ISSN 2385-1376
Testo massima
In tema di opposizione di terzo ad esecuzione immobiliare, la norma dell’art. 619 cod. proc. civ. legittima il terzo a far valere la proprietà o altro diritto reale sul bene pignorato senza esigere che tali situazioni siano state giudizialmente accertate, con la conseguenza che lo stesso terzo le può far ben valere rispetto ad un bene che assuma di aver già acquistato al momento dell’opposizione per effetto di usucapione e chieda di provare tale situazione nel giudizio di opposizione di terzo, non incidendo, a sua volta, su tale acquisto l’esecuzione del pignoramento immobiliare e potendo, il termine ventennale utile a consolidarlo venire a maturazione anche successivamente al pignoramento medesimo.
Così ha deciso la Corte di Cassazione con la sentenza n.27668 del 30/12/2009, chiamata pronunziarsi sul rapporto tra pignoramento, opposizione di terzo e usucapione, a seguito del ricorso proposto avverso la sentenza che aveva accolto la domanda del terzo, previo riconoscimento del diritto di proprietà di essa iure usucapionis fatto valere dall’opponente.
In particolare il ricorrente ha dedotto la violazione e la falsa applicazione dell’art. 619 cpc nella parte in cui il Tribunale ha ritenuto ammissibile l’accertamenti nel giudizio di terzo all’esecuzione dell’esistenza in capo al terzo dell’acquisto del bene per intervenuta usucapione.
La Corte -con la sentenza in esame- ha rigettato il ricorso, escludendo che il riconoscimento del diritto di proprietà sul bene oggetto di esecuzione, per intervenuto usucapione, in seno al terzo opponente, debba essere una situazione già giudizialmente accertata prima della proposizione dell’opposizione.
Il principio trova il fondamento nel disposto dell’art. 619 cpc, il cui oggetto si identifica nella pretesa di accertare la sussistenza di situazioni giuridiche di per sé incompatibili con l’azione esecutiva promossa dal creditore procedente per soddisfare le proprie ragioni, per effetto della responsabilità patrimoniale del suo debitore.
L’azione del terzo, infatti, non è un’azione reale di rivendica sul bene ma è un’azione di accertamento, che dà vita ad un ordinario giudizio di cognizione, autonomo rispetto all’esecuzione nella quale si inserisce, in cui l’onere di provare la titolarità del diritto del terzo opponente di sottrarre il bene pignorato all’esecuzione attiene proprio al soggetto che ne è promotore.
Consegue che con la domanda ex art. 619 cpc l’opponente può legittimamente far valere una situazione di proprietà del bene o di titolarità di altro un altro diritto reale che assuma di aver già acquistato al momento dell’opposizione anche per effetto dell’intervenuto usucapione, il cui decorso del termine non deve essersi verificato già al momento del pignoramento.
L’assunto contrario, infatti, ha precisato la Corte, è erroneo e contrario alla natura stessa dell’usucapione ventennale, che è un modo di acquisto basato esclusivamente sulla situazione di fatto, che non è incisa in alcun modo dall’esecuzione del pignoramento, per cui se la situazione di possesso mantiene i suoi caratteri può senz’altro consolidarsi successivamente al pignoramento e fatta valere dal terzo quando si è consolidato.
Da ciò consegue che la normale efficacia retroattiva erga omnes dell’acquisto per usucapione comporta automaticamente la prevalenza del diritto per come retroattivamente acquistato sulla posizione del creditore pignorante.
