In caso di irregolare notificazione del decreto ingiuntivo, il termine per proporre opposizione tardiva ai sensi dell’art. 650 c.p.c. è di quaranta giorni dalla conoscenza dell’ingiunto, comunque avuta, dell’atto da opporre. Tale termine deve essere interamente assicurato, senza alcuna possibilità per il giudice di merito di valutare la “congruità”, o comunque la “sufficienza”, del tempo residuo intercorrente fra la conoscenza effettiva e la scadenza del termine per proporre opposizione tempestiva.
Ai fini della legittimità dell’opposizione tardiva a decreto ingiuntivo non è sufficiente l’accertamento dell’irregolarità della notificazione del provvedimento monitorio, ma occorre, altresì, la prova – il cui onere incombe sull’opponente – che a causa di detta irregolarità egli, nella qualità di ingiunto, non abbia avuto tempestiva conoscenza del suddetto decreto e non sia stato in grado di proporre una tempestiva opposizione.
Questi i principi espressi dalla Corte di Cassazione, Pres. Amendola – Rel. D’Arrigo – con l’ordinanza n. 2608 del 2.2.2018.
Nel caso in esame, un creditore notificava irritualmente alla Prefettura di Ragusa il 28.04.2011 un decreto ingiuntivo, poi trasmesso all’Avvocatura dello Stato in data 05.05.2011 e successivamente opposto dal MINISTERO DELL’INTERNO con atto di citazione notificato in data 14.6.2011.
Nell’ispecie, il MINISTERO deduceva la violazione del R.D. n. 1611/1993, art. 11, non avendo il CREDITORE provveduto ad effettuare la notifica dell’atto monitorio all’Avvocatura dello Stato.
Il Tribunale territorialmente competente, tuttavia, dichiarava inammissibile l’opposizione esperita dal MINISTERO poiché tardiva.
La Corte d’appello, successivamente adita dalla p.a., confermava tale decisione, rimarcando la necessità dell’assolvimento dell’onere probatorio incombente sull’opponente circa la sua impossibilità di proporre opposizione tempestiva, ancorché la notificazione del decreto ingiuntivo risultasse irregolare. In particolare, si evidenziava la sufficienza, ai fini del diritto di difesa del MINISTERO, del tempo residuo intercorrente fra la trasmissione dell’atto dalla Prefettura all’Avvocatura di Stato e la scadenza del termine per proporre l’opposizione tempestiva non risultando, pertanto, ostativo ad una congrua difesa.
Avverso la detta sentenza d’appello, il MINISTERO ha promosso ricorso per cassazione articolato in un unico motivo.
Sul punto, la Suprema Corte ha ritenuto fondato il ricorso proposto, indicando quale fosse la corretta interpretazione ed applicazione del principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite con sentenza n. 14572/2007, richiamato nel provvedimento impugnato.
Si è, difatti, affermato che le Sezioni Unite, con il suddetto precedente giurisprudenziale, hanno chiarito come ai fini della legittimità dell’opposizione tardiva a decreto ingiuntivo (di cui all’art. 650 c.p.c.), non sia sufficiente l’accertamento dell’irregolarità della notificazione del provvedimento monitorio, ma occorra, altresì, la prova – il cui onere incombe sull’opponente – che a causa di detta irregolarità egli, nella qualità di ingiunto, non abbia avuto tempestiva conoscenza del suddetto decreto e non sia stato in grado di proporre una tempestiva opposizione.
Tale prova deve considerarsi raggiunta ogni qualvolta, alla stregua delle modalità di esecuzione della notificazione del richiamato provvedimento, sia da ritenere che l’atto non sia pervenuto tempestivamente nella sfera di conoscibilità del destinatario. Ove la parte opposta intenda contestare la tempestività dell’opposizione tardiva di cui all’art. 650 c.p.c., in relazione alla irregolarità della notificazione così come ricostruita dall’opponente, sulla stessa ricade l’onere di provare il fatto relativo all’eventuale conoscenza anteriore del decreto da parte dell’ingiunto che sia in grado di rendere l’opposizione tardiva intempestiva e, quindi, inammissibile.
Ebbene, prosegue la Suprema Corte, nel caso di specie la Corte d’appello ha errato sia nell’interpretazione che nell’applicazione dell’assunto giurisprudenziale, andando oltre il dictum delle Sezioni Unite nella parte in cui ha affermato la possibilità per il giudice di merito di valutare la “congruità” o comunque la “sufficienza” del tempo residuo intercorrente fra la conoscenza effettiva e la scadenza termine per proporre opposizione tempestiva.
Viceversa, affermano gli ermellini, la valutazione della congruità del tempo residuo deve considerarsi già predisposta dal legislatore nell’art. 641 c.p.c., ove è espressamente indicato il termine di quaranta giorni per il valido esperimento dell’opposizione all’atto monitorio. Tale termine, si ribadisce, decorre dal momento in cui l’ingiunto ha avuto comunque conoscenza del decreto da opporre, non essendo peraltro ammesso nell’ordinamento processual-civilistico la proponibilità dell’opposizione sine die.
Alla luce delle suesposte argomentazioni la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, cassando la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’appello competente.
Per ulteriori approfondimenti in materia si rinvia al seguente contributo pubblicato in rivista:
OPPOSIZIONE A D.I.: LA TEMPESTIVITÀ VA ACCERTATA CON RIGUARDO ALLA DATA DI NOTIFICAZIONE NEI CONFRONTI DEL SOLO OPPONENTE
NON HA ALCUN RILIEVO LA DIVERSA DATA DI PERFEZIONAMENTO NEI CONFRONTI DI ALTRO INGIUNTO
Sentenza | Tribunale di Roma, Dott.ssa Giovanna Schipani | 16.05.2018 | n.9962
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