ISSN 2385-1376
Testo massima
Nel corso di un procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo, il convenuto-opposto, nell’ipotesi in cui non sia ammissibile la concessione della provvisoria esecutorietà ai sensi dell’art.648 cpc – come novellato dall’art. 9 comma 3 d.lg. n. 231 del 2002 – sussistendo contestazione della parte opponente, ha la possibilità di richiedere l’emanazione di ordinanza ingiuntiva in corso di causa ex art. 186 ter c.p.c. per un importo minore di quello oggetto di ingiunzione ante causam, giacché il rischio di duplicazione dei titoli esecutivi per la stessa causale dipenderebbe da inerzia e negligenza del debitore e sarebbe comunque ovviabile in sede esecutiva.
In questi termini si è espresso il Tribunale di Napoli, in persona del Giudice dott.Massimiliano Sacchi, con l’ordinanza ingiuntiva ex art.186-ter cpc del 16.12.2013, su richiesta della banca creditrice in danno dell’ingiunto-opponente.
Come noto, l’art.186-ter cpc prevede, al comma 1, che “fino al momento della precisazione delle conclusioni, quando ricorrano i presupposti di cui all’articolo 633, primo comma, numero 1), e secondo comma, e di cui all’articolo 634, la parte può chiedere al giudice istruttore, in ogni stato del processo, di pronunciare con ordinanza ingiunzione di pagamento o di consegna”, mentre al successivo comma 4 dispone che “Se il processo si estingue l’ordinanza che non ne sia già munita acquista efficacia esecutiva ai sensi dell’articolo 653, primo comma.”.
Orbene, appare senza dubbio peculiare la questione circa l’ammissibilità della concessione di tale provvedimento nel corso di un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo e, in assenza di pronunce della Corte di legittimità sul punto, la giurisprudenza ha elaborato due orientamenti contrapposti, richiamati nell’ordinanza in esame.
Una parte minoritaria dei Giudici di merito nega accesso all’ordinanza ex art.186-ter cpc nel corso del giudizio di opposizione, sul presupposto che, quando abbia ad oggetto parte di una somma già portata nel provvedimento monitorio, possa verificarsi la coesistenza di due titoli esecutivi sullo stesso credito, nel caso di estinzione del giudizio.
Il Tribunale di Napoli, tuttavia, ha ritenuto di poter aderire ad altro maggioritario orientamento, secondo il quale, quando non sia possibile la concessione della provvisoria esecutorietà del decreto opposto ex art.648 cpc, sussistendo contestazione da parte dell’opponente, il convenuto-opponente può ben chiedere l’emanazione dell’ordinanza di ingiunzione per una somma inferiore a quella portata nel provvedimento monitorio, considerato che il rischio di un’eventuale duplicazione dei titoli esecutivi per la stessa causale sarebbe addebitabile a negligenza del debitore ed ovviabile in sede esecutiva.
Tra gli aspetti che fanno propendere per tale linea interpretativa, il Giudice ha annoverato il richiamo effettuato dall’art.645, comma 2 cpc (a norma del quale “in seguito all’opposizione il giudizio si svolge secondo le norme del procedimento ordinario davanti al giudice adito”, ivi compresa evidentemente la disposizione di cui all’art.186-ter cpc), nonché la natura dell’ordinanza di ingiunzione, priva di attitudine al giudicato, benché con potenziale efficacia ultrattiva.
Una volta optato nettamente per l’orientamento maggioritario, il Tribunale si è soffermato sulla verifica dei presupposti per l’emanazione dell’ingiunzione in corso di causa.
Nel caso di specie la controversia era sorta a seguito dell’opposizione presentata da due fideiussori avverso il decreto ingiuntivo emesso, in favore della Banca creditrice, sul presupposto di diversi rapporti obbligatori intercorsi con la debitrice principale.
Orbene, rilevata la sussistenza della prova scritta e della liquidità ed esigibilità del credito, esclusa la comunicabilità delle cause di nullità al rapporto di fideiussione, stante la qualificazione di quest’ultimo quale contratto autonomo di garanzia (sul punto si veda la sentenza del 10-10-2013 n.11972 del Tribunale di Napoli, seconda sezione civile, dott. Mario Suriano, già oggetto di commento su questa rivista), il Giudice ha ritenuto di poter accogliere l’istanza di ingiunzione, anche relativamente ad una sola parte della somma richiesta.
