In ordine all’attuazione della pretesa tributaria manifestatasi con un atto esecutivo (ad es. pignoramento verso terzi) alla giurisdizione tributaria spetta la cognizione circa ogni questione con cui si reagisce all’atto esecutivo in relazione a fatti incidenti sulla pretesa tributaria verificatisi fino alla notificazione della cartella esattoriale, dell’intimazione di pagamento o al momento dell’atto esecutivo. Rientra invece, nella competenza del giudice ordinario la cognizione delle questioni relative alla forma e alla legittimità formale dell’atto esecutivo.
Questo il principio di diritto espresso, con l’ordinanza n. 7822 resa il 14 aprile 2020, dalla Corte di Cassazione, pronunciatasi a Sezioni Unite, in ordine all’individuazione della giurisdizione competente – tributaria o ordinaria – in caso di plurime domande legate da un nesso di subordinazione.
IL CASO
Il conflitto di giurisdizione in questione trae origine dal ricorso di una società avverso l’Agenzia delle Entrate che aveva notificato al contribuente un pignoramento presso terzi per somme, asseritamente scadute e non pagate, iscritte a ruolo a titolo di imposte regionali sulle concessioni statali di beni demaniali e a titolo di canoni demaniali. La società, in prima istanza, aveva impugnato il pignoramento dinanzi al Tribunale in funzione di Giudice dell’esecuzione sostenendo, tra l’altro, l’inesistenza del soggetto indicato come terzo pignorato (e l’illegittimità del pignoramento in quanto nullo per il venir meno dei titoli presupposti nelle due cartelle esattoriali).
Il Giudice dell’Esecuzione, tuttavia, aveva declinato la propria giurisdizione in favore del Giudice tributario, sul presupposto che la società avesse lamentato la nullità della notifica delle cartelle di pagamento. Per la Commissione Tributaria successivamente adita, invece, la cognizione della controversia doveva essere riservata alla giurisdizione del Giudice ordinario. Da qui la remissione del caso alle Sezioni Unite.
LA DECISIONE
Sulla legittimità del pignoramento presso terzi decide il giudice dell’esecuzione sulla sussistenza di possibili vizi formali. Successivamente, solo se necessario, interverrà la commissione tributaria per la valutazione nel merito della pretesa. Le Sezioni Unite hanno chiarito tale principio.
L’individuazione della competenza per materia del giudice tributario e di quello ordinario in materia di esecuzione è regolata da un complesso quadro normativo che ha subito delle modifiche ad opera dalla Corte Costituzionale (sentenza n. 114/2018). In particolar modo, l’art. 2 del d.lgs. n. 546/1992 esclude dalla competenza di merito delle Commissioni tributarie tutte le questioni riguardanti gli atti dell’esecuzione forzata, successivi alla notificazione della cartella di pagamento. Tuttavia, l’art. 19 dello stesso d.lgs. prevede un elenco di atti impugnabili innanzi al giudice tributario.
Le Sezioni Unite hanno specificato che alla giurisdizione tributaria spetta la cognizione di ogni questione con cui si reagisce all’atto esecutivo, adducendo fatti incidenti sulla pretesa tributaria che si assumano verificati e che sono rilevanti sul piano normativo, fino alla notificazione della cartella esattoriale o fino al momento dell’atto esecutivo, qualora la notificazione sia mancata o sia nulla.
Alla giurisdizione ordinaria, invece, spetta la cognizione delle questioni inerenti alla forma e dunque alla legittimità formale dell’atto esecutivo come tale, sia se esso fosse conseguito a una valida notifica della cartella o dell’intimazione, non contestate come tali, sia se fosse conseguito in situazione di mancanza, inesistenza o nullità della notificazione di tali atti (non deducendosi come vizio dell’atto esecutivo tale situazione).
La tutela davanti alla giurisdizione tributaria è tutela sempre iscrivibile nel modello di cui all’art. 19 del d.lgs. n. 546/1992, trattandosi del normale giudizio impugnatorio, dovendosi in generale considerare che la tutela davanti al giudice tributario può essere introdotta, ricorrendone le condizioni (la cui verifica appartiene alla giurisdizione del giudice tributario), ai sensi del comma 3 di detta norma. Quando la tutela concerne un atto esecutivo che si assume viziato per la mancanza o l’invalidità (sia per nullità sia per inesistenza) della notificazione della cartella o dell’intimazione oppure per vizi formali inerenti al loro profilo di contenuto forma, l’azione davanti al giudice tributarlo non è — lo si dice a precisazione degli insegnamenti di cui a Cass. n. 13913 del 2017 – un’opposizione agli esecutivi secondo il modello di cui all’art. 617 cod. proc. civ., ma un giudizio ai sensi dell’art. 19, comma 3, del citato d.lgs., del quale si può dire solo che ha una funzione simile a quella del rimedio dell’art. 617. Quando la tutela concerne i fatti inerenti alla pretesa tributaria sostanziale analogamente il profilo del giudizio tributario non assume il carattere di opposizione ai sensi dell’art. 615, ma mantiene quello desumibile dal paradigma dell’art. 19 citato.
SEGNALA UN PROVVEDIMENTO
COME TRASMETTERE UN PROVVEDIMENTONEWSLETTER - ISCRIZIONE GRATUITA ALLA MAILING LIST
ISCRIVITI ALLA MAILING LIST RICHIEDI CONSULENZA© Riproduzione riservata
NOTE OBBLIGATORIE per la citazione o riproduzione degli articoli e dei documenti pubblicati in Ex Parte Creditoris.
È consentito il solo link dal proprio sito alla pagina della rivista che contiene l'articolo di interesse.
È vietato che l'intero articolo, se non in sua parte (non superiore al decimo), sia copiato in altro sito; anche in caso di pubblicazione di un estratto parziale è sempre obbligatoria l'indicazione della fonte e l'inserimento di un link diretto alla pagina della rivista che contiene l'articolo.
Per la citazione in Libri, Riviste, Tesi di laurea, e ogni diversa pubblicazione, online o cartacea, di articoli (o estratti di articoli) pubblicati in questa rivista è obbligatoria l'indicazione della fonte, nel modo che segue:
Autore, Titolo, in Ex Parte Creditoris - www.expartecreditoris.it - ISSN: 2385-1376, anno