ISSN 2385-1376
Testo massima
Segnalata dall’ Avv. Roberto Franco del Foro di Vibo Valentia
La mancata (tempestiva) rinnovazione della trascrizione del pignoramento non è causa di estinzione del processo esecutivo.
Avvenuta la tardiva rinnovazione (che equivale a nuova trascrizione dell’originario pignoramento), non può arrestarsi la procedura, in quanto la fattispecie a formazione progressiva è completa e i beni possono essere messi in vendita (o, meglio, possono proseguirsi le operazioni di vendita già pendenti), con l’unica precisazione per cui si dovrà accertare previamente che non siano divenuti opponibili atti pregiudizievoli.
IL CASO
Questi gli importanti principi espressi dal Tribunale di Lamezia Terme, in persona della dott.ssa Adele Foresta, con ordinanza del 07.03.2016.
Nella fattispecie in esame, i debitori esecutati proponevano opposizione all’esecuzione (come da nomen juris assegnato dalla difesa all’atto introduttivo) sull’unico presupposto del mancato-tempestivo deposito della documentazione ipo-catastale ex art.567 cpc.
Nel corso del procedimento, poi, gli opponenti instavano per la sospensione-estinzione della procedura, chiedendo al G.E. e per esso al delegato di verificare se le originarie trascrizioni dei pignoramenti (confluiti poi in un’unica procedura espropriativa) fossero state rinnovate dai creditori procedenti prima della scadenza dei vent’anni.
Dalla (dedotta) mancata rinnovazione, i debitori intendevano far discendere una “inevitabile” pronuncia di estinzione della procedura.
LA DECISIONE DEL GIUDICE
Il Tribunale adito ha preliminarmente qualificato l’opposizione presentata dai debitori quale opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c., atteso che con la stessa si contestava la regolarità dell’iter espropriativo nella fase anteriore all’autorizzazione della vendita e, quindi, la regolarità delle ordinanze di vendita e di delega, emesse anni addietro, che avevano definito la fase di autorizzazione alla vendita e che erano state emesse in luogo della dedotta declaratoria di estinzione della procedura per mancato deposito della documentazione ex art. 567 c.p.c..
Ritenendo l’azione proposta nelle forme dell’art. 617 c.p.c., il Giudice ha rilevato la sua probabile tardività, poiché il vizio dell’ordinanza di vendita risultava essere stato censurato ben oltre il termine perentorio previsto dal citato articolo (venti giorni, da computarsi a decorrere dalla data di emissione ordinanze di vendita immediatamente successive al contestato deposito della documentazione ipo-catastale).
Il Tribunale ha pertanto censurato il contegno dei debitori, ritenendo l’opposizione intrapresa con colpa grave e con finalità dilatorie, sia con riferimento alla sua tempestività (mirando a rimettere in discussione una fase che risaliva a oltre tre lustri addietro), sia con riferimento alla sua fondatezza.
Sulla scorta di tali considerazioni, il Giudice, ritenendo che l’instaurazione del contenzioso poteva essere evitata, ha reputato necessaria l’applicazione dell’art. 96 ult. co. c.p.c., intesa quale sanzione processuale che, non avendo finalità prettamente risarcitoria, prescinde dalla prova della sussistenza di un effettivo pregiudizio per la parte vittoriosa, mirando, invece, a sanzionare condotte di abuso degli strumenti processuali, contrarie al principio della ragionevole durata del processo e, quindi, lesive di interessi pubblicistici prima ancora che di parte.
Proseguendo nel merito della vertenza, il Tribunale ha rilevato, altresì, la contraddittorietà dell’istanza di sospensione, in quanto fondata sulla sussistenza di ragioni per ottenerne, invece, l’estinzione.
Invero, il provvedimento di sospensione è, per sua natura, temporaneo e provvisorio e non potrebbe mai fondarsi sulle stesse ragioni su cui si basa un provvedimento definitivo come quello di estinzione.
Ne è conseguito secondo il Giudice dell’Esecuzione che l’istanza di sospensione, essendo stata proposta in modo improprio, dovesse essere interpretata quale richiesta di estinzione della procedura esecutiva.
Risolte tali preliminari questioni processuali, il Tribunale è giunto all’esame del puntum dolens della decisione nel merito: gli effetti della (eventuale) tardività della rinnovazione della trascrizione del pignoramento sulle sorti della procedura esecutiva.
Sul punto, il Tribunale ha accolto l’orientamento giurisprudenziale che esclude l’estinzione de plano dell’esecuzione quale conseguenza della mancata rinnovazione tempestiva, per le ragioni che è opportuno illustrare di seguito.
Avuto riguardo alla normativa di settore, l’art. 2668 ter cc ricollega alla mancata rinnovazione della trascrizione del pignoramento la perdita di efficacia della trascrizione e non già la definitiva perdita di efficacia del pignoramento, quale primo atto dell’esecuzione, o, peggio ancora, l’estinzione della procedura.
