La Banca che opera quale Fondo Pubblico di Garanzia per le piccole e medie imprese ex L. 662/96 non è legittimata a chiamare in manleva la banca finanziatrice nel giudizio di opposizione proposto dalla debitrice e dai garanti nei confronti di cartelle esattoriali emesse ex L.662/96 a seguito del pagamento eseguito dal Fondo Pubblico di Garanzia. La domanda di malleva va respinta e il Fondo Pubblico di Garanzia condannato al pagamento delle spese di soccombenza a favore dell’istituto chiamato in causa.
Questo il principio espresso dal Tribunale Ordinario di Ancona, Giudice Dott. Sergio Casarella, con la sentenza n.1062 del 13.09.2021.
Nella fattispecie in esame la Banca, operante quale gestore del Fondo Pubblico di Garanzia per le piccole e medie imprese, ex L. 662/96, garantiva un’apertura di credito promiscua in conto corrente, concessa dalla Banca alla societa’ cliente.
A seguito dell’inadempimento della correntista e della conseguente revoca degli affidamenti, la Banca escuteva la garanzia prestata dalla Banca.
La Banca si surrogava quindi alla Banca , nei limiti della quota pagata, avviando la procedura esattoriale nei confronti della societa’ cliente e dei garanti.
L’Agenzia delle Entrate, per conto della Banca, notificava alla società cliente ai garanti tre cartelle esattoriali che gli ingiunti opponevano instaurando il giudizio presso il Tribunale di Ancona.
Gli opponenti sostenevano l’illegittimità dell’azione esattoriale poiché era pendente un giudizio volto ad accertare la non debenza della somma.
La societa’ cliente opponeva anche l’esecuzione mobiliare avviata nei suoi confronti dall’Agenzia delle Entrate.
I due giudizi di opposizione venivano riuniti e il giudice, dopo aver sospeso la procedura esecutiva avviata, assegnava alle parti un termine di giorni 30 per l’introduzione del giudizio di merito.
Con atto di citazione, la Banca citava la societa’cliente, i garanti, l’Agenzia delle Entrate e la Banca , chiedendo, in via principale, la reiezione dell’opposizione e, in via subordinata, la condanna della Banca alla restituzione della somma pagata a seguito dell’escussione, nell’ipotesi in cui fosse accolta l’opposizione dei debitori e il credito posto alla base delle cartelle esattoriali fosse dichiarato inesistente.
La Banca si costituiva in giudizio respingendo, in via principale, l’opposizione proposta dalla societa’ cliente e dai garanti, in quanto nulla, inammissibile e infondata in fatto e in diritto e, in subordine, respingendo la domanda di restituzione somme spiegata dalla Banca .
Il Giudice, dopo un accurato esame delle norme che disciplinano il Fondo di Garanzia per le PMI (L. 662/1996; l’art. 2, comma 4, D.M. 20.06.2005; l’art. 9 D.lgs. n. 123/1998 e l’art. 8 bis D.L. n. 3/2015), rilevava innanzitutto come l’unico rapporto privatistico fosse quello intercorrente tra la banca e il soggetto che ottiene il finanziamento; la concessione di garanzia da parte della Banca e il pagamento a seguito della sua escussione determinato dall’inadempimento del beneficiario non trovano causa nel rapporto di diritto privato, ma nella volontà pubblica di intervenire in economia a sostegno delle piccole e medie imprese e del sistema bancario, rispetto alla quale il rapporto privatistico funge da mero presupposto di fatto. La matrice pubblicistica della disciplina ha pertanto determinato, a detta del giudice, la volontà del legislatore di far ricadere, parzialmente, sul Fondo Pubblico stesso e sul debitore principale, e non sul sistema bancario, le conseguenze dell’inadempimento di quest’ultimo. Allo scopo di realizzare tale obiettivo, il legislatore ha concepito un meccanismo che prevede la prestazione di una garanzia “esplicita, incondizionata ed irrevocabile” da parte del Fondo Pubblico in favore delle banche, escutibile sul solo presupposto dell’inadempimento da parte dell’impresa finanziata, a prescindere dall’accertamento giudiziale della sussistenza del credito.
Il presupposto dell’esecuzione di cui si tratta non è il rapporto di debito-credito tra gli opponenti e la banca, bensì soltanto il credito di chi agisce in rivalsa avendo corrisposto la somma oggetto di garanzia. La Banca ha certamente il diritto di ottenere dai debitori esecutati il rimborso delle somme pagate a seguito dell’escussione subita ma, al contempo, non è legittimata a chiamare in giudizio la Banca in manleva poiché non può essere opposta alla banca alcuna eccezione inerente il credito originario, in virtù della funzione pubblica attribuita dalla legge.
L’alterazione di un simile meccanismo da parte del creditore che escuta abusivamente la garanzia può solo originare una pretesa risarcitoria nei confronti del creditore procedente o da parte del debitore inadempiente che ha già subito la procedura di recupero da parte dell’Istituto garante e nei limiti in cui ha corrisposto gli importi non dovuti o da parte dello stesso Istituto garante che ha pagato gli importi non dovuti e nei limiti in cui non li ha recuperati dal debitore.
In conclusione, stante la natura incondizionata della garanzia prestata dalla banca operante come gestore del Fondo Pubblico di Garanzia ex L. n. 662/96, il Tribunale ha ritenuto inammissibile l’opposizione alla cartella esattoriale fondata sulla contestazione del credito garantito, così come, per lo stesso motivo, ha giudicato inammissibile la chiamata in causa della banca finanziatrice, condannando la banca operante quale gestore del Fondo Pubblico di Garanzia ex L. n. 662/96 alla refusione delle spese sostenute dalla banca garantita.
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