ISSN 2385-1376
Testo massima
Il decreto di trasferimento di cui all’art. 586 cpc, ancorché abbia avuto ad oggetto un bene in tutto o in parte diverso da quello pignorato, non può considerarsi per questo inesistente, ma sarà affetto da invalidità da far valere col rimedio dell’opposizione agli atti esecutivi nei termini di cui all’art. 617 cpc.
Nel caso di specie, una società proponeva opposizione agli atti esecutivi, ex art. 618 cpc, contro il decreto di trasferimento di un immobile, oggetto di un precedente pignoramento promosso da un istituto di credito. Con l’atto di opposizione, la società opponente aveva eccepito che non vi era corrispondenza formale tra il bene pignorato ed il bene trasferito.
I dati catastali indicati nell’atto di pignoramento e nell’avviso di vendita apparivano, difatti, difformi rispetto a quelli risultanti nel decreto di trasferimento. L’opposizione veniva, tuttavia, dichiarata inammissibile, poiché proposta oltre il termine di 20 giorni previsto dall’art. 617 cpc e l’irregolarità contestata dall’opponente non poteva essere, inoltre, considerata come nullità assoluta del decreto di trasferimento.
L’opponente ha così proposto ricorso per cassazione, sostenendo che la non corrispondenza tra l’immobile pignorato e l’immobile trasferito costituirebbe un vizio talmente grave per cui la sua configurazione sarebbe causa di inesistenza del decreto di trasferimento emesso ai sensi dell’art. 586 cpc. L’inesistenza del decreto di trasferimento implicherebbe – da un punto di vista processuale – che l’opposizione agli atti esecutivi avrebbe potuto essere proposta oltre il termine di 20 giorni previsto dall’art. 617 cpc.
Nel respingere i motivi di doglianza sollevati dal ricorrente, la Cassazione ha chiarito che il processo esecutivo è strutturato come una successione di sub-procedimenti finalizzati all’unico obiettivo dell’espropriazione del bene pignorato, al fine di garantire la soddisfazione dei creditori.
I Giudici di legittimità hanno osservato, con riferimento al pignoramento immobiliare, che in questo tipo di procedimento si possono individuare varie fasi: l’autorizzazione alla vendita, la vendita, l’aggiudicazione, il trasferimento del bene ed, infine, la distribuzione del ricavato. Si tratta di fasi autonome, giacché ciascuna serie di atti è ordinata ad un provvedimento che conclude questa successione. Il provvedimento così emesso è inoltre irretrattabile da parte del Giudice che lo ha pronunciato ai sensi dell’art. 487, comma 1, cpc, donde ne può essere dichiarata la nullità soltanto a seguito di opposizione agli atti esecutivi. Le cause di invalidità che si possono verificare in ciascuna fase possono perciò avere una loro rilevanza nel corso del processo solo allorquando impediscano che lo stesso attinga il risultato che ne costituisce lo scopo, cioè il soddisfacimento dei creditori (Cassazione civile, Sezioni Unite, 27 ottobre 1995, n. 11178).
La Cassazione ha, pertanto, precisato che la figura giuridica dell’inesistenza non ha ragione d’essere nel processo di esecuzione negli stessi termini di cui al processo di cognizione (Cassazione civile, sezione terza, 16 gennaio 2007, n. 837; Cassazione civile, sezione terza, 29 settembre 2009, n. 20814).
Alla luce dell’insegnamento giurisprudenziale sopra richiamato, gli Ermellini hanno osservato che il decreto di trasferimento non poteva essere considerato inesistente, malgrado avesse avuto ad oggetto un bene diverso rispetto a quello indicato nell’atto di pignoramento.
L’invalidità di cui era affetto il decreto di trasferimento avrebbe dovuto essere fatto valere con l’opposizione agli atti esecutivinel termine di 20 giorni previsto dall’art. 617 cpc., donde è stata confermata la tardività dell’opposizione proposta dalla società ricorrente.
