Il terzo che si oppone all’esecuzione e chiede la sospensione del processo ai sensi dell’art. 624 c.p.c. deve provare la probabilità della fondatezza del diritto che fa valere.
In particolare, se il terzo assume di essere proprietario a titolo originario per intervenuta usucapione di un bene immobile, la mancata proposizione di alcun giudizio volto ad accertare l’acquisto a titolo originario non consente al Giudice dell’esecuzione di ravvisare il fumus necessario a sospendere l’esecuzione, pur restando impregiudicato ogni accertamento nel giudizio a cognizione piena.
Non è sufficiente per ottenere la sospensione della procedura una mera dichiarazione dell’opponente del possesso ultraventennale animo domini.
Questo il principio espresso dal Tribunale di Avellino, Giudice Gaetano Guglielmo, con l’ordinanza del 08.05.2018.
Nella fattispecie processuale una SOCIETÀ DEBITRICE subiva una procedura espropriativa subendo l’escussione del proprio patrimonio.
Con ricorso ex art. 619 c.p.c. un TERZO proponeva opposizione all’esecuzione sostenendo di essere possessore ultraventennale di un’unità immobiliare di cui deduceva la proprietà a titolo originario per intervenuta usucapione, chiedendo l’esclusione di quel determinato cespite dalla responsabilità patrimoniale del debitore esecutato.
Il TERZO chiedeva l’accoglimento del ricorso e per l’effetto la sospensione del procedimento esecutivo ai sensi dell’art. 624 c.p.c. con la fissazione di un termine perentorio per l’introduzione del giudizio di merito ai sensi dell’art. 616 c.p.c.
Resisteva in giudizio il creditore che chiedeva il rigetto del ricorso.
Sul punto, è bene sottolineare che il TERZO che si oppone all’esecuzione deve provare il proprio diritto di proprietà sul bene aggredito che nel caso di specie si sarebbe inverato in un acquisto a titolo originario, pertanto la prova del relativo diritto non richiedeva la cd. probatio diabolica, ma la sussistenza di tutti gli elementi costitutivi della dedotta fattispecie acquisitiva ai sensi dell’art. 1158 c.c.
Più in generale, nel nostro ordinamento i modi di acquisto della proprietà sono tassativamente disciplinati all’art. 922 c.c. che distingue tra acquisti a titolo derivativo e a titolo originario.
Se per i primi vale il principio del consenso traslativo, per i secondi occorre la presenza di tutti gli elementi previsti dalla legge, in ogni caso ciò non risulta sufficiente a garantire la conservazione del diritto o l’opponibilità ai terzi.
Nello specifico, in caso di usucapione di bene immobile il soggetto che assume di essere proprietario deve accertare il proprio diritto innanzi all’autorità giudiziaria, in quanto solo con la sentenza di accertamento si realizza la conditio iuris che consente al proprietario di provvedere alla trascrizione nei registri immobiliari potendo far valere il proprio diritto erga omnes.
Nel caso di specie, il TERZO si limitava a dedurre il suo diritto senza aver accertato in via giurisdizionale il proprio titolo, né produceva documenti idonei a dimostrare il possesso continuo e non interrotto rilevante ai fini dell’usucapione.
Per questi motivi, il Giudice dell’esecuzione non ha ravvisato il fumus necessario per concedere la sospensione del processo, vale a dire la verosimiglianza del diritto vantato, né ha ravvisato il periculum.
Alla luce delle suesposte considerazioni, pur restando impregiudicato ogni accertamento nel giudizio a cognizione piena, il Giudice ha rigettato la richiesta di sospensione dell’esecuzione, fissando il termine perentorio di sessanta giorni per l’introduzione del giudizio di merito.
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