ISSN 2385-1376
Testo massima
La novella dell’art. 133 c.p.c., comma 2, di cui al D.L. 24 giugno 2014, n. 90, art. 45, comma 1, lett. b), conv. con modif. in L. 11 agosto 2014, n. 114, secondo cui la comunicazione, da parte della cancelleria, del testo integrale del provvedimento depositato non è idonea a far decorrere i termini per le impugnazioni di cui all’art. 325 cod. proc. civ., è finalizzata a neutralizzare gli effetti della generalizzazione della modalità telematica della comunicazione, se integrale, di qualunque tipo di provvedimento, ai fini della normale decorrenza del termine breve per le impugnazioni solo in caso di atto di impulso di controparte.
La novella stessa non incide peraltro, lasciandole in vigore, sulle norme processuali, derogatorie e speciali (come l’art. 348-ter c.p.c., comma 3, nella parte in cui fa decorrere il termine ordinario per proporre il ricorso per cassazione avverso il provvedimento di primo grado dalla comunicazione dell’ordinanza che dichiara l’inammissibilità dell’appello ai sensi dell’art. 348-bis cod. proc. civ.), che ancorino la decorrenza del termine breve di impugnazione alla mera comunicazione di un provvedimento da parte della cancelleria, restando irrilevante che la comunicazione sia integrale o meno.
A ribadirlo è la Corte di Cassazione nell’Ordinanza n. 23526, VI 3^ Sez. Civile del 15.10.2014, depositata il 5 novembre 2014. Il provvedimento degli Ermellini giunge in occasione della dichiarazione di inammissibilità del ricorso per Cassazione ex art. 348-ter c.p.c., comma 3, proposto avverso la sentenza del Tribunale di Messina n. 2182 del 22.11.12 e la successiva ordinanza, dichiarativa di inammissibilità dell’appello ex art. 348 c.p.c., resa in data 07.06.2013 dalla Corte di Appello di Messina. Il provvedimento della Cassazione è successivo al D.L. 24 giugno 2014, n. 90, recante misure per l’attuazione del processo civile telematico, convertito con modificazioni in L. 11 agosto 2014, n. 114, e costituisce occasione per chiarire gli aspetti relativi alla decorrenza del termine breve di impugnazione sulla base del novellato art. 133 c.p.c. Tra le misure adottate nel D.L. 90/2014, la modifica dell’art. 133 c.p.c., comma 2, novellato dall’art. 45, comma 1, lett. b), ha comportato che la previgente comunicazione da parte della Cancelleria del solo dispositivo del provvedimento adottato dal giudice venisse sostituita dalla comunicazione del testo integrale della sentenza. La norma, difatti, stabilisce testualmente che: “il cancelliere dà atto del deposito in calce alla sentenza e vi appone la data e la firma, ed entro cinque giorni, mediante biglietto contenente il testo integrale della sentenza, ne dà notizia alle parti che si sono costituite”.
La ratio ispiratrice della novellata norma, in coerenza con le esigenze di snellimento del lavoro e razionalizzazione dei tempi di lavorazione, è rinvenibile nella volontà di rendere la comunicazione via posta elettronica certificata modalità ordinaria di messa a conoscenza della parte, ad opera della cancelleria, del documento in cui il provvedimento reso è consacrato. La norma, tuttavia, ha immediatamente generato negli operatori del diritto il dubbio che l’integralità dell’atto comunicato via PEC dalla Cancelleria, dando piena contezza del suo contenuto al destinatario, attivasse conseguentemente nei suoi confronti la decorrenza del termine breve per una eventuale impugnazione. Pertanto, in sede di conversione il legislatore è corso ai ripari. Ed infatti, con la legge di conversione del D.L. 24 giugno 2014, n. 90, ha aggiunto in calce all’art. 133 c.p.c. il seguente testo: “la comunicazione non è idonea a far decorrere i termini per le impugnazioni di cui all’articolo 325”, ribadendo in tal modo che il regime alternativo di introduzione dell’impugnazione non era innovato dalla sostituzione della comunicazione per estratto o del solo dispositivo con la comunicazione, ove fosse poi integrale, del documento via PEC, neutralizzando in tal modo gli effetti della pienezza della conoscenza del provvedimento, derivanti dalla nuova forma di comunicazione.
