ISSN 2385-1376
Testo massima
Si ringrazia per la segnalazione della sentenza l’avv. Valerio Vatteroni del Foro di Livorno
L’omessa indicazione in un precetto della data di notifica del titolo esecutivo non comporta nullità ove il precettato sia in condizioni di identificare senza incertezze il titolo in forza del quale s’intende procedere esecutivamente.
L’avviso di ricevimento di una semplice lettera raccomandata non richiede l’obbligatoria indicazione del nome della persona a cui l’atto sia stato consegnato, atteso che tale obbligo esiste solo per la notificazione di atti giudiziari, per la speciale normativa di cui alla legge n. 890 del 1982, la quale prevede per l’agente postale l’obbligo di indicare se il piego sia stato consegnato a persona diversa dal destinatario tra quelle indicate dalla legge, con conseguente presunzione, per il caso contrario, che la firma illeggibile apposta nello spazio riservato alla firma del ricevente sia stata vergata dallo stesso destinatario.
È idonea ad interrompere la prescrizione del credito vantato la lettera raccomandata il cui avviso di ricevimento rechi firma illeggibile, in quanto, pur non potendosi presumere che l’avviso sia stato vergato dallo stesso destinatario, può presumersi che la lettera sia stata eventualmente ricevuta dalle altre persone rinvenute sul luogo ed indicate nelle condizioni generali di contratto del servizio postale. Ne discende che è irrilevante la querela di falso proposta avverso l’avviso di ricevimento per l’illeggibilità della firma.
Il passaggio in giudicato di un titolo di formazione giudiziale rende inammissibile qualsivoglia contestazione in punto di interessi, anche ove se ne deduca l’usurarietà, atteso che l’autorità di giudicato spiega i suoi effetti non solo sulla pronuncia esplicita della decisione, ma anche sulle ragioni che ne costituiscono, sia pure implicitamente, il presupposto logico-giuridico. Tale principio trova applicazione anche in riferimento al decreto ingiuntivo di condanna al pagamento di una somma di denaro, il quale, ove non sia proposta opposizione, acquista efficacia di giudicato e preclude ogni ulteriore esame delle ragioni addotte a giustificazione della relativa domanda.
Questi sono i principi espressi dal Tribunale di Livorno, dott.ssa Nicoletta Marino, con la sentenza del 18 ottobre 2014 resa in un giudizio di opposizione a precetto.
Nel caso di specie, dei correntisti convenivano in giudizio la banca, in opposizione al precetto notificato da quest’ultima, per sentir dichiarare la nullità o inefficacia del detto precetto, per carenza di elementi giuridicamente ritenuti essenziali per la validità dello stesso; nel merito, gli opponenti chiedevano la dichiarazione, in via principale, di estinzione del credito vantato per prescrizione ordinaria decennale e, in subordine, la nullità del credito in ragione dell’applicazione di interessi superiori al tasso soglia, ovvero l’indeterminatezza del credito e comunque della erronea determinazione delle competenze effettuata in precetto. Gli opponenti proponevano, infine, querela di falso avverso l’avviso di ricevimento della lettera raccomandata per l’illeggibilità della firma con la quale l’istituto di credito aveva messo in mora i clienti, interrompendo, altresì, la prescrizione del credito fatto valere.
Il Giudice ha disatteso tutte le domande avanzate dagli attori, con interessanti precisazioni in punto di diritto, sulle questioni già evidenziate in massima.
In primis ha affermato che, anche in caso di mancata produzione della ricevuta della spedizione, ma in presenza dell’avviso di ricevimento (seppur in copia) la lettera raccomandata doveva presumersi giunta al destinatario e da lui conosciuta.
Tanto anche in considerazione che la recente giurisprudenza di legittimità ha sancito che “l’atto stragiudiziale di costituzione in mora del debitore (
) inviato al debitore con raccomandata a mezzo del servizio postale, si presume giunto a destinazione e conosciuto ex art. 1335 c.c. – sulla base dell’attestazione della spedizione da parte dell’ufficio postale, pur in mancanza dell’avviso di ricevimento – e spetta al destinatario l’onere di dimostrare che il plico non contiene alcuna lettera al suo interno, ovvero contiene una lettera di contenuto diverso da quello indicato dal mittente”.
In altri termini, se la raccomandata si presume giunta al destinatario con la sola ricevuta di spedizione, a maggior ragione deve presumersi regolarmente conosciuta quando sia prodotto il solo avviso di ricevimento.
Il Giudice ha ritenuto di non applicare al caso di specie la speciale normativa in materia di notificazione degli atti giudiziari la quale prevede per l’agente postale l’obbligo di indicare se il piego sia stato consegnato a persona diversa dal destinatario tra quelle indicate dalla legge, con conseguente presunzione, per il caso contrario, che la firma illeggibile apposta nello spazio riservato alla firma del ricevente sia stata vergata dallo stesso destinatario.
