ISSN 2385-1376
Testo massima
È valida ed efficace la notifica del ricorso in opposizione allo stato passivo, ai fini della regolare instaurazione del contraddittorio tra le parti, effettuata dal legale del creditore escluso all’indirizzo PEC del Curatore fallimentare anziché alla PEC della procedura comunicata al Registro delle Imprese.
Questo il principio espresso dal Tribunale di Napoli, Sezione Fallimentare, Pres. Rel. Graziano, con il decreto del 12 novembre 2015, n. 13712.
Il problema sotteso alla decisione in oggetto è quello relativo alla confusione che nella pratica molto spesso insorge tra la PEC che il Curatore, per esigenze di praticità, indica per la singola procedura fallimentare, di regola comunicata al Registro delle Imprese, e la PEC personale del Curatore.
Nel caso di specie, una società proponeva ricorso in opposizione al decreto di esclusione dallo stato passivo della fallita, notificato in formato telematico via PEC, ai sensi dell’art. 3 bis della Legge n. 53/1994, agli indirizzi personali dei tre curatori fallimentari, e non all’indirizzo di posta elettronica certificata della procedura fallimentare risultante dal Registro delle Imprese.
Il Tribunale ha ricordato che, per tutti i fallimenti dichiarati in data successiva al 1 gennaio 2013 tra cui rientrava quello del caso di specie il Curatore fallimentare, entro dieci giorni dalla propria nomina, è tenuto a comunicare il proprio indirizzo di posta elettronica certificata per l’iscrizione al Registro delle Imprese (comma 2 bis dell’art. 17 del D.l. 179/2012 c.d. Decreto sviluppo bis).
Orbene, la norma di cui all’art. 99 l.f. stabilisce che il ricorso in opposizione deve essere depositato in cancelleria unitamente al decreto di fissazione dell’udienza, e deve essere notificato a cura del ricorrente al Curatore. Nulla chiarisce la legge in merito alla possibilità della notifica del ricorso a mezzo PEC da parte del difensore del ricorrente, il che non esclude che la disciplina dell’art 99 l.f. possa essere coordinata con tutta la normativa del processo civile telematico, che consente la notifica del ricorso in opposizione allo stato passivo anche a mezzo PEC e quindi all’indirizzo di posta elettronica del Curatore.
Il provvedimento in commento ha precisato che “una cosa è la disciplina delle comunicazioni che avvengono all’interno della procedura fallimentare, ossia quelle che attengono al procedimento di verifica dello stato passivo, altra è la disciplina delle notifiche effettuate dal legale del creditore escluso che propone ricorso seguendo le forme della notificazione proprie del processo civile telematico”.
Il Tribunale ha dunque affermato un’equivalenza tra la PEC del Curatore e quella della procedura fallimentare di regola comunicata al Registro delle Imprese, considerando che “la PEC della procedura fallimentare non può ritenersi indirizzo virtuale della sede legale dell’azienda fallita, sia perché di regola la PEC dell’impresa fallita non viene mutata, sia perché in via del tutto pratica è diversa da quella del Curatore”.
Pertanto, “ai sensi e agli effetti dell’art. 145 c.p.c., la notifica alla PEC del Curatore del ricorso in opposizione allo stato passivo è da considerarsi valida ed efficace, ai fini dell’instaurazione del contraddittorio, anche se diversa da quella ricavabile dalla visura, nonostante tutte le altre comunicazioni tra il Curatore e i creditori, in particolare quelle che attengono al procedimento di verifica dello stato passivo fallimentare siano avvenute attraverso l’utilizzo della PEC del fallimento e non attraverso l’utilizzo della PEC del Curatore“.
Il Tribunale, in conclusione, ha accolto parzialmente l’opposizione, ammettendo al passivo la società e compensando le spese di giudizio.
Testo del provvedimento
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