ottenuto dalla banca in ordine al saldo passivo di conto corrente della società, in parziale riforma della sentenza impugnata, accoglieva integralmente la domanda riconvenzionale spiegata dalla correntista, fondata sulla richiesta di ripetizione dell’indebito, costituito dagli importi illegittimamente addebitati in virtù della capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi e del calcolo degli stessi a tasso ultralegale, fin dall’inizio del rapporto intercorso con la banca.
In particolare, la Corte aveva riconosciuto alla correntista l’importo di Euro 722.047,30, in virtù dell’applicazione del cd. saldo zero iniziale, conseguente alla mancata produzione, da parte dell’Istituto bancario, di tutti gli estratti conto relativi al rapporto dedotto in giudizio e, segnatamente, dalla data della sua costituzione (1982), fino alla fine del 1991.
Avverso la sentenza del Giudice di seconde cure, proponeva ricorso per Cassazione l’istituto bancario, deducendo la violazione dell’art. 2697 c.c., in ragione della mancata applicazione del principio regolatore dell’onere della prova in ordine alla domanda riconvenzionale proposta dalla società correntista, che avrebbe dovuto assumere, limitatamente ad essa, la veste di attrice, gravata dell’onere di provare interamente il credito azionato.
La parte controricorrente proponeva ricorso incidentale.
La Corte dichiarava fondate le censure sollevate dal ricorrente principale in materia di onere della prova, osservando che, in realtà, chi propone una domanda riconvenzionale, di natura creditoria, deve provare l’esistenza e l’entità del credito.
Anche nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, l’opponente, convenuto sostanziale rispetto alla domanda creditoria formante oggetto del provvedimento monitorio, assume la posizione, anche sotto il profilo probatorio, di attore, in ordine alla proposizione della domanda riconvenzionale e non modifica il regime probatorio, neanche la qualificazione giuridica della domanda, di accertamento negativo del credito di controparte.
Infatti, secondo principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità, l’onere probatorio gravante, a norma dell’art. 2697 c.c., su chi intende far valere in giudizio un diritto, ovvero su chi eccepisce la modifica o l’estinzione del diritto da altri vantato, non subisce deroga neanche quando abbia ad oggetto “fatti negativi”, in quanto la negatività dei fatti oggetto della prova non esclude nè inverte il relativo onere, gravando esso sulla parte che fa valere il diritto di cui il fatto, pur se negativo, ha carattere costitutivo; tuttavia, in questo caso, la relativa prova può esser data mediante dimostrazione di uno specifico fatto positivo contrario, od anche mediante presunzioni dalle quali possa desumersi il fatto negativo.
Nel caso in esame, gli ermellini, rilevato che gli attori in riconvenzionale non avevano prodotto gli estratti conto fin dal sorgere del rapporto, ma solo da un momento successivo, osservavano che il dies a quo dal quale effettuare il calcolo del credito dei correntisti non poteva che prendere le mosse dalle risultanze del primo estratto conto prodotto.
Sulla base di quanto esposto, la Suprema Corte accoglieva il ricorso principale, compensando le spese processuali dei gradi di appello e legittimità.
IL COMMENTO
La regola del cd. saldo zero, sovente oggetto di interpretazioni fuorvianti da parte degli operatori giuridici, richiede una disciplina differenziata a seconda della diversa prospettiva in cui trova applicazione:
1) nelle azioni in cui la banca agisce per il recupero del credito, in mancanza della produzione del saldo iniziale e/o del primo saldo positivo del conto corrente, il primo saldo andrà azzerato;
2) nelle azioni ove il cliente agisce per la ripetizione di indebito, in mancanza della produzione del primo saldo ed ai soli fini della domanda di restituzione del debito, il primo saldo dovrà essere considerato vero e reale.
In particolare, la disciplina del saldo zero va coordinata con la natura e la tipologia del giudizio instaurato dalle parti, che si tratti di giudizio positivo per l’accertamento del credito e/o di giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, in cui il correntista proponga domanda riconvenzionale.
I due regimi probatori si intrecciano, generando confusione; molto spesso, infatti, la mancata conoscenza tecnica del diritto bancario e/o la speculazione giudiziaria danno luogo a decisioni errate che violano il principio dell’equivalenza dell’onere della prova ex art. 2697 c.c. tra la banca che agisce per il recupero del credito e il correntista che agisce in ripetizione.
La regola è la seguente: nel caso in cui il primo saldo annotato in conto sia stato azzerato per effetto della mancata produzione del primo estratto conto nel giudizio nel quale la banca sta procedendo ai fini del recupero del credito, ove il credito da positivo divenga negativo ed ai soli fini dell’azione di ripetizione di indebito, il saldo va considerato e riattribuito alla banca, che potrà articolare le sue difese onde ottenere il rigetto della domanda di restituzione del correntista.
Per ulteriori approfondimenti in materia, si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
SALDO ZERO: NON SI APPLICA SE IL CLIENTE- CONVENUTO AGISCE IN RIPETIZIONE IN VIA RICONVENZIONALE
Se il cliente non adempie all’onere della prova, il ricalcolo si effettua dal saldo (negativo) del primo estratto prodotto
Sentenza | Tribunale di Nola, dott. Fabio Maffei | 02.01.2015 |
Il principio della vicinanza della prova non può invertire l’onere della prova ex art. 2697 cc
Sentenza | Tribunale di Brindisi, Giudice dott.ssa Sara Foderaro | 13.01.2014
SALDO ZERO: REGOLAMENTAZIONE DELLA RIPARTIZIONE DELL’ONERE DELLA PROVA
Nel giudizio per la ripetizione dell’indebito l’onere di produrre tutti gli estratti conto è a carico del correntista
Sentenza | Tribunale di Arezzo, sez dist. Montevarchi, dott. Carlo Breggia. | 30.05.2013 | n.9
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