In particolare, i Giudici della Corte Suprema di Cassazione hanno ritenuto di evidenziare nell’Ordinanza resa che la norma generale novellata non incide sulla decorrenza del termine breve di impugnazione, che resta vincolato all’atto di impulso di controparte, né ha efficacia abrogativa delle disposizioni speciali previste dall’ordinamento, e tra queste le norme speciali come il ricorso per Cassazione dopo l’ordinanza-filtro in appello, sostenendo che “né dal tenore letterale del nuovo testo dell’art. 133 c.p.c.., nè dalla sua ratio, può ricavarsi alcuna abrogazione delle numerose norme speciali che a quel regime ordinario (di impugnazione, n.d.r.) avevano apportato deroga, ancorando, per evidenti finalità di accelerazione del processo, la decorrenza del termine breve non all’atto di impulso della controparte, ma comunque alla comunicazione, proprio ad opera della cancelleria e quindi ufficiosa, del provvedimento da impugnare. La specialità di tali disposizioni, in virtù di principi generalissimi in tema di conflitto apparente tra norme, per i quali lex posterior generalis non derogat priori speciali, rimane allora ferma, per la persistente preminenza delle valutazioni legislative speciali della prevalenza della conoscenza suscitata dall’iniziativa dell’ufficio sull’atto di impulso di controparte”.
D’altra parte, nel vigente ordinamento processuale vi è una serie di previsioni in cui la decorrenza dei termini perentori per impugnare è ancorata alla sola mera comunicazione del provvedimento che ne è oggetto, ed i Giudici della Cassazione ne prospettano finanche un’elencazione: – il regolamento di competenza: art. 47 c.p.c.; – le impugnazioni del pubblico ministero: penultimo comma dell’art. 72 c.p.c.; – il reclamo avverso le ordinanze di estinzione dei processi di cognizione e di esecuzione: rispettivamente, art. 178, comma 3, nonchè art. 630 c.p.c., comma 3; – l’istanza di pronunzia di sentenza in caso di emissione di ordinanza ex art. 186-quater c.p.c.; – l’impugnazione del decreto di estinzione per rinuncia del giudizio di legittimità: art. 391 c.p.c., comma 3; – lo stesso ricorso per cassazione, avverso la sentenza su pregiudiziale questione di efficacia, validità o interpretazione di contratti o accordi collettivi: v. art. 420-bis c.p.c., comma 2; – il reclamo cautelare: art. 669-terdecies c.p.c., comma 1; – il reclamo camerale: art. 739 c.p.c., comma 1, quanto ai procedimenti camerali ed all’impugnazione della parte privata; art. 740 c.p.c., quanto alle impugnazioni del pubblico ministero; – il reclamo avverso il diniego di esecutorietà al lodo: art. 825 c.p.c., quanto a quello nazionale. Nei suddetti casi è sempre stato irrilevante, fin dalla formulazione della relativa disposizione, che la comunicazione ad opera della cancelleria fosse stata integrale oppure no, con la sola cautela che il termine non sarebbe decorso se da essa fosse stato impossibile desumere la natura del provvedimento.
In base a tale ricostruzione normativo-giurisprudenziale è evidente che, pur tenendo fermi i vantaggi delle innovazioni telematiche tese alla semplificazione e razionalizzazione dei tempi e delle modalità di lavoro nelle controversie civili, resta immutata la teoria generale del processo delle impugnazioni che conosce, invero, quale regola di impugnazione, l’alternatività tra il termine breve e quello lungo, attivandosi, di norma, il primo soltanto a seguito di uno specifico atto d’impulso della controparte, consistente nella notificazione del provvedimento suscettibile di impugnazione.
Testo del provvedimento
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