L’opposizione a decreto ingiuntivo proposta dai soci della SNC, ma non dalla società debitrice, è priva di interesse ad agire e al giudizio ex art. 100 cpc. dei medesimi, perché carente dei requisiti della sussistenza della lesione concreta ed attuale dell’interesse sostanziale dedotto dall’istante e dell’esigenza di ottenere un risultato utile, giuridicamente apprezzabile e indispensabile per mezzo dell’intervento del giudice.
È questo il principio che emerge dalla sentenza del Tribunale di Perugia, Giudice Dott.ssa Rosa Lavanga, nella sentenza n. 628 del 18.04.2019.
IL CASO
I soci di una SNC formulavano opposizione a decreto ingiuntivo emesso, in forma provvisoriamente esecutiva ex art. 642 cpc, nei confronti della società e in forza del quale era stato ingiunto alla medesima il pagamento di un credito su fatture commerciali. I soci richiedevano, in via preliminare, la sospensione e/o revoca della provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo e si opponevano nel merito dell’esistenza della pretesa creditoria.
La creditrice opposta rilevava la carenza di una condizione di procedibilità essenziale ai fini della prosecuzione del giudizio di merito e cioè, più precisamente, l’insussistenza dell’interesse all’azione e al giudizio ex art. 100 c.p.c. dei soci della SNC in assenza di una precipua difesa della società sul punto. Inoltre, argomentava che il giudizio era stato incardinato dall’opposizione a decreto ingiuntivo avanzata non dalla società, ma dai soci persone fisiche della stessa.
La SNC ingiunta, quindi, non avendo proposto opposizione, aveva determinato la formazione del giudicato in ordine alla sussistenza del credito divenuto definitivamente esecutivo nei suoi confronti.
Il giudice nell’accogliere l’eccezione in rito formulata nei termini sopra esposti pone l’attenzione su un principio riconosciuto assolutamente rilevante ai fini della salvaguardia dell’esecuzione del titolo e tutela delle pretese creditorie.
IL COMMENTO
L’art. 100 cpc sancisce che: «per proporre una domanda […] è necessario avervi interesse», un interesse che, nell’essere ontologicamente condizione dell’azione e, come ampiamente ribadito dalla giurisprudenza di Cassazione e di merito, consiste nell’esigenza di ottenere un risultato utile, giuridicamente apprezzabile e non altrimenti conseguibile senza l’intervento del giudice.
I principi desumibili dall’art. 24 c. 1 Cost e art. 100 cpc fanno emergere come la parte processuale nella prospettazione dell’interesse deve presupporre una lesione concreta ed attuale dell’interesse dedotto in giudizio e che il provvedimento richiesto al giudice è posto a presidio della tutela e soddisfazione sostanziale del medesimo. Sono quindi la concretezza e l’attualità dell’interesse dell’istante, da un lato, e l’utilità del provvedimento giudiziale richiesto rispetto alla lesione denunciata, dall’altro, gli elementi cruciali della valutazione che è richiesta al giudice nella fattispecie oggetto del caso in commento.
Nessuno dei due occorre nella fattispecie concreta posta al vaglio dal Tribunale perugino.
I soci della SNC, persone fisiche, non hanno interesse ad una pronuncia del giudice che – ove in ipotesi avesse accolto nel merito l’opposizione a decreto ingiuntivo in cui la debitrice principale è la società che, non essendosi mai opposta, ha consumato l’azione e sancito la definitività e irrevocabilità della statuizione – non avrebbero conseguito alcun risultato “utile”. Infatti, la creditrice in forza dell’esecutorietà del titolo maturata verso la SNC è, comunque, legittimata a procedere all’esecuzione del patrimonio della società, escutendo in caso di incapienza di quest’ultimo e una volta esaurito il beneficio di escussione che assiste i singoli soci, i patrimoni di quest’ultimi come previsto dall’art. 2304 cc.
Anche qualora i singoli soci avessero ottenuto in astratto una sentenza favorevole che avesse accertato la insussistenza del credito, quindi, sarebbero stati comunque attinti dall’esercizio dell’azione esecutiva – ancorché sussidiaria – che, ex art. 2304 c.c., conferisce alla creditrice l’esercizio di tali prerogative di estensione dei patrimoni escutibili nelle società di persone, a tutela delle proprie pretese creditorie.
Il Tribunale, pertanto, accoglie la sollevata eccezione di rito non contestata e rettamente rilevata dalla creditrice opposta, respinge – comunque, anche nel merito – la proposta opposizione che ha dato avvio al giudizio non incardinata dalla Società, bensì da soci della stessa in ragione della insussistenza della condizione dell’azione ex art. 100 c.p.c. e conferma il decreto ingiuntivo condannando gli opponenti in solido tra loro al pagamento delle spese di lite.
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