L’importo da ingiungere è stato determinato sottraendo, dalla cifra complessivamente richiesta, il credito relativo ad uno dei rapporti intrattenuti dalla società debitrice con la Banca, e cioè quello per il quale il Tribunale ha ritenuto sussistente il fumus dell’opposizione, ricavando quest’ultimo dall’esame di una consulenza tecnica ordinata dal Pubblico Ministero nell’ambito del procedimento penale instaurato a seguito della querela presentata da uno dei fideiussori per il reato di usura, poi conclusosi con l’archiviazione atteso il modesto superamento del tasso soglia.
Ritenuto di poter accogliere l’istanza ex art.186-ter cpc, il Tribunale ha infine affrontato la questione relativa alla possibilità di concedere il provvedimento in forma provvisoriamente esecutiva.
Al riguardo, stante l’infelice formulazione del comma 2 della disposizione in esame (“L’ordinanza deve contenere i provvedimenti previsti dall’articolo 641, ultimo comma, ed è dichiarata provvisoriamente esecutiva ove ricorrano i presupposti di cui all’articolo 642, NONCHÉ, ove la controparte non sia rimasta contumace, quelli di cui all’articolo 648, primo comma”) ha richiamato due opposti orientamenti:
– il primo, peraltro minoritario, secondo il quale i presupposti di cui all’art.642 cpc e quelli di cui all’art.648, co.1 cpc (rubricato “Esecuzione provvisoria in pendenza di opposizione”) devono ricorrere cumulativamente;
– il secondo, prevalente, a mente del quale non è necessaria la contemporanea ricorrenza dei presupposti di cui agli articoli appena citati, essendo sufficiente che si ravvisino soltanto i requisiti contemplati dall’una o dall’altra norma.
Prestata adesione a questo secondo orientamento, il Giudice ha pertanto concesso l’ordinanza di ingiunzione in favore della Banca, per la minor somma di cui si è già detto, munita della provvisoria esecutività, stante la ricorrenza del presupposto di cui all’art.648, comma 1 cpc, e cioè in considerazione del fatto che l’opposizione non è risultata fondata su prova scritta, né di pronta soluzione.
La questione, dunque, è stata risolta in maniera netta ed analtica dal Tribunale di Napoli, il cui orientamento, in attesa di pronunce della Cassazione sul punto, sembra ormai attestarsi sulla posizione qui tenuta, come può evincersi da analoga pronuncia resa in data 12.10.2012 dalla terza sezione civile, dott. Suriano.
Testo del provvedimento
Tribunale di Napoli
Il Sezione Civile
Il Giudice dott. Massimiliano Sacchi:
letti gli atti del procedimento iscritto al numero 32085/13 (costituente stralcio dell’originario procedimento n. 26088/12 R.G.) e sciolta la riserva di cui all’udienza del 13.12.2013;
letta l’istanza di parte convenuta-opposta, intesa ad ottenere, nei confronti di B.G. e BB., la pronuncia di ordinanza di ingiunzione dì pagamento ex art. 186 ter c.p.c., provvisoriamente esecutiva, della somma di euro 1.402.356,43;
ritenuta la propria competenza a provvedere, ai sensi dell’art. 186 ter c.p.c., non essendo state ancora precisate le conclusioni nella presente causa;
rilevato, preliminarmente, che, come noto, è controversa in giurisprudenza la questione dell’ammissibilità dell’istanza di adozione di un’ordinanza ingiuntiva ex art. 186 ter c.p.c., in pendenza del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo;
rilevato, invero, che, secondo un orientamento, peraltro, minoritario nella giurisprudenza di merito, non rinvenendosi in materia pronunce della S.C., l’istanza di ingiunzione di cui all’art. 186 ter c.p.c. deve ritenersi inammissibile nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo quando abbia ad oggetto parte di una somma già portata dal provvedimento monitorio. Ciò in quanto l’eventuale estinzione del giudizio determinerebbe la coesistenza di due titoli esecutivi sullo stesso credito (cfr. Tribunale Firenze, 17/07/1998, Giur. it. 1999, 2307, Tribunale Bologna, 19/06/1998, Giur. it. 1999, 2307, Tribunale Perugia, 08/04/1998, Foro it. 1999, 1,2554);
