In tema di patto fiduciario con oggetto immobiliare che s’innesta su un acquisto effettuato dal fiduciario per conto del fiduciante, non è richiesta la forma scritta ad substantiam; ne consegue che tale accordo, una volta provato in giudizio, è idoneo a giustificare l’accoglimento della domanda di esecuzione specifica dell’obbligo di ritrasferimento gravante sul fiduciario.
La dichiarazione unilaterale scritta del fiduciario, ricognitiva dell’intestazione fiduciaria dell’immobile e promissiva del suo ritrasferimento al fiduciante, non costituisce autonoma fonte di obbligazione, ma, rappresentando una promessa di pagamento, ha soltanto effetto confermativo del preesistente rapporto nascente dal patto fiduciario, realizzando, ai sensi dell’art. 1988 c.c., un’astrazione processuale della causa, con conseguente esonero a favore del fiduciante, destinatario della contra se pronuntiatio, dell’onere della prova del rapporto fondamentale, che si presume fino a prova contraria.
Questi sono i principi di diritto espressi nella sentenza delle Sezioni Unite Civili della Corte di Cassazione n. 6459, pubblicata in data 6 marzo 2020.
Un uomo ha convenuto in giudizio il fratello e sua moglie, oltre alla vedova di un altro fratello, deducendo che, 18 anni prima, il fratello e la vedova avevano acquistato da un terzo e con il denaro dello stesso attore originario, porzioni separate e parti comuni di un determinato compendio immobiliare. Le due cognate hanno poi sottoscritto due scritture private, distinte ma dal medesimo contenuto, in cui danno atto che il vero proprietario del fabbricato era proprio l’attore, impegnandosi a trasferire la porzione immobiliare acquistata nell’84 a lui od ad altra persona da lui indicata, a seguito di sua semplice richiesta.
L’uomo sostiene, dunque, il mancato rispetto del patto fiduciario e, di conseguenza, l’accertamento e la dichiarazione della loro interposizione reale nell’intestazione immobiliare, con contestuale emissione di sentenza di trasferimento in suo favore in quanto vero dominus dell’affare.
In primo grado, la lite viene transatta tra fra i due fratelli ancora in vita, con trasferimento, senza corrispettivo, degli immobili oggetto di causa (ed a questi ultimi intestati) in capo all’attore ed un riconoscimento in denaro in favore dei convenuti. Mentre, rispetto al rapporto tra l’attore e la vedova del fratello, è stata dichiarata l’interposizione reale di quest’ultima, disponendo il trasferimento dei beni immobili intestati alla donna in favore del cognato.
La Corte di Appello di Napoli ha confermato la pronuncia di primo grado, rigetta il gravame della vedova, rilevando un collegamento negoziale, connaturato al negozio fiduciario, tra l’atto di compravendita del 1984 e la scrittura privata del 2002 ed affermando che non sono di ostacolo a tale ricostruzione né il lungo lasso temporale intercorso tra i due atti, né l’unilateralità della scrittura privata.
La vedova, però, ha proposto ricorso in Cassazione.
La questione, rimessa poi all’esame delle Sezioni Unite, riguarda la forma del patto fiduciario con oggetto immobiliare: in sostanza, può ritenersi rispettato il requisito della forma scritta del patto stesso, implicante il trasferimento di diritti reali immobiliari, da una dichiarazione unilaterale scritta del fiduciario che risulti espressione della causa fiduciaria esistente in concreto, pur se espressa verbalmente tra fiduciante e fiduciario?
Per rispondere a tale domanda, occorre prima fare alcune precisazioni sul negozio fiduciario:
I) esso consiste in un’operazione negoziale che consente ad una parte (il fiduciante) di far amministrare o gestire per finalità particolari un bene da parte di un’altra (il fiduciario), trasferendo direttamente al fiduciario la proprietà del bene o fornendogli i mezzi per l’acquisto in nome proprio da un terzo, con il vincolo che il fiduciario rispetti un complesso di obblighi volti a soddisfare le esigenze del fiduciante e ritrasferisca il bene al fiduciante o a un terzo da lui designato;
II) esso si presenta non come una fattispecie, ma come una casistica: all’unicità del nome corrispondono operazioni diverse per struttura, per funzione e per effetti pratici. In primis perché l’investitura del fiduciario nella titolarità del diritto può realizzarsi secondo distinti moduli procedimentali; in secundis perché l’effetto traslativo non è essenziale per la configurabilità di un accordo fiduciario, in quanto la fiducia può realizzarsi sia in modo dinamico che statico. In quest’ultimo caso, rileva “la preesistenza di una situazione giuridica attiva, facente capo ad un soggetto che venga poi assunto come fiduciario, e si dichiari disposto ad attuare un certo disegno del fiduciante, mediante l’utilizzazione non già di una situazione giuridica all’uopo creata – come nel negozio fiduciario di tipo traslativo -, ma di quella preesistente, che viene così dirottata dal suo naturale esito, a ciò potendosi determinare proprio perché a lui fa capo la situazione giuridica di cui si tratta (rif. Cass., Sez. II, 7 agosto 1982, n. 4438)”;
III) esso risponde ad una molteplicità di funzioni, di pratici intenti, essendo diversi i tipi di interessi che possono sorreggere l’operazione (vedasi, ad esempio, la fiducia cum amico o cum creditore).
