Il precetto siccome atto non diretto alla instaurazione di un giudizio nè del processo esecutivo, interrompe la prescrizione senza effetti permanenti, ed il carattere solo istantaneo dell’efficacia interruttiva sussiste anche nel caso in cui, dopo la sua notificazione, l’intimato abbia proposto opposizione; tuttavia, se il creditore opposto si costituisce formulando una domanda comunque tendente all’affermazione del proprio diritto di procedere all’esecuzione (ed in tale categoria va compresa certamente anche la mera richiesta di rigetto dell’opposizione) compie un’attività processuale rientrante nella fattispecie astratta prevista dal secondo comma dell’art. 2943 cod. civ., sicché, ai sensi del secondo comma dell’art. 2945 cod. civ., la prescrizione non corre fino al momento in cui passa in giudicato la sentenza che definisce il giudizio.
IL COMMENTO
La sentenza in esame affronta il problema dell’interruzione della prescrizione del diritto del creditore a seguito della notifica del precetto.
La Corte afferma il seguente principio di diritto:
“Il precetto, non costituendo atto diretto alla instaurazione di un giudizio né del processo esecutivo, interrompe la prescrizione senza effetti permanenti, ed il carattere solo istantaneo dell’efficacia interruttiva sussiste anche nel caso in cui, dopo la sua notificazione, l’intimato abbia proposto opposizione, atteso che l’opposizione ex art. 615 c.p.c. più che atto di impugnazione del precetto è atto con il quale il debitore, minacciato di esecuzione, chiede l’accertamento negativo del credito”.
In altri termini, la notifica del precetto interrompe la prescrizione del diritto senza effetti permanenti che inizia nuovamente a decorrere dal momento dalla data di notifica.
LA SENTENZA
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VITTORIA Paolo – Presidente
Dott. DI NANNI Luigi Francesco – Consigliere
Dott. FEDERICO Giovanni – Consigliere
Dott. TALEVI Alberto – rel. Consigliere
Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
OMISSIS, in persona del Commissario Straordinario dott. OMISSIS elettivamente domiciliato in OMISSIS, presso lo studio dell’avvocato OMISSIS, difeso dall’avvocato OMISSIS, giusta delega in atti;
– ricorrente –
contro
OMISSIS, in persona del suo Liquidatore avv. OMISSIS, elettivamente domiciliata a OMISSIS presso l’avv. OMISSIS che la difende giusta delega in atti;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 59/03 della Corte d’Appello di Lecce Sezione distaccata di Taranto emessa il 17.03.03, depositata il 07.04.03; rg. 445/01;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 17/11/06 dal Consigliere Dott. Alberto Talevi;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SGROI Carmelo che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Nell’impugnata decisione lo svolgimento del processo è esposto come segue.
Con atto di citazione del 5 gennaio 1995 OMISSIS riassumeva dinanzi al Tribunale di Taranto il giudizio di opposizione all’esecuzione intrapresa per l’importo di Lire trecento milioni dall’impresa OMISSIS in concordato preventivo con il pignoramento del proprio credito nei confronti della Banca OMISSIS; a sostegno dell’opposizione, spiegata inizialmente dinanzi al pretore di Taranto, l’istituto aveva dedotto la prescrizione del diritto fatto valere dall’impresa menzionata, costituito a suo parere dai lodi arbitrali depositati a composizione delle controversie insorte sul pagamento di somme relative all’esecuzione dei contratti di appalto conclusi con l’impresa stessa; negava altresì, l’istante, il diritto della ditta OMISSIS di esercitare l’azione esecutiva perché esso era mutuatario della OMISSIS, e dunque le azioni esecutive non potevano essere iniziate e proseguite senza il preventivo nulla-osta del Ministro dei lavori Pubblici. Nella specie il pignoramento presso terzi aveva impedito all’istituto di procedere a pagamenti indifferibili e di pagare gli stipendi dei dipendenti, che a loro volta avevano avviato procedure esecutive in proprio danno.
Dichiaratosi incompetente per valore il pretore adito, con l’atto di citazione in riassunzione OMISSIS chiedeva al tribunale di Tarante dichiarare inammissibile c/o improcedibile l’azione esecutiva avviata dalla OMISSIS e perciò nullo il pignoramento.
Si costituivano all’udienza di prima comparizione delle parti del 23 marzo 1995 l’impresa OMISSIS in concordato preventivo e la OMISSIS con il deposito delle comparse di risposta; la prima per domandare il rigetto dell’opposizione per le ragioni spiegate al pretore, la seconda per rimettersi alle decisioni del tribunale, ricordando di avere leso già la dichiarazione negativa.
Compiuta l’istruttoria, il Tribunale di Taranto I sezione stralcio in composizione monocratica con sentenza del 15 maggio-15 settembre 2000 rigettava l’opposizione dell’ OMISSIS e lo condannava a pagare le spese del giudizio.