rilevato, invece, che, secondo la prevalente giurisprudenza di merito, nel corso di un procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo, il convenuto-opposto, nell’ipotesi in cui non sia ammissibile la concessione della provvisoria esecutorietà ai sensi dell’art. 648 c.p.c. – come novellato dall’art. 9 comma 3 d.lg. n. 231 del 2002 – sussistendo contestazione della parte opponente, ha la possibilità di richiedere l’emanazione di ordinanza ingiuntiva in corso di causa ex art. 186 ter c.p.c. per un importo minore di quello oggetto di ingiunzione ante causam, giacché il rischio di duplicazione dei titoli esecutivi per la stessa causale dipenderebbe da inerzia e negligenza del debitore e sarebbe comunque ovviabile in sede esecutiva (cfr. in tal senso, tra le più recenti: Tribunale Torino, sez. III, 4.2.2011, Tribunale Ivrea, 05 novembre 2004 in Redazione Giuffré 2004 ed in D&G – Dir. e giust. 2004, 44 83; Tribunale Verona, 18 agosto 2003 in Giur. merito 2004, 1118; Tribunale Torre Annunziata, 19 luglio 2002 in Giur. merito 2004, 37, Tribunale Monza, 25/05/1999, Foro it. 2000, I, 580, Tribunale Firenze, 12/03/1998, Giur. it. 1999, 2307);
ritenuto di dovere prestare adesione al secondo dei sopra richiamati orientamenti giurisprudenziali, in ragione: a) della formulazione generale dell’art. 186 ter c.p.c., la cui diretta applicabilità nel procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo deriva dall’art. 645 comma 2 c.p.c.; b) della peculiare natura dell’ordinanza ingiunzione, priva di attitudine al giudicato, pur avendo una potenziale efficacia ultrattiva (ai sensi dell’art. 186 ter comma 3), a differenza del decreto ingiuntivo; c) della possibilità in ogni caso di risolvere in sede di esecuzione il rischio (che si avrebbe in caso di estinzione del procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo) della duplicazione di titoli esecutivi per il medesimo credito;
ritenuti, nel caso in esame, sussistenti i presupposti previsti dall’art. 186 ter c.p.c. per la pronuncia della richiesta ordinanza ingiuntiva, nei limiti appresso indicati, ravvisandosi il requisito oggettivo del credito di una somma di denaro liquido ed esigibile ed il requisito della idonea prova scritta di cui agli artt. 633, l° comma, numero 1) e 634 c.p.c., tenuto conto della documentazione prodotta dalla parte convenuta-opposta nella fase monitoria e nel presente giudizio di opposizione;
rilevato, invero, che l’istituto di credito ha prodotto copia dei contratti inerenti i diversi rapporti intercorsi con la debitrice principale (ALFA s.r.1., dichiarata fallita nelle more di questo processo), e dei relativi estratti conto;
rilevato, altresì, quanto ai finanziamenti accordati, che la prova dell’effettiva erogazione degli importi, oltre ad emergere dai contratti versati in atti e dagli estratti conto, si tragga, altresì, dalle difese degli opponenti, i quali, nell’atto di citazione, nulla deducevano al riguardo, essendosi limitati a contestare in maniera assolutamente generica l’applicazione, da parte della banca, di tassi debitori ultralegali, nonché un preteso sforamento dei tassi soglia;
ritenuto, quindi, che siano, di conseguenza, palesemente tardive le deduzioni svolte dagli opponenti nella memoria difensiva depositata in data 13.12.2013, in ordine ad una dedotta carenza di prova dell’erogazione del credito relativamente ai rapporti di anticipi su fatture;
rilevato, inoltre, che B.G. e B.B. rispondono in qualità di garanti e sulla base di contratti che configurano chiaramente delle garanzie autonome;
rilevato, infatti, che nei documenti sottoscritti dagli opponenti è previsto: il pagamento immediato ed a semplice richiesta della banca; l’obbligo per il fideiussore, nell’ipotesi in cui le obbligazioni garantite siano dichiarate invalide, di restituire comunque alla banca le somme erogate al debitore principale (cfr. articoli 7 e 8 delle scritture del 24.2.2004, per B.G., del 4.7.2007 e del 5.7.2007 per B.B.). Invero, le richiamate pattuizioni negoziali rendono palese la deroga rispetto al regime della fideiussione codicistica.