Non potendosi equiparare i due servizi e le funzioni esercitate dall’agente postale nelle due diverse situazioni considerate, ne deriva che ove, come nel caso di specie, si tratti di posta raccomandata, non può concludersi che in mancanza della precisazione che il piego sia stato consegnato a persona diversa dal destinatario tra quelle indicate dalla legge (sulle notifiche a mezzo posta) la firma apposta dal ricevente sia riportabile senz’altro al destinatario.
Se ciò è vero e se, quindi, la firma illeggibile può farsi risalire tanto al destinatario, quanto alle altre persone rinvenute dall’agente postale ed idonee a ricevere il plico, secondo le condizioni generali del servizio postale, la querela di falso, volta alla dimostrazione della circostanza che la lettera raccomandata non portava sottoscrizione agli opponenti, non è stata ritenuta rilevante ai fini della decisione ed è stata pertanto dichiarata inammissibile e la lettera di messa in mora prodotta dall’istituto di credito-opposto è stata giudicata idonea all’interruzione della prescrizione del credito vantato.
Con riferimento, poi, alla doglianza inerente la quantificazione del credito come portata dai decreti ingiuntivi posti a base del precetto opposto, il Tribunale ha affermato riprendendo una consolidata giurisprudenza di legittimità (v., per tutte, Cass. 3850/2011) che “il titolo esecutivo giudiziale non può essere rimesso in discussione dinanzi al giudice dell’esecuzione ed a quello dell’opposizione per fatti anteriori (estinti, modificativi o impeditivi) alla sua definitività, in virtù dell’intrinseca riserva di ogni questione di merito al giudice naturale della causa, per cui, qualora a base di una qualunque azione esecutiva sia posto un titolo esecutivo giudiziale, il giudice dell’esecuzione non può effettuare alcun controllo intrinseco sul titolo, diretto cioè ad invalidarne l’efficacia in base ad eccezioni o difese che andavano dedotte nel giudizio nel cui corso è stato pronunziato il titolo medesimo, potendo solo controllare la persistente validità di quest’ultimo ed attribuire rilevanza ai fatti posteriori alla sua formazione” (da ultimo, Cass. 14.2.2013, n. 3667).
Particolarmente degna di nota è poi la parte della sentenza con la quale il Tribunale ha disatteso la doglianza avanzata dagli attori relativa alla nullità/inefficacia dell’atto di precetto per mancata menzione nell’atto della data di notificazione dei titoli esecutivi.
Premesso, infatti, che la finalità del precetto è quella di invitare il debitore ad adempiere e di renderlo edotto del proposito del creditore di procedere ad esecuzione forzata in suo danno, il Giudice ha ribadito, secondo l’indirizzo consolidato della Corte di Cassazione (ex plurimis Cass., n. 10495/2004; Cass., n. 5213/98; Cass., n. 12084/92; Cass., n. 1737/81; Cass., n. 352/72) che l’opposizione di merito, proposta dal debitore congiuntamente a quella di rito, è la prova evidente che la finalità suddetta è stata raggiunta.
Pertanto, pure ammessa la mancata notificazione del titolo esecutivo ovvero la mancata sua spedizione in forma esecutiva, la eventuale nullità doveva, comunque, ritenersi sanata per avvenuto raggiungimento dello scopo.
Inutile, poi, l’esame dell’ultima censura sollevata dagli opponenti con riferimento all’asserita illegittimità del calcolo degli interessi operato dalla banca ed, in particolare, dell’applicazione di interessi superiori al tasso soglia atteso che i crediti per cui si procedeva erano fondati su titoli esecutivi giudiziali passati in giudicato (nella specie, decreti ingiuntivi non opposti).
È, infatti, principio granitico in giurisprudenza quello secondo cui “l’autorità del giudicato spiega i suoi effetti non solo sulla pronuncia esplicita della decisione, ma anche sulle ragioni che ne costituiscono, sia pure implicitamente, il presupposto logico-giuridico, trova, applicazione anche in riferimento al….decreto ingiuntivo di condanna al pagamento di una somma di denaro, il quale, ove non sia proposta opposizione, acquista efficacia di giudicato non solo in ordine al credito azionato, ma anche in relazione al titolo posto a fondamento dello stesso, precludendo in tal modo ogni ulteriore esame delle ragioni addotte a giustificazione della relativa domanda” (ex plurimis, sent. Cass. 6.9.2007 n. 18725).
In conclusione, sulla scorta delle predette e assai chiare argomentazioni, il Tribunale ha rigettato l’opposizione e condannato i clienti a rifondere le spese di giudizio.
Testo del provvedimento
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