ISSN 2385-1376
Testo massima
Se manca l’elezione di domicilio in Roma da parte del ricorrente e se questi non ha indicato l’indirizzo di posta elettronica certificata, le notificazioni gli sono fatte presso la cancelleria della Corte di Cassazione. Infatti, solo l’indicazione della PEC nel ricorso, senza ulteriori specificazioni, fa scattare l’obbligo della notificazione telematica, dovere che non c’è quando, invece, il riferimento alla PEC è inequivocabilmente limitato alle comunicazioni di cancelleria.
È questo il principio di diritto affermato dalla Corte di Cassazione nella recente pronunzia n.25215 del 27/11/2014.
Riepilogando brevemente la vicenda processuale, il giudizio di primo grado, avente ad oggetto la richiesta di risarcimento danni materiali e non materiali conseguenti alla responsabilità professionale dei sanitari, si concludeva con l’accoglimento della domanda attorea e la condanna al pagamento di euro 4.000,00 a titolo di danni morali di un’azienda sanitaria locale e di euro 45.000,00 a vario titolo, di altra azienda ospedaliera, nonché accoglimento della domanda di manleva dell’azienda ospedaliera nei confronti della società di assicurazione.
Il successivo giudizio di gravame, in parziale riforma della pronunzia impugnata, concludeva per la condanna dell’azienda sanitaria locale al pagamento di euro 8.000,00 a titolo di risarcimento del danno biologico temporaneo e per l’esclusione dell’azienda ospedaliera dalla condanna a tale titolo, con conseguente riduzione della manleva.
Unico motivo di ricorso, nel caso in esame, è quello di omessa valutazione di un fatto principale da parte del giudice del gravame.
Tra le deduzioni di parte ricorrente vi era quella di inammissibilità del controricorso dell’Assicurazione, perché notificato presso la cancelleria della Corte di Cassazione, sebbene fosse stato indicato in ricorso l’indirizzo di posta elettronica certificata.
Tale argomentazione è stata tuttavia ritenuta infondata, in quanto l’indicazione dell’indirizzo PEC riportava di seguito la specificazione “di accettare le comunicazioni loro inviate dalla cancelleria all’utenza telefax ovvero all’indirizzo di posta elettronica certificata”.
Il percorso argomentativo è stato articolato tenendo proprio in particolare attenzione l’esistenza della suddetta precisazione.
La Corte, partendo dall’analisi dell’art. 366, comma II, cpc, per il quale le notifiche al ricorrente si eseguono presso la cancelleria della Corte di Cassazione, qualora manchi l’elezione di domicilio in Roma ovvero l’indicazione dell’indirizzo PEC, ha ritenuto applicabile la suddetta disposizione normativa al caso di specie.
A parere della Suprema Corte, infatti, entrambi i requisiti richiesti domicilio in Roma ed indicazione di indirizzo PEC dovevano ritenersi mancanti, giacché la specificazione operata avrebbe limitato l’utilizzo dell’indirizzo di posta elettronica certificata alle sole comunicazioni di cancelleria, escludendolo per le notificazioni.
Quanto all’unico motivo di ricorso, anche in questo caso la Corte ha richiamato il già acclarato principio per il quale, ai fini della ammissibilità, qualora si lamenti l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, non è necessario che il ricorso contenga l’esplicito richiamo formale all’art.112 cpc, ma ciò che importa è che il motivo di impugnazione non risulti indeterminato e generico come, viceversa, è risultato nel caso di specie.
Sebbene la sentenza appaia coerente sul piano logico-argomentativo, il principio enunciato risulta eccessivamente rigido, tenendo conto che la locuzione “per le comunicazioni di cancelleria” può considerarsi quale formula cui si ricorre usualmente, senza per questo doversi ad essa riconnettere una qualche volontà limitativa.
Testo del provvedimento
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