In particolare, l’obbligo di pagamento del fideiussore, pur in presenza dell’invalidità del rapporto garantito, deroga al principio dell’accessorietà dell’obbligazione del garante, consacrata nella disposizione di cui all’articolo 1939 c.c., secondo cui la fideiussione non è valida se non è valida l’obbligazione principale. Ed ancora, la clausola di pagamento immediato ed a semplice richiesta deroga all’articolo 1945 c.c., secondo il quale il fideiussore può opporre contro il creditore tutte le eccezioni che spettano al debitore principale;
rilevato che, come noto, “l’inserimento in un contratto di fideiussione di una clausola di pagamento “a prima richiesta e senza eccezioni” vale di per sé a qualificare il negozio come contratto autonomo di garanzia (c.d. “Garantievertrag”), in quanto incompatibile con il principio di accessorietà che caratterizza il contratto di fideiussione, salvo quando vi sia un’evidente discrasia rispetto all’intero contenuto della convenzione negoziale” (cfr. Cass. Civ. 19736/11, sez. un. n. 3974/10);
rilevato che, in tali ipotesi, il garante, improntandosi il rapporto tra lo stesso ed il creditore beneficiario a piena autonomia, non può opporre al creditore la nullità di un patto relativo al rapporto fondamentale, salvo che dipenda da contrarietà a norme imperative o dall’illiceità della causa e che, attraverso il medesimo contratto autonomo, si intenda assicurare il risultato vietato dall’ordinamento.
Nondimeno, si deve escludere che la nullità della pattuizione di interessi ultralegali si comunichi sempre al contratto autonomo di garanzia, atteso che detta pattuizione eccezion fatta per la previsione di interessi usurari – non è contraria all’ordinamento, non vietando quest’ultimo in modo assoluto finanche l’anatocismo, cosi come si ricava dagli art. 1283 c.c. e 120 (d.lg. n. 385 del 1993 (cfr. Cass. Civ. n. 5044/09);
ritenuto, quindi, che, alla luce delle esposte ragioni, le deduzioni inerenti la mancata pattuizione scritta dei tassi di interesse debitore, l’applicazione della CMS, il calcolo delle valute, siano precluse ai garanti. Per quanto concerne la capitalizzazione trimestrale degli interessi, giova osservare che, nel formulare l’istanza in esame, l’istituto di credito rinunciava a domandare il pagamento della somma di curo 92.752,01, costituente l’esposizione debitoria del conto corrente n. (OMISSIS), alla luce dei rilievi svolti da questo Giudice nell’ordinanza del 6.3.2013;
rilevato, altresì, quanto al dedotto superamento dei tassi usurari che, come già evidenziato nella predetta ordinanza, la deduzione è stata, per la massima parte, smentita dal consulente tecnico nominato dal PM, nell’ambito del procedimento penale instaurato a seguito della querela sporta da B.G. (cfr. copia della perizie redatta dal dott. (OMISSIS), allegata alla produzione degli opponenti);
rilevato, infatti, che, all’esito di tale consulenza, il PM si determinava a chiedere l’archiviazione del procedimento, atteso che lo sforamento dei tassi soglia veniva appurato relativamente ad un solo trimestre, su un rapporto protrattosi per oltre un decennio, e per uno solo dei rapporti inter partes (precisamente quello di anticipo su fatture, contraddistinto dal numero (OMISSIS), il quale, nel IV trimestre 2005, registrava un superamento dello 0,5% del TEG);
rilevato, peraltro, che, per, quanto rileva in questa sede, l’esito della disposta consulenza induca a ritenere non liquida la ragione di credito fondata sul richiamato rapporto, essendo verosimile che l’ammontare del credito azionato vada, sia pure solo in parte, decurtato, all’esito di una CTU contabile (di tutte le somme addebitate a titolo di interessi in ordine a tale rapporto, ove il superamento del tasso soglia risulti essersi verificato rispetto al tasso pattuito, ovvero della sola differenza tra tasso applicato e tasso soglia, nel caso in cui lo sforamento dei tassi soglia, non esistente al momento della pattuizione, si sia registrato in corso di rapporto);