Nota il Giudice, infatti, che il codice prevede espressamente le ipotesi di inefficacia del pignoramento (si vedano gli artt. 497, 567, 624 co. 3 cpc). Se ne deve inferire che, laddove il legislatore non abbia inteso comminare espressamente tale sanzione, non possa automaticamente giungersi all’estinzione dell’esecuzione, con inevitabile caducazione di tutti gli atti della procedura compiuti in (oltre) vent’anni.
La chiave di lettura fornita dal Tribunale calabrese è la seguente: vanno posti su due piani distinti l’atto di pignoramento (costitutivo del vincolo sui beni subastati) e la trascrizione dello stesso, quale momento successivo ed idoneo a consentire la produzione degli effetti sostanziali nei confronti dei terzi e di pubblicità notizia nei confronti dei creditori concorrenti, indispensabile perché il giudice dia seguito all’istanza di vendita dei beni esecutati.
In caso di mancata rinnovazione tempestiva, pertanto, “il pignoramento mantiene la propria efficacia quale atto impositivo del vincolo e atto introduttivo della procedura esecutiva, mentre la sopravvenuta inefficacia della trascrizione importa esclusivamente che non possano essere messi in vendita i beni se non si sia provveduto alla rinnovazione ovvero a nuova trascrizione di quell’originario pignoramento, ancora efficace: nulla e nessuna norma vieta, infatti, che l’avente diritto rinnovi oltre i termini il pignoramento e che, di conseguenza, il medesimo pignoramento originario produca nuovamente gli effetti che gli sono propri, salva, com’è evidente, l’eventuale trascrizione medio tempore compiuta di atti dispositivi pregiudizievoli, che potrebbero divenire opponibili”.
Peraltro, la disciplina della trascrizione del pignoramento è stata modellata, attraverso un mero richiamo, alla disciplina della rinnovazione dell’iscrizione dell’ipoteca e della trascrizione delle domande giudiziali.
Ne discende che, così come avviene per le ipoteche, anche in caso di mancata rinnovazione della trascrizione del pignoramento, detto atto mantiene la propria efficacia, che consiste, principalmente, nell’imprimere il vincolo, nell’originare gli obblighi di custodia in capo al debitore e nel dare inizio all’esecuzione, ma il giudice non potrà porre in vendita senza nuova trascrizione dell’originario pignoramento; ciò in quanto – come statuito anche da recente arresto di legittimità (Cass. 20.04.2015, n. 7998) – il pignoramento è una fattispecie a formazione progressiva.
Detto in altri termini, l’inefficacia della trascrizione non tempestivamente rinnovata non si “comunica” all’atto di pignoramento (e per esso a tutti gli atti successivi della procedura), con la conseguenza che la rinnovazione tardiva può ben intendersi come nuovo momento di quella “fattispecie a formazione progressiva” originata dalla notifica del pignoramento, ergo come nuova trascrizione del medesimo pignoramento, con efficacia ex nunc e con salvezza degli atti processuali compiuti.
Va da sé che la nuova trascrizione mutuando le parole del Giudice “prenderà grado dalla data in cui viene compiuta”.
In definitiva, la tardiva rinnovazione (che equivale a nuova trascrizione dell’originario pignoramento), non può arrestare la procedura, in quanto la fattispecie a formazione progressiva è completa e i beni possono essere messi in vendita o, meglio, possono proseguirsi le operazioni di vendita già pendenti, previo accertamento che medio tempore non siano divenuti opponibili atti pregiudizievoli; a tanto si potrà pervenire esclusivamente attraverso il deposito di documentazione ipocatastale o certificazione notarile sostitutiva da parte del creditore Banca, che ha proceduto alla tardiva rinnovazione.
Alla luce delle argomentazioni esposte, verificato che nel caso di specie la rinnovazione era avvenuta tardivamente (ma solo) per uno dei tre pignoramenti de quibus, il Tribunale ha rigettato l’istanza di declaratoria di estinzione della procedura esecutiva, assegnando un termine alla Banca creditrice entro il quale depositare documentazione ipocatastale ex art. 567 cpc (o certificazione notarile sostitutiva) relativamente a tutti i beni pignorati e condannando gli opponenti alla rifusione, in favore degli opposti, delle spese processuali, anche per responsabilità aggravata ex art. 96 ult. co. cpc.
GLI OPPOSTI ORIENTAMENTI E LE RAGIONI DI ECONOMIA PROCESSUALE
L’orientamento del Tribunale calabrese apre una nuova traccia nella spinosa questione degli effetti della intempestiva rinnovazione della trascrizione del pignoramento, nel segno inequivocabile dell’economia processuale.