Con atto d’appello notificato il 26 ottobre 2001 l’ente soccombente ha chiesto la riforma di tale pronuncia, l’accoglimento delle domande proposte al primo giudice; ha resistito all’appello l’impresa OMISSIS in concordato preventivo che, costituitasi con comparsa di risposta depositata all’udienza di prima comparizione delle parti in data 15 gennaio 2002, ha insistito nella conferma della sentenza gravata. Compiuta la fase istruttoria, la causa è stata riservata in decisione sulle conclusioni trascritte in epigrafe all’udienza collegiale del 7 marzo 2003.” Con sentenza 17.3-7.4.2003 la Corte di Appello di Lecce – Sezione distaccata di Taranto – decideva come segue: “…rigetta l’appello proposto dall’ OMISSIS con atto notificato il 26 ottobre 2001 in contraddittorio con OMISSIS in concordato preventivo avverso la sentenza del Tribunale di Taranto I sezione stralcio in composizione monocratica in data 15 maggio – 15 settembre 2000; condanna l’appellante, in persona del legale rappresentante pro tempore, al pagamento delle spese sostenute in questo grado di giudizio dall’appellata, che liquida in Euro 2.683,00, di cui Euro 113,00 per spese, Euro 685,00 per diritti ed Euro l885,00 per onorario di avvocato, oltre accessori di legge… Contro questa decisione ha proposto ricorso per cassazione l’ OMISSIS.
Ha resistito con controricorso l’ OMISSIS (omologato dal Tribunale di Bari con sentenza 7/20.7.1986 n. 2516), in persona del suo Liquidatore avv. OMISSIS.
Entrambe le parti hanno depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Va anzitutto rilevato che non sussistono le ragioni di inammissibilità del ricorso e dei relativi motivi dedotte dalla parte controricorrente.
Osserva in particolare il collegio che la sentenza di primo grado non aveva per oggetto solo una opposizione all’esecuzione, ma anche altre domande (v. in particolare le domande dell’ OMISSIS definite “riconvenzionali” nella decisione della Corte di merito); con la conseguenza che era applicabile la sospensione dei termini processuali nel periodo feriale e che l’appello giustamente è stato (implicitamente) considerato tempestivo da detta Corte d’Appello. Inoltre i motivi di ricorso (salvo per quanto verrà esposto in seguito) sono specifici e rituali (pur se privi di pregio).
I due motivi di ricorso vanno esaminati insieme in quanto connessi.
Con il primo motivo l’ OMISSIS denuncia ex “Art. 360 c.p.c., n. 3 – Violazione e falsa applicazione dell’art. 474 c.p.c. e dei principi di natura sostanziale e procedurale in tema di sentenze dichiarative e della loro inidoneità ad essere azionate in executivis” esponendo doglianze che possono essere sintetizzate come segue. Nella sentenza n. 1000/92 passata in giudicato, il Tribunale di Taranto ha accolto la domanda dello OMISSIS per quanto di ragione. Trascurando le altre statuizioni della sentenza che, in accoglimento delle domande proposte in via riconvenzionale dallo OMISSIS, hanno condannato la OMISSIS al pagamento in suo favore delle somme ivi indicate, è indubbio che la sentenza, nella parte relativa all’accoglimento delle opposizioni ai precetti, sia pure per quanto di ragione, aveva ed ha tutt’ora natura dichiarativa con la conseguenza che essa, per quanto statuito ai punti sub 1 e 2, non ha valenza di titolo esecutivo dal momento che non condanna la parte OMISSIS al pagamento di somme in favore della Impresa P., ma afferma solo che questa, in forza dei lodi pronunziati dai Collegi Arbitrali avrebbe dovuto intimare precetti soltanto in forza dei lodi relativi agli appalti denominati Canale A e Canale B e solo per gli importi dalla stessa sentenza indicati. La Corte di Appello di Lecce, avendo rilevato che sia il precetto e sia il pignoramento presso terzi erano stati posti in essere non in forza dei lodi arbitrali che rimanevano (se non prescritta l’actio judicati) gli unici titoli esecutivi regolanti rapporti tra le parti ivi definiti, avrebbe dovuto accogliere l’opposizione e dichiarare che l’esecuzione era nulla, al pari dei relativi atti, perché intrapresa senza titolo esecutivo. La Corte di merito invece ha ritenuto la sentenza n. 1000/92, pur nelle statuizioni dichiarative, titolo esecutivo, così affermando che essa, nonostante la sua natura dichiarativa sul punto, era stata correttamente posta a base della esecuzione intrapresa. Invece avrebbe dovuto accogliere il gravame negando che la OMISSIS potesse azionare la sentenza n. 1000/92 come titolo esecutivo per un suo credito verso lo OMISSIS.
Con il secondo motivo la parte ricorrente denuncia “Art. 360 c.p.c., n. 3.