ritenuto, quindi, che, detraendo dalla somma oggetto di domanda, l’ammontare del credito fondato sul rapporto di conto numero (OMISSIS), (per il quale, come detto, vi è allo stato, il fumus dell’opposizione, alla luce della richiamata consulenza disposta dal PM), l’istanza ex art. 183 ter c.p.c. possa accogliersi nei limiti della minor somma di euro 772.870,73, così determinata: euro 1.402.356,43 – euro 629.485,70;
rilevato, quanto alla prova dei dedotti rapporti di garanzia, che l’istituto di credito ha versato in atti, sin dalla fase monitoria, copia dei negozi di fideiussione;
rilevato che, al riguardo, nulla ha eccepito o rilevato B.B., onde, rispetto ad esso è sufficiente evidenziare che: lo stesso prestava una garanzia omnibus, fino all’ammontare di curo 585.000,00, per ogni ragione di credito vantata da BANCA Spa verso ALFA.s.r.l.; prestava, altresì, una garanzia specifica, sempre fino all’ammontare dinanzi indicato, in ordine al finanziamento di euro 450.000,00 (costituente la ragione di credito n. 6 posta a base dell’istanza ex art. 186 ter c.p.c.), accordato a ALFA s.r.l. in data 5.7.2007;
rilevato, quanto a B.G., che: lo stesso, mediante un negozio del 24.2.2004 e successivi aumenti del limite garantito, si costituiva garante della società ALFA sino all’ammontare di euro 1.345.000,00; prestava, altresì, ulteriore garanzia, sino ad euro 460.000,00, costituente aumento di un’originaria fideiussione rilasciata in favore di Banca (OMISSIS) in data 2.3.1998;
rilevato che, a fronte- della produzione, da parte di BANCA Spa, sin dalla fase monitoria, di tutti i negozi di fideiussione (ancorché effettuata in copia), l’opponente era onerato ad effettuarne il disconoscimento (sia quanto alla conformità all’originale, che relativamente all’autenticità delle firme ivi apposte), con l’atto di citazione, costituendo esso la prima difesa utile successiva al deposito degli atti;
rilevato, invece, che, nella specie, nell’atto di opposizione, B.G. si limitava a disconoscere unicamente la sottoscrizione apposta in calce alla fideiussione del 24.2.2004, deducendo che essa non fosse a lui riconducibile.
Viceversa, quanto agli ulteriori documenti prodotti da BANCA Spa (vale a dire i successivi aumenti del limite della garanzia in questione, da esso effettuati nel corso degli anni, nonché la distinta garanzia accordata alla Banca (OMISSIS), da ultimo aumentata fino euro 460.000,00), la parte non effettuava un valido disconoscimento, dal momento che, per un verso, non contestava espressamente la conformità delle copie agli originali (essendosi limitata a dichiarare di voler impugnare i documenti esibiti in copia), per l’altro, si riservava di effettuarne il disconoscimento solo a seguito della produzione degli originali;
rilevato, peraltro, che, con tale equivoca condotta, l’opponente sia decaduto (con riguardo a tutti documenti prodotti, fatta eccezione per quello del 24.2.2004, su cui si tornerà a breve) dalla facoltà di contestare l’autenticità delle firme e la conformità della copia dei documenti agli originali, atteso che, come noto, in tema di negazione di conformità di una copia all’originale, i relativi tempi e modalità di esercizio sono disciplinati dagli artt. 214 e 215 cod. proc. civ., richiedendosi, quindi, la precisione ed inequivocità della negazione, sebbene un siffatto disconoscimento non abbia gli stessi effetti del disconoscimento della scrittura privata previsto dall’art. 215, primo comma, numero 2), cod. proc. civ., giacché mentre quest’ultimo, in mancanza di richiesta di verificazione, preclude l’utilizzabilità della scrittura, la contestazione di cui all’art. 2719 cod. civ. non impedisce al giudice di accertare la conformità all’originale anche mediante altri mezzi di prova, comprese le presunzioni (cfr, ex multis, Cass. Civ. n. 24456/11);
