ISSN 2385-1376
Testo massima
Nel “pactum fiduciae” il fiduciario è proprietario e la limitazione derivante dal “pactum” è inopponibile ai terzi ai sensi dell’art. 1372 c.c. che abbiano iscritto ipoteca giudiziale sull’immobile in data anteriore alla trascrizione della domanda del fiduciante.
La fiducia immobiliare deve essere stipulata per atto scritto “ad substantiam”.
Il negozio fiduciario comporta unicamente l’obbligo del fiduciario di trasferire, a richiesta, la proprietà del bene al fiduciante
L’eventuale inadempimento all’obbligo assunto dal fiduciario in ordine al trasferimento della proprietà dell’immobile in favore del fiduciante o di terzi è destinato a determinare i suoi effetti tra le parti, esponendo il fiduciario a un’azione di risarcimento danni da parte di quest’ultimo, senza alcuna ripercussione su eventuali diritti acquisiti da terzi sull’immobile e debitamente trascritti o iscritti.
Sono questi i principi sanciti dalla Corte di Cassazione, sezione seconda, nella sentenza n. 24166 depositata il 25 ottobre 2013.
Questa l’origine della vicenda: una coppia di coniugi lamenta il fatto che i figli, con una scrittura privata autenticata, avevano acquistato un quartiere per civile abitazione con denaro che era stato somministrato dagli stessi genitori.
I coniugi si dolevano di non aver potuto vendere l’immobile de quo, poiché lo stesso era risultato gravato da un’ipoteca iscritta a favore di una società e contro uno dei loro figli.
Per tale motivo avevano convenuto in giudizio sia i figli che la società e avevano chiesto sia l’accertamento della natura fiduciaria dell’intestazione dell’immobile, sia il loro diritto di proprietà sul bene.
Ebbene, il giudice di merito ha rigettato la domanda attorea.
Avverso tale pronuncia i coniugi hanno proposto ricorso per cassazione.
La Suprema Corte ha pienamente sposato le motivazioni esposte dalla Corte di Appello la quale aveva correttamente rilvato che “nel “pactum fiduciae”, il fiduciario è proprietario, e che la limitazione derivante dal pactum è inopponibile ai terzi ai sensi dell’art. 1372 c.c; in particolare, non è opponibile ai creditori del fiduciario che abbiano iscritto ipoteca giudiziale sull’immobile in data anteriore alla trascrizione della domanda del fiduciante”.
Hanno, inoltre, osservato gli Ermellini che il “pactum fiduciae“, quando riguarda beni immobili, richiede la forma scritta “ad substantiam“, essendo equiparabile ad un contratto preliminare, per il quale l’art. 1351 c.c. prescrive la stessa forma del definitivo.
E’ emerso, invece, nel corso del giudizio che al momento dell’acquisto dell’immobile non era stata stipulata alcuna scrittura in tal senso tra le parti e che, ad ogni buon conto, la proprietà non era mai stata ritrasferita agli attori e che l’ipoteca non poteva essere cancellata, in virtù del fatto che il pactum fiduciae non era opponibile alla società convenuta.
Gli Ermellini hanno inoltre ribadito che, correttamente la Corte di Appello ha ritenuto sussistere la responsabilità aggravata degli attori ex art. 96, comma 2, c.p.c. poiché nella sentenza impugnata è stata ben messa in evidenza sia “l’inesistenza del diritto azionato” che la “valutazione altamente imprudente del comportamento processuale degli attori“.
Testo del provvedimento
Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 24 settembre – 25 ottobre 2013, n. 24166
Presidente Goldoni Relatore Mazzacane
Svolgimento del processo
Con atto di citazione notificato il 20-4-1995 P.P. ed A.R..N. esponevano che i figli S..P. e M.F..P. con scrittura privata autenticata del 21-6-1984 avevano acquistato, ciascuno per il 50% della piena proprietà, un quartiere per civile abitazione in (omissis) ; assumevano che detto acquisto era stato effettuato dai figli per incarico fiduciario di essi esponenti che avevano somministrato loro il denaro necessario per il pagamento del prezzo; ciò risultava dalla “dichiarazione di intestazione fiduciaria” a firma dei figli del 25-1-1993 nonché dalla procura a vendere rilasciata dagli stessi in data 11-5-1990.