Testo del provvedimento
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso 1542/2009 proposto da:
ALFA SRL;
– ricorrente –
contro
C.B.;
– controricorrente –
e contro
P.E., S.T., P.A.;
– intimati –
avverso la sentenza n. 643/2008 del TRIBUNALE di PAOLA, del 12/6/08 depositata il 26/06/2008;
Svolgimento del processo
p.1. La ALFA s.r.l., quale procuratrice speciale della BETA s.r.l., a sua volta cessionaria delle ragioni di credito della Banca s.p.a. nei confronti di P.R., ha proposto ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost., comma 7, avverso la sentenza del 26 giugno 2008, con la quale il Tribunale di Paola ha accolto l’opposizione ai sensi dell’art. 619 c.p.c., proposta con ricorso depositato il 7 luglio 2005 da C.B. avverso l’esecuzione immobiliare promossa da essa ricorrente a carico del P. con pignoramento eseguito il 15 marzo 1986 su un’unità immobiliare, previo riconoscimento dell’acquisto della proprietà di essa iure usucapionis fatto valere dall’opponente, con la deduzione nel ricorso introduttivo dell’opposizione dell’esistenza di un suo possesso ad usucapionem ultraventennale.
Al ricorso, che prospetta due motivi, ha resistito con controricorso il C., mentre non hanno svolto attività difensiva S.T., P.A. ed P.E., eredi di P.R. e già parti del giudizio di merito.
p.2. Il ricorso è soggetto alla disciplina delle modifiche al processo di cassazione, disposte dal D.Lgs. n. 40 del 2006, che si applicano ai ricorsi proposti contro le sentenze ed i provvedimenti pubblicati a decorrere dal 2 marzo 2006 compreso, cioè dalla data di entrata in vigore del D.Lgs. (art. 27, comma 2, di tale D.Lgs.). Essendosi ravvisate le condizioni per la decisione con il procedimento in Camera di consiglio di cui all’art. 380 bis c.p.c., è stata redatta relazione ai sensi di tale norma, che è stata notificata agli avvocati delle parti costituite e comunicata al Pubblico Ministero.
Motivi della decisione
p.1. Nella relazione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., si sono svolte le seguenti considerazioni:
“(….) Il ricorso appare ammissibile, ma manifestamente infondato.
3.1. – L’ammissibilità – erroneamente contestata dal resistente – discende dalla circostanza che la sentenza impugnata è inimpugnabile, avuto riguardo al rinvio operato dall’art. 619 c.p.c., comma 3, all’art. 616 c.p.c., applicabile nel testo anteriore alla L. n. 69 del 2009: tale rinvio comportava l’inappellabilità della sentenza resa sull’opposizione ai sensi dell’art. 619 c.p.c. non diversamente da quella resa sull’opposizione ai sensi dell’art. 615 c.p.c., e, quindi, l’esperibilità del rimedio del ricorso straordinario per cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost., comma 7. 3.2. – La manifesta infondatezza discende per le seguenti ragioni.
Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 619 c.p.c., sotto il profilo che erroneamente il Tribunale avrebbe ritenuto ammissibile l’accertamento, nel giudizio di opposizione di terzo all’esecuzione, della sussistenza in capo al terzo C. dell’acquisto del bene per intervenuta usucapione.
L’illustrazione del motivo è conclusa con la formulazione del seguente quesito di diritto: sussiste violazione dell’art. 619 c.p.c., allorchè il tribunale ritenga ammissibile ed accolga una opposizione di terzo ad esecuzione immobiliare fondata su un presunto acquisto per intervenuta usucapione del ben pignorato laddove detto acquisto non risulti essere stato oggetto di precedente giudizio di merito e laddove l’usucapione non era ancora maturata al momento della trascrizione del pignoramento?
Al quesito si deve dare risposta negativa e ciò comporta l’infondatezza del motivo.
Le ragioni sono le seguenti.
Nel quesito si suppongono due principi giuridici inesatti.
Il primo è che la situazione di esistenza della proprietà del bene pignorato, per intervenuto acquisto a titolo di usucapione, fatta valere dal terzo opponente ai sensi dell’art. 619 c.p.c., debba essere una situazione che sia stata giudizialmente accertata anteriormente al momento in cui il terzo propone l’opposizione.