In considerazione di ciò, la Corte ha rigettato il ricorso condannando la società ricorrente al pagamento delle spese di giudizio.
Testo del provvedimento
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 26543/2010 proposto da:
H. SRL
– RICORRENTE –
CONTRO
R. C. SRL
I. SPA .
– CONTRORICORRENTI –
CONTRO
BANCA SPA
– INTIMATI –
E CONTRO
M.E.
– RESISTENTE CON PROCURA –
avverso la sentenza n. 2159/2010 del TRIBUNALE di CAGLIARI, depositata il 14/07/2010, R.G.N. 9471/2008;
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. La s.r.l. H. proponeva opposizione agli atti esecutivi, davanti al Tribunale di Cagliari, avverso il provvedimento di aggiudicazione e il successivo decreto di trasferimento di un immobile oggetto di precedente pignoramento nell’ambito di un procedimento esecutivo promosso dalla Banca s.p.a.
Veniva quindi introdotto con citazione il relativo giudizio di merito, ai sensi dell’art. 618 cod. proc. civ., da parte dell’opponente, la quale rilevava che non vi era corrispondenza formale tra il bene pignorato e quello trasferito, in quanto i dati catastali indicati nell’atto di pignoramento e nell’avviso di vendita erano difformi da quelli risultanti nel decreto di trasferimento.
Nel giudizio si costituivano la s.r.l. R. C., aggiudicataria dell’immobile, ed il creditore s.p.a. I., i quali eccepivano l’inammissibilità dell’opposizione e, nel merito, la sua infondatezza.
Il Tribunale, con sentenza del 14 luglio 2010, dichiarava inammissibile l’opposizione e condannava l’opponente al pagamento delle spese di lite, con ordine al conservatore dei registri immobiliari di provvedere alla cancellazione della trascrizione della domanda giudiziale.
Osservava il giudicante che il decreto di trasferimento era stato emesso il 16 gennaio 2008 e regolarmente notificato alla controparte il successivo 26 febbraio, sicchè l’opposizione, proposta con atto depositato il 23 luglio 2008, era da ritenere tardiva per inosservanza del termine di venti giorni stabilito dalla legge.
Rilevava poi il Tribunale che – pacifico dovendo ritenersi che la nullità del decreto di trasferimento può essere fatta valere con lo strumento dell’opposizione agli atti esecutivi – non poteva nella specie trattarsi di una nullità assoluta del decreto di trasferimento, come tale non assoggettata al termine di cui all’art. 617 del codice di rito; una volta pignorata l’area edificabile, infatti, il pignoramento e la vendita si erano estesi anche alla costruzione innalzata dal debitore su di essa nel corso del procedimento esecutivo. E, d’altra parte, poichè il decreto di trasferimento aveva avuto definitiva esecuzione, non poteva più ritenersi esistente il potere di revoca del giudice dell’esecuzione previsto dall’art. 487 cod. proc. civ..
2. Contro la sentenza del Tribunale di Cagliari ha proposto ricorso la s.r.l. H., con atto affidato a due motivi.
Hanno resistito, con separati controricorsi, la s.r.l. R. C. ed il creditore I. s.p.a..
Il ricorso, in un primo tempo trattenuto presso la Sesta Sezione di questa Corte con discussione nella Camera di consiglio del 12 dicembre 2011, è stato dalla medesima rimesso alla Terza Sezione per la trattazione in udienza pubblica.
La società ricorrente ha presentato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Occorre preliminarmente rilevare che la s.p.a. I. ha eccepito l’inammissibilità del ricorso per tardività; tanto sul rilievo che, trattandosi di causa non soggetta a sospensione feriale dei termini, a fronte della notifica della sentenza in data 7 settembre 2010, il ricorso è stato spedito per la notifica in data 8 novembre 2010.