Gli attori, lamentando di non aver potuto vendere l’immobile a causa di una ipoteca giudiziale iscritta sul bene dalla s.p.a. T. ALFA contro S..P. , convenivano in giudizio dinanzi al Tribunale di Grosseto i suddetti figli e la predetta società chiedendo accertarsi la natura fiduciaria dell’intestazione dell’immobile e la proprietà di essi istanti, con ordine di cancellazione dell’ipoteca e trascrizione del proprio acquisto, oltre al risarcimento dei danni.
S..P. si costituiva in giudizio aderendo alle domande attrici.
La T. ALFA chiedeva il rigetto delle domande attrici e, in via riconvenzionale, chiedeva la condanna degli attori al risarcimento del danno ex art. 96 c.p.c..F.M..P. restava contumace.
Il Tribunale adito con sentenza del 4-5-2004 respingeva le domande attoree e, in accoglimento della domanda riconvenzionale, condannava gli attori al pagamento in favore della T.ALFA della somma di Euro 13.000.000 oltre il rimborso delle spese di lite.
Proposto gravame da parte da parte di P..P. e di N.A.R. , resisteva la T. ALFA che formulava anche appello incidentale; interrotto il processo a causa del decesso di P..P. , a seguito di riassunzione si costituivano in giudizio S..P. e M.F..P. aderendo alla impugnazione principale.
La Corte di Appello di Firenze con sentenza dell’8-3-2011 ha confermato integralmente la sentenza impugnata.
Per la cassazione di tale sentenza la N. ha proposto un ricorso basato su due motivi cui la società T.ALFA ha resistito con controricorso; S..P. e P.M.F. non hanno svolto attività difensiva in questa sede; le parti hanno successivamente depositato delle memorie.
Motivi della decisione
Con il primo motivo la ricorrente, denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 1372 e 2932 c.c., censura la sentenza impugnata per aver ritenuto il preteso patto fiduciario inopponibile alla società T. ALFA, creditrice di P.S. , che aveva iscritto ipoteca giudiziale sull’immobile per cui è causa in data anteriore alla trascrizione della domanda da parte della fiduciante.
La N. rileva che al negozio fiduciario non sono estensibili le norme che prevedono l’inopponibilità del negozio simulato ai creditori del titolare apparente, e che non è soggetto a trascrizione il “pactum fiduciae“, avendo questo natura meramente obbligatoria; il fiduciario pertanto può validamente trasferire, in violazione del patto, il diritto cedutogli al terzo, il cui acquisto sarà efficace anche nei confronti del fiduciante.
La ricorrente sostiene che nella fattispecie il negozio fiduciario è derivato dall’obbligo di S..P. e P.M.F. di ritrasferire ai propri genitori l’immobile di cui all’atto di compravendita del 21-6-1984 in base alla scrittura privata munita di data certa del 25-1-1993, essendo state le relative sottoscrizioni autenticate dal notaio Riccardo Clemente di Roma; la natura di atto dovuto del “pactum fiduciae” escludeva qualunque carattere fraudolento del contratto, considerato che il diritto di credito della controparte era sorto a distanza di circa undici anni dal suddetto atto di compravendita, e che P.S. e P.M.F. avevano rilasciato in favore dei loro genitori apposita procura speciale a vendere l’immobile a mezzo notaio G. U. T. di Roma in data 11-5-1990; l’obbligo di ritrasferimento da parte del fiduciario in favore del fiduciante elide in radice qualsivoglia autonoma volontà decisionale da parte del fiduciante, ed inoltre gli effetti del negozio fiduciario, una volta accertati, retroagiscono al momento iniziale della intestazione fiduciaria del bene, e sono quindi opponibili ai creditori con effetti “ex tunc”.