Si tratta di un assunto che non trova alcuna rispondenza nella norma dell’art. 619 c.p.c., la quale legittima il terzo a far valere la proprietà o altro diritto reale sul bene pignorato senza esigere che tali situazioni siano giudizialmente accertate. Ciò, è tanto vero che l’oggetto dell’azione ai sensi dell’art. 619 c.p.c., si identifica nella pretesa di accertamento dell’esistenza delle dette situazioni giuridiche in quanto incompatibili con la realizzazione del diritto di credito del creditore sul bene quale effetto della responsabilità patrimoniale del suo debitore (o del terzo che risponda per questi) e prevalenti su quella del creditore (ovvero anche – al di là della previsione letterale della norma – di altre situazioni, anche non di natura reale, che siano incompatibili con la realizzazione del diritto del creditore sul bene e siano ad esso opponibili, in quanto sulla sua prevalenti). L’oggetto precipuo dell’azione è, pertanto, proprio l’accertamento della situazione del terzo opponente in quanto avente le dette caratteristiche.
Ne consegue che con l’opposizione ai sensi dell’art. 619 c.p.c., bene l’opponente può far valere una situazione di proprietà del bene o di titolarità di altro diritto reale sul bene che assuma di avere già acquistato al momento dell’opposizione per effetto di usucapione.
Il secondo errore che si annida nel quesito è, invece, quello di ammettere la prevalenza del diritto di proprietà o del diritto reale, fatti valere dal terzo opponente in quanto acquistati sull’immobile pignorato per usucapione ventennale, soltanto se il decorso del termine per l’acquisto si sia verificato al momento del pignoramento.
L’errore è fatto manifesto dalla considerazione innanzitutto della natura stessa dell’usucapione ventennale, che è un modo di acquisito basato esclusivamente sulla situazione di fatto, la quale non è incisa in alcun modo dall’esecuzione del pignoramento immobiliare, siccome dimostra la stessa struttura normativa emergente dall’art. 555 c.p.c., e conferma l’art. 559 c.p.c., il quale si limita a qualificare la situazione del debitore riguardo al bene, nel senso dell’attribuzione a lui degli oneri del custode, ma anche qui nella supposizione che egli sia nella condizione di poter espletare tale compito.
In secondo luogo, l’errore è confermato normativamente dalla stessa circostanza che gli artt. 2913, 2914 e 2915 c.c., in tema di effetti del pignoramento ad esso attribuiscono sull’eventuale situazione di fatto di possesso ad usucapionem che un terzo abbia in corso sul bene pignorato, situazione che, del resto, solo nel caso di pignoramento mobiliare viene ad essere incisa (per esservi l’apprensione del bene da parte dell’ufficiale giudiziario, con il deposito ai sensi dell’art. 520 c.p.c., comma 1, e comma 2, primo inciso; oppure con l’affidamento ad un custode diverso dal debitore). Detta situazione di possesso ad usucapionem resta, dunque, insensibile al pignoramento e, se mantiene i suoi caratteri, può senz’altro consolidarsi successivamente al pignoramento ed esser fatta valere dal terzo quando si è consolidata. Dopo di che la normale efficacia retroattiva erga omnes dell’acquisto per usucapione comporta automaticamente la prevalenza del diritto per come retroattivamente acquistato sulla posizione del creditore pignorante (è sufficiente all’uopo ricordare che L’usucapione compiutasi all’esito di possesso ventennale esercitato da un soggetto privo di titolo trascritto estingue le iscrizioni e trascrizioni risultanti a nome del precedente proprietario (tale effetto estintivo riconducendosi non già ad una presunta usucapio libertatis, bensì all’efficacia retroattiva dell’usucapione stessa), con la conseguenza che il notaio rogante nella successiva vendita del bene compiuta dall’usucapiente non è tenuto a verificare l’esistenza di iscrizioni o trascrizioni pregiudizievoli di data anteriore a quella della trascrizione della sentenza di accertamento dell’intervenuta usucapione: Cass. n. 8792 del 2000).