1.1. L’eccezione non è fondata.
La società ricorrente, infatti, ha spedito il ricorso, a mezzo posta, nei confronti di altri contraddittori litisconsorti necessari in data 6 novembre 2010, e la tempestività della notifica del ricorso rispetto ad una sola delle parti fa sì che debba considerarsi rispettato il termine di cui all’art. 325 cod. proc. civ., anche in riferimento a tutte le altre parti (sentenze 14 luglio 2011, n. 15466, e 14 maggio 2013, n. 11552).
2. Con il PRIMO MOTIVO di ricorso si lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 99 cod. proc. civ. e art. 2907 cod. civ., oltre che dei principi generali in tema di individuazione della domanda.
Rileva parte ricorrente che il Tribunale avrebbe erroneamente qualificato la domanda in termini di opposizione agli atti esecutivi, mentre dal tenore della medesima si comprendeva con chiarezza che la parte intendeva proporre “una vera e propria actio nullitatis avverso il decreto di trasferimento pronunciato dal Giudice dell’esecuzione in data 16 gennaio 2008”. Non doveva ritenersi, pertanto, che tale domanda fosse soggetta ai limiti di proponibilità di cui al citato art. 617.
3. Con il SECONDO MOTIVO di ricorso si lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 161 cod. proc. civ., comma 2, in relazione all’accertamento dell’inesistenza del decreto di trasferimento suindicato, oltre ad omessa motivazione su di un punto decisivo della controversia.
Si osserva che, nella specie, l’opponente ha sempre posto in evidenza che l’immobile pignorato non corrispondeva a quello effettivamente venduto, il che si tradurrebbe nell’inesistenza del decreto di trasferimento. Nella motivazione posta dal Tribunale non vi sarebbe “traccia delle motivazioni” che hanno condotto il giudice a disattendere le contestazioni; la sentenza, infatti, si limita a rilevare l’avvenuto decorso del termine di venti giorni, senza valutare il profilo della “inesistenza” del decreto di trasferimento.
4. I due motivi di ricorso, da trattare congiuntamente in quanto pongono, in sostanza, il medesimo problema, sono entrambi privi di fondamento.
La censura che in essi è prospettata si può riassumere in un assunto di fondo, e cioè che, non essendovi corrispondenza tra l’immobile pignorato e l’immobile trasferito col decreto oggetto di opposizione agli atti esecutivi, tale vizio verrebbe a determinare una situazione di tale gravità da risolversi nella inesistenza del decreto di trasferimento emesso ai sensi dell’art. 586 del codice di rito. Tale inesistenza dovrebbe implicare, come conseguenza rilevante ai fini processuali, che l’opposizione agli atti esecutivi potrebbe essere proposta così è in effetti avvenuto nel caso di specie – anche oltre il termine di venti giorni di cui all’art. 617 del codice stesso.
5. Si rileva innanzitutto, in conformità a quanto già affermato nella relazione depositata in vista della trattazione presso la Sesta Sezione Civile di questa Corte, che non è esatto che il provvedimento impugnato non contenga traccia delle motivazioni in base alle quali il Tribunale è pervenuto a disattendere le deduzioni della parte ricorrente. La sentenza, in verità, contiene sufficiente ed adeguata motivazione (v. pp. 6-7) per escludere che, nella specie, vi fosse una nullità assoluta o, comunque, un’inesistenza del decreto di trasferimento tale da poter essere fatta valere oltre il termine di venti giorni fissato per le opposizioni agli atti esecutivi. La medesima, poi, contiene anche un condivisibile richiamo alla sentenza 26 aprile 2004, n. 7922, di questa Corte, in base alla quale, se un immobile è assoggettato a pignoramento, questo estende i suoi effetti alle costruzioni che vi accedono (art. 2912 cod. civ.), sicché nel caso specifico il decreto di trasferimento non aveva avuto ad oggetto – come pretende il ricorrente – un bene diverso da quello pignorato, il quale era stato solo identificato con i dati catastali aggiornati. Il che comporta che si è avuto il trasferimento anche di un fabbricato insistente sul terreno pignorato.
