In materia di pignoramento presso terzi, il creditore che abbia ottenuto, nell’ambito della liquidazione delle spese processuali disposta dal giudice dell’esecuzione, l’assegnazione anche delle somme occorrenti per la registrazione dell’ordinanza medesima, è carente di interesse ad ottenere per tale importo un ulteriore titolo esecutivo da far valere contro il suo originario debitore, qualora il debito del terzo pignorato risulti capiente. In tal caso, infatti, egli con l’ordinanza di assegnazione ha già conseguito la piena soddisfazione nei confronti del proprio debitore. Viceversa, qualora l’importo dovuto per l’imposta di registro non potesse essere effettivamente recuperato, in tutto o in parte, nei confronti del debitor debitoris, per la differenza farebbe capo ab origine al debitore originario, tenuto a rifondere il creditore di tutte le spese occorrenti per l’espropriazione forzata.
Questo il principio espresso dalla Corte di Cassazione, VI sez. civ. -3, Pres. De Stefano – Rel. D’Arrigo, con l’ordinanza n. 10420 del 3 giugno 2020.
Un creditore di una banca conveniva in giudizio quest’ultima chiedendone la condanna al pagamento di una somma di denaro, da lui anticipata per la registrazione dell’ordinanza di assegnazione con cui si era conclusa l’azione esecutiva per il recupero del credito originario. L’istituto eccepiva la propria carenza di legittimazione passiva, sostenendo che al pagamento dell’imposta di registro fosse tenuto il terzo pignorato. La domanda del creditore veniva rigettata sia in primo che in secondo grado, così ha proposto ricorso per Cassazione.
La Suprema Corte, nell’affermare il principio di diritto di cui sopra, ha specificato che il ricorrente non ha documentato se in concreto vi sia stata la vana escussione del terzo pignorato, per l’importo in questione, ovvero se le somme complessivamente riconosciute nell’ordinanza di assegnazione (il cui contenuto non è stato nemmeno riprodotto nel ricorso), fossero contenute nei limiti di capienza dei crediti pignorati o li avessero ecceduti. La mancanza di tali informazioni ha determinato – a parere degli Ermellini – l’oggettiva impossibilità di comprendere il fatto sostanziale e processuale. Ed invece, tale conoscenza sarebbe stata necessaria per il corretto inquadramento della fattispecie e la conseguente decisione di legittimità.
Per tale ragione ha dichiarato inammissibile il ricorso del creditore.
Per ulteriori approfondimenti si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
ORDINANZA DI ASSEGNAZIONE: LE SPESE DI REGISTRAZIONE DEVONO RICOMPRENDERSI NELL’IMPORTO LIQUIDATO AL CREDITORE
SUSSISTE DIFETTO DI INTERESSE DEL CREDITORE PROCEDENTE AD OTTENERE UN ULTERIORE TITOLO ESECUTIVO DA FAR VALERE CONTRO IL SUO ORIGINARIO DEBITORE
Ordinanza | Corte di Cassazione, sez. VI Civ. – 3, Pres. Frasca – Rel. Tatangelo | 17.01.2020 | n.1004
PIGNORAMENTO PRESSO TERZI: LE SPESE DI REGISTRAZIONE DEVONO ESSERE RICOMPRESE NELL’ORDINANZA DI ASSEGNAZIONE
IL RELATIVO IMPORTO DEVE RITENERSI RICOMPRESO NELLE SPESE DI ESECUZIONE LIQUIDATE IN FAVORE DEL CREDITORE STESSO AI SENSI DELL’ART. 95 C.P.C.
Sentenza | Corte di Cassazione, VI sez. civ., Pres. Frasca – Rel. Tatangelo | 14.02.2020 | n.3720
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