Il giudice dell’esecuzione, in ipotesi di decreto ingiuntivo non opposto, non può dare rilievo alla sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea del 17 maggio 2022 (C-869/19), nella quale viene recuperato il rilievo officioso del giudice dell’opposizione all’esecuzione, in ogni stato e grado del processo, in ordine alla nullità delle clausole abusive contenute nel contratto di finanziamento, a protezione del consumatore, pur a fronte della mancata instaurazione del giudizio di opposizione ex art. 645 c.p.c. da parte del debitore ingiunto.
Ciò in quanto diversamente si finirebbe con lo scardinare e con lo sconfessare i principi cardine del sistema processuale civile nazionale, quali quelli del principio della domanda ex art. 99 c.p.c. ed art. 2907 c.c., del principio dell’onere della prova ex art. 2697 c.c. e del principio dell’intangibilità del giudicato ex art. 324 c.p.c. ed art. 2909 c.c..
Pertanto, il debitore ingiunto non può invocare come “scialuppa di salvataggio” la predetta decisione della CGUE in quanto è suo onere proporre opposizione, quanto meno tardiva ex art. 650 c.p.c., al decreto ingiuntivo al fine di far valere le asserite nullità contrattuali delle clausole abusive contenute nel contratto di finanziamento a protezione del consumatore per vessatorietà.
Il decreto ingiuntivo non opposto, quindi, è incontrovertibile essendo il medesimo divenuto definitivo, in quanto non opposto nei termini, con intangibilità del giudicato ex art. 324 c.p.c. e art. 2909 c.c..
Questi i principi di diritto espressi dal Tribunale di Roma con la sentenza n. 17967 del 05 dicembre 2022.
È accaduto che, a seguito della definitività di un decreto ingiuntivo non opposto, un debitore esecutato nella procedura esecutiva mobiliare, avente ad oggetto il pignoramento di quote sociali ex art. 2741 c.c., ha convenuto nel giudizio ex art. 615 c.p.c. il creditore procedente al fine di conseguire l’accertamento e la declaratoria dell’inesistenza del diritto dello stesso di agire in executivis nei suoi confronti e, per l’effetto, l’accertamento e la declaratoria della nullità e/o dell’inefficacia di tutti gli atti esecutivi posti in essere.
Costituitosi in giudizio, il creditore procedente ha dedotto ex adverso: – l’improcedibilità del giudizio di merito in ragione della tardività dell’iscrizione a ruolo del medesimo giudizio, avvenuta oltre il termine perentorio di cinque giorni, in luogo di dieci giorni, ai sensi dell’art. 616 c.p.c., dalla notificazione dell’atto di citazione al debitore; – l’inammissibilità dell’opposizione all’esecuzione ex art. 615, co. 2, c.p.c. in quanto avente ad oggetto fatti estintivi ed impeditivi della pretesa creditoria deducibili nel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo non opposto; – l’infondatezza, nel merito, della medesima opposizione all’esecuzione; – la temerarietà dell’iniziativa giudiziaria intrapresa dal fideiussore con l’opposizione, proprio alla luce dell’inammissibilità dei motivi di opposizione dedotti nel ricorso e reiterati nell’atto di citazione, con domanda conseguente di condanna dell’ attore opponente al risarcimento dei danni ex art. 96 c.p.c..
Parte attrice opponente, a seguito della incontrovertibilità del provvedimento monitorio, in quanto non opposto, ha inteso avvalersi, nel giudizio di opposizione regolarmente instaurato, della “scialuppa di salvataggio” offerta dalla CGUE con la sentenza del 17.05.2022 (C-869/19), nella quale viene recuperato il rilievo officioso del giudice dell’opposizione all’esecuzione, in ogni stato e grado del processo, in ordine alla nullità delle clausole abusive contenute nel contratto di finanziamento, a protezione del consumatore, pur a fronte della mancata instaurazione del giudizio di opposizione ex art. 645 c.p.c. da parte del debitore ingiunto.
Il Tribunale romano, tuttavia, ha rilevato, in primo luogo, che il debitore esecutato e attore opponente, in quanto soggetto che ha assunto la fideiussione nell’ambito dell’esercizio della propria attività professionale non rientrava nella nozione di “consumatore” prevista nell’art. 2, lett. b), della direttiva CEE n. 93/13, non coincidendo egli con “qualsiasi persona fisica che, nei contratti oggetto della presente direttiva, agisce per fini che non rientrano nel quadro della sua attività professionale”.
In secondo luogo, inoltre, il Giudice di prime cure ha affermato che il limite all’operatività del rilievo officioso della nullità delle clausole abusive in danno del consumatore fosse da rinvenirsi nei principi cardine del sistema processuale civile nazionale, quali quelli del principio della domanda ex art. 99 c.p.c. ed art. 2907 c.c., del principio dell’onere della prova ex art. 2697 c.c. e del principio dell’intangibilità del giudicato ex art. 324 c.p.c. ed art. 2909 c.c.., con conseguente onere del debitore ingiunto di proporre opposizione, quanto meno tardiva ex art. 650 c.p.c., al decreto ingiuntivo al fine di far valere le asserite nullità contrattuali per vessatorietà.
L’opposizione all’esecuzione, dunque, è stata rigettata e le spese di lite hanno seguito la soccombenza.
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