La ricorrente infine assume che l’obbligo di ritrasferimento del bene da parte del fiduciario in favore del fiduciante scatta nel momento della richiesta in tal senso da parte di quest’ultimo nei confronti del primo; nella fattispecie, poi, non avendo i fiduciari opposto alcun rifiuto alla richiesta di ritrasferimento del bene, ma solo manifestato l’impossibilità di procedere in tal senso a causa dell’iscrizione in data 23-2-1995 da parte della T. ALFA di ipoteca giudiziale per l’importo di lire 200 milioni sul 50% della proprietà di S..P. del suddetto bene, non sussistevano i presupposti per l’esperimento, da parte dei fiducianti, dell’azione di esecuzione specifica dell’obbligo di concludere il contratto ex art. 2932 c.c..
La censura è infondata.
Il giudice di appello ha rilevato che nel “pactum fiduciae” il fiduciario è proprietario, e che la limitazione derivante dal “pactum” è inopponibile ai terzi ai sensi dell’art. 1372 c.c.; in particolare non è opponibile ai creditori del fiduciario che abbiano iscritto ipoteca giudiziale sull’immobile in data anteriore alla trascrizione della domanda del fiduciante; ha aggiunto che la fiducia immobiliare deve essere stipulata per atto scritto “ad substantiam”, e che nella specie era pacifico che all’epoca dell’acquisto dell’immobile non era stata stipulata alcuna scrittura del genere, cosicché l’atto ricognitivo postumo del gennaio 1993 sottoscritto da S..P. e da M.F..P. si configurava semmai come una promessa di trasferimento del bene priva di effetto nei confronti dei terzi, tutelabile ex art. 2932 c.c..
La Corte territoriale ha altresì evidenziato che non poteva essere accertata la proprietà degli immobili in capo agli attori, come pure richiesto, perché il negozio fiduciario comporta unicamente l’obbligo del fiduciario di trasferire, a richiesta, la proprietà del bene al fiduciante, e che nella specie non vi era mai stato il ritrasferimento del bene in capo ai pretesi sfiduciami; né per altro verso poteva essere cancellata l’ipoteca, giacché questa restava pienamente efficace nei confronti dei fiducianti per la inopponibilità del “pactum fiduciae” alla società convenuta che, pertanto, aveva diritto di procedere alla espropriazione dell’immobile.
Tale convincimento è pienamente condivisibile.
È invero decisivo il rilievo che, a fronte di una ipoteca giudiziale iscritta sull’immobile per cui è causa dalla società T. ALFA il 23-2-1995 nei confronti di S..P. per l’importo di L. 200.000.000, la domanda introduttiva del presente giudizio di primo grado è stata trascritta successivamente, con la sua conseguente inopponibilità alla suddetta società; è del resto pacifico che la “dichiarazione di intestazione fiduciaria” era stata sottoscritta da S..P. e M.F..P. il 25-1-1993, e dunque non contestualmente alla compravendita del 21-6-1984, con la conseguenza che il preteso “pactum fiduciae” non poteva in ogni caso risalire a quest’ultima data, essendo indiscutibile che esso, allorché riguardi beni immobili, richiede la forma scritta “ad substantiam” (Cass. 9-5-2011 n. 10163), essendo sostanzialmente equiparabile ad un contratto preliminare per il quale l’art. 1351 c.c. prescrive la stessa forma del contratto definitivo (Cass. 19-7-2000 n. 9489); pertanto resta insuperato il rilievo che all’epoca dell’iscrizione ipotecaria dell’immobile per cui è causa in favore della società T. ALFA non vi era alcuna trascrizione anteriore relativa a diritti sul bene per cui è causa in favore di P..P. e della N. , come tale opponibile alla suddetta società.
Tali decisive considerazioni rendono irrilevanti le argomentazioni della ricorrente in ordine al fatto che il negozio fiduciario è un atto realmente voluto contrariamente al negozio simulato; ciò infatti è sicuramente vero, ma l’eventuale inadempimento all’obbligo assunto dal fiduciario in ordine al trasferimento della proprietà dell’immobile in favore del fiduciante o di terzi è destinato a determinare i suoi effetti tra le parti, esponendo il fiduciario ad una azione di risarcimento danni da parte di quest’ultimo, senza alcuna ripercussione su eventuali diritti acquisiti da terzi sull’immobile e debitamente trascritti o iscritti, come appunto nella fattispecie.