rilevato, in particolare, che, in tema di prova documentale, l’onere di disconoscere la conformità tra l’originale di una scrittura e la copia fotostatica della stessa prodotta in giudizio, pur non implicando necessariamente l’uso di formule sacramentali, va assolto mediante una dichiarazione di chiaro e specifico contenuto che consenta di desumere da essa in modo inequivoco gli estremi della negazione della genuinità della copia, senza che possano considerarsi sufficienti, ai fini del ridimensionamento dell’efficacia probatoria, contestazioni generiche o onnicomprensive (cfr. cass. Civ. n. 28096/09). Nella specie, quindi, il disconoscimento, operato dall’opponente nell’atto di opposizione a decreto ingiuntivo, è certamente generico, avendo, giova ribadirlo, la parte affermato di impugnare i documenti esibiti in copia, senza in alcun modo esplicitare le ragioni che la inducevano a considerare come non genuine le copie versate in atti;
ritenuto, in ragione di quanto osservato, che la successiva negazione, con riguardo a tutti i documenti prodotti da BANCA Spa, dell’autenticità delle firme dei fideiussori, operata solo con la memoria depositata ai sensi dell’art. 183 co. 6 n. 1 c.p.c., sia chiaramente tardiva, poiché non effettuata nella prima risposta o difesa successiva alla produzione dei citati atti;
rilevato, con riguardo alla fideiussione del 24.2.2004, (l’unica per la quale, nell’atto di citazione, effettuava il disconoscimento), che, a ben vedere, B.G. abbia disconosciuto un documento non recante alcuna sottoscrizione. Ed invero, in sede monitoria, la banca aveva depositato una copia della fideiussione in questione, in calce alla quale erano state apposte, verosimilmente dal funzionario che aveva curato l’operazione, le sole generalità, scritte con grafia a stampatello, di B.G., ma non anche la fuma di quest’ultimo.
Ciò, invero, emerge chiaramente dal raffronto tra la copia in questione e l’originale dello stesso documento, prodotto da BANCA Spa con la seconda memoria ex art. 183 co. 6 c.p.c., in calce al quale figura, questa volta, la filma della parte. Orbene, relativamente a tale ultimo documento (chiaramente diverso da quello depositato in sede monitoria ed oggetto della contestazione operata con l’atto di citazione), l’opponente aveva l’onere di effettuare un nuovo ed autonomo disconoscimento nella prima difesa utile, rappresentata, nella specie, dalla memoria difensiva depositata in data 13.12.2013, all’esito dell’istanza ex art. 183 ter c.p.c.. Peraltro, come emerge chiaramente dal tenore della difesa svolta in detta memoria, è evidente che l’opponente non abbia disconosciuto l’originale del documento prodotto da BANCA Spa, ma si sia limitato a reiterare il medesimo disconoscimento di cui all’atto di citazione. In tal senso è decisivo il rilievo per cui, nella detta memoria, il B. non evidenziava la circostanza che la banca avesse depositato l’originale della scrittura; non rilevava che, mentre nella copia, la firma era scritta a caratteri stampatello, nell’originale, invece, si trattava di una sottoscrizione vergata in corsivo; soprattutto, nell’operare il disconoscimento, mostrava di fare riferimento sempre al documento di cui al fascicolo della fase monitoria, dal momento che discorreva di un’incompletezza dell’atto, poiché mancante di una pagina, assolutamente non rinvenibile nell’originale, il quale, va detto per inciso, è completo in ogni sua parte, essendo composto di quattro fogli, sul terzo dei quali sono apposte le due firme del garante;
ritenuto, quindi, che, non avendo il B. validamente disconosciuto la fideiussione del 24.2.2004, nonché, per quanto prima detto, gli aumenti dell’importo con essa garantito, e la distinta garanzia originariamente rilasciata in favore della Banca (OMISSIS), alcun dubbio possa porsi in ordine alla sua qualità di garante della società ALFA;