I Giudici della Corte di Cassazione, dopo aver ricostruito quanto affermato dalla dottrina e dibattuto dalla giurisprudenza sul negozio fiduciario e sul relativo fondamento causale, rimodulano quanto sostenuto in passato e si discostano dalla tesi che riconosce l’esigenza della forma scritta ad validitatem del patto fiduciario con oggetto immobiliare e che, per certi aspetti, equipara tale patto al contratto preliminare.
Difatti, secondo le Sezioni Unite, il patto fiduciario è assimilabile al mandato senza rappresentanza e non al contratto preliminare. E, dunque, analogamente a quanto avviene nel mandato senza rappresentanza, per la validità dal pactum fiduciae, contenente l’obbligo di ritrasferire al fiduciante il bene immobile intestato al fiduciario, non è richiesta la forma scritta ad substantiam, “trattandosi di atto meramente interno tra fiduciante e fiduciario che dà luogo ad un assetto di interessi che si esplica esclusivamente sul piano obbligatorio. L’accordo concluso verbalmente è fonte dell’obbligo del fiduciario di procedere al successivo trasferimento al fiduciante anche quando il diritto acquistato dal fiduciario per conto del fiduciante abbia natura immobiliare. Se le parti non hanno formalizzato il loro accordo fiduciario in una scrittura, ma lo hanno concluso verbalmente, potrà porsi un problema di prova, non di validità del pactum. L’osservanza del requisito della forma scritta è invece imposta, in base all’art. 1350 c.c., per gli atti traslativi: per il contratto, iniziale, di acquisto dell’immobile da parte del fiduciario e per il successivo atto di ritrasferimento ad opera del medesimo”.
Ora, fissato il principio secondo cui non è richiesta la forma scritta per la validità del patto fiduciario avente ad oggetto l’obbligazione del fiduciario di ritrasferire al fiduciante l’immobile dal primo acquistato da un terzo in nome proprio, occorre stabilire la rilevanza della posteriore dichiarazione scritta con cui l’interposto, riconosciuta l’intestazione fiduciaria, si impegna ad effettuare, in favore del fiduciante o di un terzo da lui indicato, il ritrasferimento finale. In proposito, le Sezioni Unite ritengono che “la dichiarazione ricognitiva dell’interposizione reale e promissiva del ritrasferimento non rappresenta il vestimentum per mezzo del quale dare vigore giuridico, con la forma richiesta dalla natura del bene, a quello che, altrimenti, sarebbe un nudo patto. Infatti, una volta ammessa la validità del patto fiduciario immobiliare anche se stipulato verbis, il fiduciario dichiarante è già destinatario di una obbligazione di ritrasferimento, e tale patto non scritto è il titolo che giustifica l’accoglimento della domanda giudiziale di esecuzione specifica dell’obbligo di ritrasferimento su di lui gravante. D’altra parte, non sussistono ostacoli ad ammettere, a tutela del fiduciante deluso, il particolare rimedio di cui all’art. 2932 c.c.” sull’esecuzione specifica dell’obbligo di concludere un contratto (rif. Cass., Sez. II, 30 marzo 2012, n. 5160).
Occorre, inoltre, precisare che la dichiarazione ricognitiva dell’intestazione fiduciaria e promissiva del ritrasferimento è infatti un atto unilaterale riconducibile alla figura della promessa di pagamento, ai sensi dell’art. 1988 c.c., la cui funzione è quella di dispensare colui a favore del quale è fatta dall’onere di provare il rapporto fondamentale, l’esistenza di questo presumendosi fino a prova contraria. Come emerge dalla sentenza in oggetto, “da tale dichiarazione non dipende la nascita dell’obbligo del fiduciario di ritrasferire l’immobile al fiduciante: essa non costituisce fonte autonoma di tale obbligo, che deriva dal pactum, anche se stipulato soltanto verbalmente, ma è produttiva dell’effetto di determinare la relevatio ab onere probandi e di rafforzare così la posizione del fiduciante destinatario della dichiarazione stessa, il quale, in virtù di questa, è esonerato dall’onere di dimostrare il rapporto fondamentale”.
In conclusione, le Sezioni Unite hanno riconosciuto la validità del patto fiduciario immobiliare stipulato verbalmente ed hanno escluso la necessità di individuare nella posteriore dichiarazione scritta resa dal fiduciario la fonte dell’obbligazione di ritrasferire il bene al fiduciante. Il ricorso della vedova è stato dunque rigettato e la causa rimessa alla Seconda Sezione per la decisione, con separata sentenza, di quanto di competenza.
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