Del pari correttamente la sentenza impugnata, una volta accertato che la proprietà dell’immobile per cui è causa non era stata trasferita da S..P. e da M.F..P. ai pretesi fiducianti P..P. ed A.R..N. , ha concluso per l’infondatezza della domanda relativa alla declaratoria di proprietà del bene suddetto in capo a questi ultimi.
Con il secondo motivo la N. , deducendo violazione e falsa applicazione degli artt. 2652-2653 c.c. e 96 c.p.c., censura la sentenza impugnata per aver ritenuto illegittima ed imprudente la trascrizione della domanda attrice e quindi fonte di responsabilità ex art. 96 c.p.c..
La ricorrente al riguardo osserva che la domanda di accertamento proposta dai coniugi P. – N. nei confronti dei loro figli S..P. e M.F..P. , avendo ad oggetto l’accertamento e la conseguente declaratoria che l’intestazione dell’immobile per cui è causa al 50% in favore di ciascuno dei figli eseguita in forza dell’atto di compravendita del 21-6-1984 era stata effettuata dagli stessi in via fiduciaria ai medesimi, e rientrando tra le domande giudiziali per le quali il legislatore prevede la trascrizione (art. 2652 n. 3 c.c.) affinché produca, in caso di accoglimento, gli effetti previsti dalla legge, doveva necessariamente essere trascritta; pertanto, essendo tale trascrizione legittima, nessun obbligo risarcitorio era configurabile a carico dell’esponente; d’altra parte, qualora la trascrizione dell’atto di citazione introduttivo del primo grado di giudizio fosse stata illegittima, la T. ALFA ben avrebbe potuto chiedere l’immediata cancellazione della stessa, mentre ciò non era avvenuto.
La censura è infondata.
La Corte territoriale ha rilevato, quanto al danno liquidato ex art. 96 c.p.c., che era indubbio che la trascrizione della domanda, in ragione dell’esito della lite, si era rilevata non solo illegittima – stante l’accertata inesistenza del diritto azionato nei confronti del creditore ipotecario – ma anche, a tutto concedere, altamente imprudente per la mancata valutazione del più che probabile esito sfavorevole di una iniziativa giudiziaria rivelatasi palesemente destituita di ogni fondamento.
Tale statuizione è corretta, in quanto la responsabilità aggravata prevista dall’art. 96 secondo comma c.p.c. non dipende dalla trascrizione della domanda non suscettibile di essere trascritta, ma dalla accertata mancanza del diritto per la realizzazione del quale la parte istante ha agito in giudizio, nonché dalla inosservanza da parte dell’attore della prudenza tipica dell’uomo di media diligenza (Cass. 11-4-2013 n. 8913).
Pertanto inutilmente la ricorrente sostiene che la domanda introdotta in giudizio era suscettibile di trascrizione; infatti, allorché il codice civile consente che una domanda sia trascritta, ciò è stabilito nell’interesse di chi propone la domanda allo scopo di salvaguardare gli effetti della eventuale pronuncia di accoglimento; quindi chiedere la trascrizione della domanda è una facoltà e non un dovere della parte, e l’art. 96 secondo comma c.p.c. individua un illecito nel fatto di colui che esercita tale facoltà senza la normale prudenza, ovvero senza sottoporre al dovuto vaglio critico la possibilità che il diritto fatto valere con la domanda sussista e possa essere accertato in giudizio.
Nella specie, come già esposto, la sentenza impugnata ha evidenziato, oltre l’inesistenza del diritto azionato, una valutazione altamente imprudente nel proprio comportamento processuale da parte di P.P. e della N. , e pertanto la responsabilità aggravata ex art. 96 secondo comma c.p.c. è stata correttamente ritenuta sussistente.
Il ricorso deve quindi essere rigettato; le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
PQM
La Corte Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento di Euro 200,00 per spese e di Euro 2.500,00 per compensi.
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Numero Protocolo Interno : 620/2013