rilevato che l’opposta ha chiesto concedersi l’ordinanza ingiuntiva in forma provvisoriamente esecutiva;
rilevato che anche con riguardo al profilo in esame si registrano in giurisprudenza due orientamenti. Invero, alla stregua di un primo orientamento, minoritario, anche se di recente autorevolmente sostenuto (cfr. Tribunale Torino sez. III, 4.2.2011, cit.), per la concessione della provvisoria esecuzione di cui all’art. 186 ter c.p.c. è necessario, ove la parte intimata sia costituita, che ricorrano contemporaneamente sia i presupposti previsti dall’art. 642 c.p.c. (o, più precisamente, uno dei presupposti previsti dall’art. 642 c.p.c.) che quelli previsti dall’art. 648, I ° comma, c.p.c.. A conforto di tale conclusione si osserva, invero, che, in base alla formulazione letterale dell’art. 186 ter c.p.c., l’ordinanza “…è dichiarata provvisoriamente esecutiva ove ricorrano i presupposti di cui all’articolo 642 c.p.c., nonché, ove la controparte non sia rimasta contumace, quelli di cui all’articolo 648, primo comma”;
ritenuto che, invece, altro orientamento, prevalente nella giurisprudenza di merito, ed al quale questo Giudice ritiene di prestare adesione, sostiene che, affinché l’ordinanza ingiuntiva ex art. 186 ter c.p.c., richiesta nei confronti della parte costituita, possa essere dichiarata provvisoriamente esecutiva, non è necessaria la contemporanea ricorrenza dei presupposti previsti dagli art. 642 e 648, 1° comma, c.p.c., essendo invece sufficiente che si ravvisino soltanto i requisiti contemplati dall’una o dall’altra norma (cfr. in tal senso: Tribunale Torino, Ord. 23 Luglio 2007 in “Giurisprudenza Piemonte” on line sul sito www.giurisprudenza.piemontelt ed in “Giuraemilia -UTET Giuridica” sul sito www.giuraemilia.it; Tribunale Catania, 27 gennaio 2004 in Foro it. 2004, 1,1629; Tribunale Chiavari, 07 giugno 2003 in Nuova giur. civ. commentata 2004, I, 135; Tribunale Chiavari, 13 marzo 2001 in Foro it. 2001,1,2358);
ritenuto che, nella specie, ricorrano i presupposti di cui all’art. 648 comma primo c.p.c., dal momento che, alla luce delle considerazioni innanzi svolte circa l’entità del credito, l’opposizione (per la parte di credito in ordine al quale si ritiene di accogliere l’istanza) non è fondata su prova scritta, né appare dì pronta soluzione (quanto a tale ultimo profilo, basta considerare che, al fine di dimostrare i propri assunti, gli opponenti hanno chiesto la nomina di un CTU contabile);
ritenuto, quindi, che, in parziale accoglimento dell’istanza ex art. 186 ter c.p.c., vada ingiunto a B.B. e B.G. di pagare, in solido tra di loro, e senza dilazione, in favore di BANCA Spa., l’importo di euro 772.870,73, oltre interessi come indicati nell’istanza;
rilevato che, ai sensi dell’art. 641, ult. comma, c.p.c., espressamente richiamato dall’art. 186 ter, l° comma, c.p.c., il Giudice deve anche liquidare le spese e competenze della procedura, ingiungendone il pagamento. Nella specie, le spese si liquidano come in dispositivo a nonna del DM 140/12, applicando i compensi previsti per le cause di valore fino ad euro 1.500.000,00, avuto riguardo alla somma oggetto di ingiunzione;
PQM
Visto l’art. 186 ter c.p.c., ingiunge a B.B. e B.G. di pagare, in solido tra di loro e senza dilazione, in favore di BANCA Spa., l’importo di euro 772.870,73, oltre interessi come indicati nell’istanza, oltre le spese processuali, che liquida in euro 20.250,00 per compenso, euro 834,04 per esborsi, oltre Iva e Cpa come per legge;
rinvia la causa in prosieguo, alla già fissata udienza del 4.2.2014.
Si comunichi.
Napoli, 16.12.2013
Il Giudice
Dott. Massimiliano Sacchi
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