L’eccessività della somma portata nel precetto non travolge questo per l’intero ma ne determina la nullità o inefficacia parziale per la somma eccedente, con la conseguenza che l’intimazione rimane valida per la somma effettivamente dovuta, alla cui determinazione provvede il giudice, che è investito di poteri di cognizione ordinaria a seguito dell’opposizione in ordine alla quantità del credito.
Con l’ordinanza n. 27032 del 19 dicembre 2014 la Corte Suprema di Cassazione ha confermato un suo ormai consolidato orientamento giurisprudenziale (cfr. ad es. Cass. n. 5515/2008 e Cass. n. 2938/1992), ribadendo ancora una volta il summenzionato principio di diritto, secondo cui il precetto che intimi il pagamento di una somma superiore a quella effettivamente dovuta non è sanzionabile con la nullità totale dell’atto, bensì con la nullità (o inefficacia) parziale per la somma eccedente.
In particolare, l’ordinanza de qua trae origine dal ricorso proposto dal creditore P. avverso la sentenza n. 2974/2012 del Giudice di Pace di Nola, che aveva accolto l’opposizione al precetto.
Il Giudice di Pace, infatti, nel decidere l’opposizione avanzata dagli intimati M. avverso il precetto loro notificato da P. per l’importo di euro 2.739,69 in ragione di sentenza esecutiva: in primis qualificava l’opposizione quale opposizione agli atti esecutivi; in secundis rilevava la deduzione di vizi formali nell’atto, relativamente (non a meri errori di calcolo, ma) all’introduzione di voci di diritto non previste nel titolo esecutivo, con la richiesta (non della riduzione dell’importo vantato, bensì) della dichiarazione di invalidità del precetto; ergo, in accoglimento, riteneva non spettanti tali voci in eccedenza e, ravvisate irregolarità “formali e sostanziali”, dichiarava totalmente nullo il precetto.
Il creditore, pertanto, impugnava il provvedimento – mediante ricorso straordinario per cassazione a causa della qualificazione giuridica della domanda come opposizione agli atti esecutivi data dal Giudice – e si doleva anzitutto della stessa qualificazione, sostenendo che gli opponenti avessero contestato la pretesa inesistenza del credito, dando luogo ad un’opposizione all’esecuzione, e non l’aspetto formale degli atti esecutivi; inoltre, censurava la sentenza perché mancante della pronuncia sulla riduzione della somma nei limiti dell’importo dovuto, richiesta dal creditore qualora il Giudice non ritenesse spettanti le voci di tariffa contestate dagli opponenti.
Ciò premesso, la Corte di Cassazione, con procedimento in Camera di Consiglio ex art. 380-bis c.p.c., si è pronunciata pregiudizialmente sull’ammissibilità del ricorso, operando un essenziale chiarimento sul mezzo di impugnazione prescelto dal soccombente in primo grado e perciò richiamando il costante principio dell’apparenza, secondo cui il regime di impugnazione dipende dalla qualificazione data dal giudice decisore all’azione proposta, a prescindere dalla sua esattezza.
Nel caso di specie, invero, se il giudice di prime cure avesse (correttamente) qualificato l’opposizione ai sensi dell’art. 615 c.p.c. come opposizione all’esecuzione, il mezzo di impugnazione esperibile sarebbe stato l’appello, così come stabilisce l’art. 616 c.p.c. modificato dalla L. 69/2009, che ha abrogato il periodo relativo alla non impugnabilità della sentenza, rendendola oggi appellabile (laddove, invece, tale novella non è, evidentemente, intervenuta anche sull’art. 618 c.p.c., ai sensi del quale si proponeva il ricorso de quo).
Entrando poi nel merito della questione, la Cassazione ha accolto i motivi di ricorso del creditore intimante, sia rispetto alla errata qualificazione giuridica data dal Giudice di Pace, sia rispetto all’eventuale riduzione delle somme intimate.
La Corte, infatti, sul primo punto ha richiamato il principio per cui cui <<ha natura di opposizione all’esecuzione la domanda con cui la parte sostiene che è superiore a quella da lei dovuta la somma di cui le viene intimato il pagamento>> (Cass. n. 15533/2000); sul secondo punto, poi, ha confermato il suo costante indirizzo (già menzionato in apertura del presente commento), stando al quale l’atto di precetto che intimi una somma eccedente quella spettante resta valido per la somma effettivamente dovuta, alla cui determinazione deve provvedere il giudice dell’opposizione che è investito di poteri di cognizione ordinaria.
Per le ragioni fin qui esposte, la Corte Suprema ha cassato la sentenza impugnata, accogliendo il ricorso nei limiti precisati e rinviando, anche per le spese del giudizio di cassazione, al Giudice di Pace di Nola, in diversa persona.
SEGNALA UN PROVVEDIMENTO
COME TRASMETTERE UN PROVVEDIMENTONEWSLETTER - ISCRIZIONE GRATUITA ALLA MAILING LIST
ISCRIVITI ALLA MAILING LIST© Riproduzione riservata
NOTE OBBLIGATORIE per la citazione o riproduzione degli articoli e dei documenti pubblicati in Ex Parte Creditoris.
È consentito il solo link dal proprio sito alla pagina della rivista che contiene l'articolo di interesse.
È vietato che l'intero articolo, se non in sua parte (non superiore al decimo), sia copiato in altro sito; anche in caso di pubblicazione di un estratto parziale è sempre obbligatoria l'indicazione della fonte e l'inserimento di un link diretto alla pagina della rivista che contiene l'articolo.
Per la citazione in Libri, Riviste, Tesi di laurea, e ogni diversa pubblicazione, online o cartacea, di articoli (o estratti di articoli) pubblicati in questa rivista è obbligatoria l'indicazione della fonte, nel modo che segue:
Autore, Titolo, in Ex Parte Creditoris - www.expartecreditoris.it - ISSN: 2385-1376, anno