Stante il diritto sostanziale ex art. 119, comma 4, c.p.c. riconosciuto al correntista di chiedere e ottenere dalla banca tutta la documentazione contabile inerente al rapporto, è evidente che nel caso in cui il correntista non produca la documentazione contabile a sostegno della domanda, lo stesso deve dimostrare di avere avanzato, prima del giudizio, richiesta alla banca di acquisizione della detta documentazione contabile e di non avere ricevuto riscontro o di avere avuto un diniego alla detta richiesta.
A norma dell’art. 210 c.p.c., primo comma, l’esibizione può essere ordinata ove il giudice ne ritenga necessaria l’acquisizione al processo: non è sufficiente il requisito della semplice rilevanza richiesta per l’ammissione delle prove costituende, atteso che il legislatore ammette il sacrificio della libertà e dell’autonomia della parte e del terzo solo in presenza di un’esigenza «qualificata» di acquisizione del documento. In particolare, l’ordine di esibizione può essere impartito ad una delle parti del processo con esclusivo riguardo ai casi in cui la prova non possa essere fornita con alcun altro mezzo o in alcun altra maniera ed in relazione ai soli atti o documenti specificamente individuati o individuabili, dei quali sia noto, o almeno assertivamente indicato, un preciso contenuto, influente per la decisione della causa.
In assenza di allegazioni specifiche, la richiesta di CTU contabile è inammissibile, in quanto meramente esplorativa.
Questi i principi espressi dal Tribunale di Ferrara, Dott.ssa Marianna Cocca, con la sentenza n. 1139 del 14.12.2016.
Nella fattispecie considerata, una società correntista conveniva in giudizio, con ricorso ex art. 702 bis c.p.c., la Banca chiedendo di accertare e dichiarare la nullità/annullabilità/invalidità e/o l’inefficacia, totale o parziale, delle clausole contenute nel contratto di conto corrente stipulato tra le parti, in ragione dell’invalidità e/o inefficacia delle clausole di pattuizione di un tasso di interesse usurario ed anatocistico e, di conseguenza, condannare l’Istituto di credito alla restituzione delle somme indebitamente addebitate e/o riscosse, oltre agli interessi dal fatto al saldo creditore ed oltre il risarcimento ex art. 2033 c.c., nonché ex art. 1224, comma 2, c.c. per i danni subiti dall’odierna ricorrente, quale conseguenza degli illeciti addebiti sul conto corrente, con spese e compensi professionali interamente rifusi.
Si costituiva la Banca, chiedendo il rigetto della domanda di parte ricorrente in quanto infondata in fatto ed in diritto.
Il Tribunale di Ferrara, in riferimento alla richiesta ex art. 210 c.p.c., richiamava la disciplina normativa contenuta nell’art. 119, comma 4, T.U.B. che sancisce il diritto del correntista di ottenere dall’Istituto di credito, a proprie spese, la consegna di copia della documentazione relativa all’ultimo decennio del rapporto contrattuale sottoscritto tra le parti, osservando che, nel caso in cui il correntista non produca in giudizio la documentazione contabile a sostegno della domanda, dovrà dimostrare di aver avanzato, prima del giudizio, apposita richiesta in tal senso alla Banca e di non aver ricevuto riscontro o, ad ogni modo, di aver ricevuto un diniego alla stessa.
Il Giudice adito rilevava, tuttavia, che, ai sensi dell’art. 210 c.p.c., l’esibizione della documentazione richiesta può essere ordinata solo ove il giudice ne ritenga indispensabile l’acquisizione al processo; in altri termini, è richiesto un requisito ulteriore rispetto alla semplice rilevanza per l’ammissione delle prove costituende, atteso che il legislatore ammette il sacrificio della libertà e dell’autonomia della parte e del terzo solo in presenza di una esigenza qualificata di acquisizione del documento: occorre che la prova, verosimilmente decisiva ai fini della decisione del giudizio, non possa essere fornita con altro mezzo e in altra maniera.
In particolare, secondo orientamento consolidato nella giurisprudenza di legittimità, l’ordine di esibizione può essere impartito ad una delle parti del processo, solo con riguardo agli atti o documenti specificamente individuati o individuabili, dei quali sia noto, o almeno assertivamente indicato, un preciso contenuto, influente per la decisione della causa.
Il Giudice, dunque, osservato che parte ricorrente aveva omesso di dimostrare l’indispensabilità del documento richiesto ai fini decisori, dichiarava inammissibile la domanda ex art. 210 c.p.c., in quanto del tutto esplorativa.
In ordine alla richiesta di CTU contabile presentata da parte ricorrente, osservava che l’istante si era limitata a dedurre genericamente l’applicazione nel corso del rapporto, da parte dell’Istituto di credito, di interessi usurari ed anatocistici, senza in alcun modo fornire la prova di quanto sostenuto, limitandosi ad allegare una perizia di parte contenente una metodologia di calcolo in punto di usura ed anatocismo, non condivisibile ad avviso del giudicante.
Il Tribunale, sottolineava che la CTU contabile può essere utilizzata al fine di ricostruire un rapporto contabile non contestato, ma tale ricostruzione deve essere un’attività utile ai fini decisori, utilità non ravvisabile nel caso in cui la pretesa appaia infondata già sotto il profilo dell’allegazione.
In particolare, in punto di usura, il Giudice rilevava che la perizia di parte aveva utilizzato una metodologia di calcolo non condivisibile, in quanto palesemente difforme da quella prevista dalle Istruzioni della Banca d’Italia che, quali norme tecniche autorizzate rispondenti alla elementare esigenza logica e metodologica di consentire il raffronto tra dati omogenei, individuano i costi espressamente inclusi nel TAEG.
In materia di asserita applicazione di interessi anatocistici, osservava che la perizia di parte attrice si era limitata ad indicare un totale ricalcolo per anatocismo, senza indicare né i periodi, né i singoli importi in relazione ai quali sarebbe avvenuta la indebita capitalizzazione.
Il Giudice, pertanto, rilevata l’inammissibilità della richiesta di ordine di esibizione e di CTU contabile in mancanza di specifiche allegazioni in tal senso, nonché l’assoluta genericità della domanda, rigettava le richieste di parte ricorrente, condannando quest’ultima al pagamento delle spese di lite.
Per ulteriori approfondimenti in materia, si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
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