Nell’espropriazione presso terzi di crediti, il fallimento del debitore esecutato, dichiarato dopo la pronuncia dell’ordinanza di assegnazione di cui all’art. 553 c.p.c., e nelle more del giudizio di opposizione agli atti esecutivi contro di essa proposto dal terzo pignorato, non comporta né la caducazione dell’ordinanza di assegnazione, né la cessazione ipso iure della materia del contendere nel giudizio di opposizione; non spetta al giudice dell’opposizione stabilire se gli eventuali pagamenti compiuti dal terzo pignorato in esecuzione dell’ordinanza di assegnazione siano o meno efficaci, ai sensi dell’art. 44 L. Fall., in considerazione del momento in cui vennero effettuati.
Questo il principio di diritto affermato dalla Corte di Cassazione, III sez. civ., Pres. Vivaldi – Rel. Rossetti, con la sentenza n. 10820 del 5 giugno 2020, resa nell’ambito di una procedura esecutiva dichiarata erroneamente improcedibile dal giudice di merito.
Nella vicenda una società, essendo munita di titolo esecutivo giudiziale, ha iniziato l’esecuzione nei confronti della propria debitrice, pignorando i crediti vantati da quest’ultima nei confronti di due amministrazioni comunali. Una delle due ha proposto opposizione all’esecuzione ex art. 617 cpc avverso l’ordinamento di assegnazione. Nel frattempo la società creditrice verso i Comuni (e a sua volta debitrice verso la srl) è fallita e gli enti locali hanno richiesto alla curatela la somma riscossa in virtù di assegnazione dopo la dichiarazione di fallimento.
Per la Suprema Corte la procedura esecutiva doveva ritenersi già conclusa senza esaminare nel merito il contenuto dell’opposizione agli atti esecutivi.
La circostanza che il debitore esecutore sia stato dichiarato fallito non è circostanza sufficiente perchè il creditore principale non si ristori con i crediti che il debitore vantava.
La procedura esecutiva di espropriazione di crediti si esaurisce con la pronuncia dell’ordinanza di assegnazione, la quale ha lo scopo di produrre una cessione coattiva del credito e dunque di mutarne il soggetto attivo. Da quel momento, cessando di essere pendente, non potrà più essere dichiarata improcedibile.
L’eventuale proposizione di una opposizione agli atti esecutivi, ex art. 617 c.p.c., avverso l’ordinanza di assegnazione del credito pignorato, di cui all’art. 553 c.p.c., non vale a prorogare o riattivare una espropriazione già esaurita, ma ha il solo effetto di introdurre un ordinario giudizio di cognizione. Soltanto nel caso in cui l’opposizione dovesse essere accolta, in tutto od in parte, potrebbe porsi un problema di “reviviscenza” della procedura esecutiva.
Il disposto dell’art. 2928 c.c. secondo cui il diritto dell’assegnatario verso il debitore si estingue solo con l’assegnazione del credito assegnato non ha l’effetto di perdurare la procedura esecutiva, la cui funzione è già stata assolta mediante l’assegnazione, ma ha solo un effetto di diritto sostanziale, cioè attribuire all’assegnazione del credito pignorato l’effetto di un trasferimento con efficacia pro solvendo.
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