Accade non di rado che le procedure esecutive immobiliari si protraggano per oltre un ventennio, con l’evidente corollario che il “peso” degli effetti di un provvedimento di estinzione è ben diverso a seconda che questo intervenga in una fase iniziale del procedimento espropriativo (è il caso del mancato deposito della documentazione ipocatastale ex art.567 cpc) ovvero a distanza di vent’anni dall’originaria trascrizione del pignoramento (qual è l’ipotesi della eventuale estinzione che vorrebbe farsi discendere dalla mancata tempestiva rinnovazione), per l’effetto caducatorio su tutti gli atti medio tempore compiuti.
La questione si è posta con la riforma del 2009 (legge n.69), la quale, senza incidere sulle disposizioni del processo di esecuzione, ha introdotto con gli artt. 2668 bis e 2668 ter cc la previsione di una durata limitata nel tempo della trascrizione, quando quest’ultima abbia ad oggetto atti introduttivi del processo esecutivo (il pignoramento), o di cognizione (la domanda giudiziale) o cautelare (il sequestro conservativo).
La ratio dell’intervento normativo è quella di rimettere all’iniziativa di quanti vi abbiano interesse l’eventuale rinnovazione alla scadenza del ventennio e ricollegare, invece, all’inerzia dei soggetti legittimati l’inefficacia ipso iure del gravame. Prevale, pertanto, l’esigenza di salvaguardare l’affidamento dei terzi e la certezza dei rapporti giuridici, specie avuto riguardo alle indagini compiute sui registri immobiliari.
Si circoscrive pertanto ad un periodo limitato (il ventennio) l’arco temporale rilevante per stabilire la provenienza e la titolarità dei diritti reali su beni immobili, laddove specularmente si richiede al creditore che intenda procedere alla vendita forzata di produrre documentazione ipocatastale per il lasso temporale di un ventennio a ritroso dalla trascrizione del pignoramento, in tal modo scongiurando ogni dubbio circa l’esistenza di gravami pregiudizievoli che potrebbero risultare opponibili all’eventuale acquirente dell’immobile.
Resta quindi da stabilire concretamente quali siano le sorti della procedura esecutiva quando il creditore non si attivi tempestivamente per il rinnovo della trascrizione e sia decorso un ventennio da quella originaria.
Secondo una prima posizione, che prende le mosse dalla teoria secondo cui il pignoramento sarebbe un “procedimento” che si perfeziona con la notifica al debitore e rispetto al quale la trascrizione opera esclusivamente quale elemento integrativo dell’efficacia, la “scadenza” della trascrizione non potrebbe determinare la chiusura anticipata del processo. Secondo questa impostazione anche nel caso in cui non vi sia stata tempestiva rinnovazione della trascrizione del pignoramento nel ventennio la successiva reiterazione della trascrizione, astrattamente possibile poiché estranea al pignoramento, già in sé perfetto, consentirebbe il compimento di ulteriori atti esecutivi, sempreché il debitore non abbia disposto del diritto pignorato.
Una seconda interpretazione, che prende le mosse dalla teoria secondo cui il pignoramento configurerebbe una “fattispecie a formazione progressiva” che si perfeziona con la trascrizione, la “scadenza” del termine di efficacia di quest’ultima, determinerebbe il venir meno del pignoramento imponendo la chiusura anticipata del processo senza che una successiva reiterazione della trascrizione possa mantenere in vita una procedura esecutiva ormai chiusa. (*)
La pronuncia del Tribunale di Lamezia in commento vira nettamente verso la prima delle due tesi appena richiamate, con la precipua argomentazione che, laddove il codice intende comminare la sanzione dell’inefficacia all’atto di pignoramento lo prevede espressamente, mentre l’inefficacia della trascrizione non impedisce che una rinnovazione tardiva di quest’ultima possa intendersi quale nuova trascrizione, con effetti ex nunc e salvezza degli atti processuali ed evidente risparmio di tempi e costi del “sistema giustizia”.
Tale opzione ermeneutica consente, al contempo, di salvaguardare l’interesse dei terzi e la certezza nella consultazione dei registri immobiliari, atteso che con una condivisibile scelta processuale il Giudice calabrese ha ritenuto opportuno onerare lo stesso creditore procedente a produrre idonea documentazione ipo-catastale comprovante la mancanza di eventuali atti pregiudizievoli trascritti nel corso della procedura, che possano ostare alla prosecuzione delle attività di vendita.
Di fronte ad orientamenti ondivaghi, non resta che attendere se la giurisprudenza intenderà seguire il solco tracciato dal Tribunale di Lamezia, certamente interessante per aver superato la rigidità della tesi opposta, facendo prevalere le ragioni di ordine economico-processuale.
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(*) cfr., amplius, A.SOLDI, Manuale dell’Esecuzione Forzata, Vicenza, 2016 pp. 1221 e ss.
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Testo del provvedimento
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Numero Protocolo Interno : 217/2016
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