6. Occorre poi osservare che il problema dei limiti della rilevabilità dei vizi all’interno del processo di esecuzione, proprio in riferimento alla figura giuridica della inesistenza richiamata nell’odierno ricorso, è stato già oggetto di approfondimento da parte della giurisprudenza di questa Corte.
Ed invero le Sezioni Unite, con la sentenza 27 ottobre 1995, n. 11178, hanno scandagliato funditus la complessa materia, pervenendo alla conclusione che il processo esecutivo è strutturato come una successione di subprocedimenti finalizzati all’unico obiettivo di procedere all’espropriazione del bene pignorato al fine di garantire la soddisfazione dei creditori. In particolare, occupandosi proprio della figura dell’espropriazione immobiliare (che è la medesima di cui oggi si discute), le Sezioni Unite hanno posto in evidenza che in essa si possono individuare varie fasi: l’autorizzazione della vendita, la vendita, l’aggiudicazione, il trasferimento del bene e, infine, la distribuzione del ricavato. L’autonomia di ogni fase – osserva la pronuncia in esame – “è resa evidente dal fatto che ciascuna serie di atti è ordinata ad un provvedimento che la conclude, il quale, quando abbia avuto esecuzione, non è ritrattabile dal giudice che lo ha emesso (art. 487 cod. proc. civ., comma 1), ma può essere dichiarato nullo solo a seguito di opposizione agli atti esecutivi”. La particolarità del processo esecutivo – che di regola non ha come fine quello di accertare diritti – fa sì che le situazioni invalidanti che si realizzano in ciascuna fase “sono suscettibili di rilievo nel corso ulteriore del processo solo in quanto impediscano che il processo attinga il risultato che ne costituisce lo scopo”, che è quello suddetto del soddisfacimento dei creditori.
In tal modo, quindi, le Sezioni Unite hanno chiarito che la controversa figura giuridica dell’inesistenza non ha ragione d’essere, nel processo di esecuzione, negli stessi termini di cui al processo di cognizione (l’insegnamento di questa pronuncia è stato di recente ripreso, in relazione a diverse fattispecie, dalle sentenze di questa stessa Sezione 16 gennaio 2007, n. 837, e 29 settembre 2009, n. 20814).
7. Applicando tali principi al caso di specie, si trae la dovuta conclusione che il decreto di trasferimento di cui all’art. 586 cod. proc. civ., ancorchè – come in ipotesi adombra l’odierno ricorrente, anche nella memoria – abbia avuto ad oggetto un bene in tutto o in parte diverso da quello pignorato, non può considerarsi per questo inesistente (categoria ammessa da questa Corte, in relazione al processo di esecuzione, solo in riferimento al decreto privo di sottoscrizione, v. sentenza 8 giugno 1985, n. 3447), ma eventualmente sarà affetto da invalidità da far valere col rimedio dell’opposizione agli atti esecutivi nei termini di cui all’art. 617 del codice di rito. E ciò comporta che il Tribunale ha correttamente considerato tardiva l’opposizione proposta dalla società oggi ricorrente.
E’ evidente, poi, che, ove il lamentato errore dovesse andare ad incidere nella sfera giuridica di terzi, costoro avrebbero la possibilità, nel rispetto delle regole previste dall’art. 2929 cod. civ., a tutela dell’acquirente o assegnatario, di avvalersi dei rimedi loro riservati, endoesecutivi o esterni al processo esecutivo, ma comunque diversi dall’opposizione di cui all’art. 617 cod. proc. civ., oggetto del presente giudizio.
8. Il ricorso, pertanto, è rigettato.
A tale esito segue la condanna della società ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in conformità ai soli parametri introdotti dal D.M. 20 luglio 2012, n. 140, sopravvenuto a disciplinare i compensi professionali.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 4.200, di cui Euro 200 per spese, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 20 gennaio 2014.
Depositato in Cancelleria il 13 marzo 2014
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Numero Protocolo Interno : 258/2014