D’altro canto, l’ordinamento prevede in tema di usucapione la trascrizione della sentenza di accertamento della stessa (art. 2651 c.c.), ma, com’è noto, con effetti soltanto di pubblicità notizia, mentre non prevede la trascrizione della domanda di accertamento dell’intervenuto acquisito per usucapione (si vedano, infatti, gli artt. 2652 e 2653 c.c.).
I principi innanzi esposti sono stati applicati in sede di esecuzione concorsuale.
Si è infatti, statuito quanto segue: E’ proponibile la domanda di acquisto della proprietà immobiliare per usucapione nei confronti della curatela fallimentare, atteso il carattere di acquisto a titolo originario che, con essa, si intende far verificare, ed a ciò non risultando di ostacolo la L. Fall., artt. 42 e 45. La prima delle due disposizioni, infatti, limitandosi a porre il vincolo di indisponibilità sui beni del fallito – con equiparazione del fallimento al pignoramento – non può essere riferita a “fatti” acquisitivi di diritti reali tipici (che si assumono) già compiuti e produttivi di effetti in capo al fallito. La seconda, a sua volta, avendo riguardo espressamente – in applicazione della stessa regola posta, per l’esecuzione individuale, dall’art. 2914 c.c. – alle condizioni di opponibilità, al fallimento, di atti, si rivela del tutto estranea all’ipotesi in esame, non essendo configurabile, a carico di chi agisca per conseguire l’accertamento dell’usucapione, alcun onere di pubblicità, posto che l’art. 2651 c.c., si limita a disporre al riguardo una forma di trascrizione (della sentenza e non anche della domanda) la quale è priva di effetti sostanziali e limitata a rendere più efficiente il sistema pubblicitario: così Cass. n. 13184 del 1999).
3.3. Con il secondo motivo ci si duole di violazione e falsa applicazione dell’art. 619 c.p.c., (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), sotto il profilo che l’accertamento dell’usucapione sarebbe stato compiuto dal Tribunale con l’utilizzo della prova per testi, sostenendosi che, ancorchè l’art. 621 preveda il limite all’utilizzo di tale prova solo per l’esecuzione mobiliare, vi sarebbe ragione per escluderla anche quando nel giudizio ai sensi dell’art. 619 c.p.c., venga fatta valere l’usucapione con richiesta di accertarla in tale giudizio.
Il motivo è concluso dal seguente quesito: sussiste violazione dell’art. 619 c.p.c., allorchè il tribunale, in un giudizio di opposizione di terzo all’esecuzione, ritenga ammissibile la prova testimoniale diretta ad accertare un acquisto per intervenuta usucapione dell’immobile sottoposto ad esecuzione forzata?.
Il motivo è inammissibile per la ragione che parte ricorrente si astiene dal precisare se la questione con esso sollevata era stata prospettata all’atto dell’ammissione delle prove per testi. Trattandosi di questione relativa all’ammissibilità della prova, essa avrebbe dovuto farsi in quella sede e non può prospettarsi nel presente giudizio di impugnazione, perchè preclusa e comunque perchè non si è allegato se la preclusione era stata scongiurata per essersi svolta la relativa eccezione senza successo.
Si tratta di motivo e quesito cui è sarebbe da dare, comunque, risposta negativa. Proprio la limitazione prevista dall’art. 621 c.p.c., concretandosi in una norma eccezionale, esclude che possa introdursi un principio come quello predicato dal quesito.
4. – Il ricorso dovrebbe, dunque, dichiararsi infondato”. p.2. Il Collegio condivide le argomentazioni e le conclusioni della relazione, alle quali nulla è necessario aggiungere, non essendo stati svolti, del resto, rilievi dalle parti.
Il ricorso è, pertanto, rigettato.
Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
PQM
La Corte rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente alla rifusione al resistente delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro duemiladuecento, di cui duecento per esborsi, oltre spese generali ed accessori come per legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 5 novembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 30 dicembre 2009
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Numero Protocolo Interno : 706/2009