– Violazione e falsa applicazione della normativa in tema di prescrizione dell’actio judicati e di interruzione della prescrizione ed in ispecie del disposto di cui agli artt. 2946, 2943 e 2945 c.c.” esponendo doglianze che vanno riassunte come segue. E’ pacifico: – che la OMISSIS una volta intervenute le pronunzie dei due lodi arbitrali del 26/4/80, ne ha conseguito la relativa declaratoria di esecutorietà in data 29/4/1980 e che, intervenuta la pronunzia del lodo arbitrale del 26/9/1980, ne ha conseguito la esecutorietà il successivo 27/9/1980;
– che la Impresa OMISSIS in data 31/10/1983 ebbe a notificare allo OMISSIS i tre lodi arbitrali spediti in forma esecutiva e tre atti di precetto, ognuno dei quali in forza del lodo di riferimento;
– che avverso le dette intimazioni lo OMISSIS propose il 10/11/1983 tre distinte opposizioni a precetto nelle quali negò di dovere gli interessi successivi alla pronunzia dei lodi e spiegò domanda riconvenzionale per l’accertamento di suoi crediti verso la intimante e, quindi, la condanna della Impresa OMISSIS a tali pagamenti in suo favore;
– che la Impresa OMISSIS lasciò perimere i precetti intimati, in quanto non diede poi corso ad esecuzione eseguendo pignoramento in forza degli stessi; – che nei dieci anni successivi alla intimazione dei precetti, avvenuta il 31/10/1983, la Impresa OMISSIS non ne reiterò la notifica e né richiese in alcuna delle forme indicate nell’art. 2943 c.c. il pagamento del suo credito ancora insoddisfatto e portato dai tre lodi arbitrali. L’Impresa OMISSIS avrebbe dovuto interrompere il termine prescrizionale decennale della actio judicati entro il 31/10/1993 compiendo uno degli atti dei quali era onerato a tal fine e che l’art. 2943 c.c. tassativamente individua. Sostiene la Corte di Appello di Lecce che, poiché a seguito della opposizione a precetto si instaura un giudizio ordinario in cui l’intimante si costituisce e sostiene la fondatezza del proprio diritto e, dunque, la sua affermazione, il termine di prescrizione rimane interrotto sino alla definizione del giudizio con sentenza passata in giudicato; ma con tale affermazione la Corte di Appello di Lecce non ha dato corretta applicazione né al disposto di cui all’art. 2943 c.c. e art. 2945 c.c., comma 2 e né ancora al disposto dell’art. 2946 c.c. e per di più ha anche disatteso il costante insegnamento sul punto della Suprema Corte (Cass. 25/3/2002 n. 4203). Nel caso di specie il comportamento del creditore fu di semplice resistenza alla domanda della quale richiese il rigetto. Nella fattispecie, dunque, difettava e difetta da parte della OMISSIS il compimento di atto che, dando inizio al giudizio, abbia avuto effetti interruttivi permanenti della prescrizione propri della domanda giudiziale e dell’azione esecutiva e/o cautelare.
Il ricorso non può essere accolto.
Occorre premettere che la parte ricorrente sembra impostare il suo assunto difensivo essenzialmente sulla negazione del diritto della controparte di procedere all’esecuzione in quanto detto diritto era prescritto con riferimento agli originari titoli (i tre lodi suddetti) e non sussisteva con riferimento alla sentenza n. 1000/92 in quanto questa non costituiva titolo esecutivo.
Una volta assodato che questa è la tesi fondamentale contenuta nel ricorso per cassazione, va anzitutto osservato che basta la non accoglibilità delle doglianze concernenti tale prescrizione per togliere ogni valida base al ricorso medesimo, in quanto, stando anche alla tesi medesima il diritto della controparte di procedere all’esecuzione dovrebbe in tal caso ritenersi sussistente non essendo rimasto prescritto (se la parte ricorrente sostiene che il diritto di procedere all’esecuzione non può basarsi sui tre lodi a causa della prescrizione, e solo a causa di questa, implicitamente ammette che in assenza di prescrizione il diritto medesimo dovrebbe considerarsi sussistente; e ciò a prescindere da qualsivoglia considerazione circa la possibilità di considerare titolo esecutivo la sentenza n. 1000/92; è appena il caso di ricordare che ovviamente possono essere esaminate solo le doglianze esposte e nei limiti in cui sono state ritualmente enunciate).
Così delimitato l’ambito del presente giudizio, va anzitutto confermato il principio di diritto secondo cui “Il precetto, non costituendo atto diretto alla instaurazione di un giudizio né del processo esecutivo, interrompe la prescrizione senza effetti permanenti, ed il carattere solo istantaneo dell’efficacia interruttiva sussiste anche nel caso in cui, dopo la sua notificazione, l’intimato abbia proposto opposizione, atteso che l’opposizione ex art. 615 c.p.c. più che atto di impugnazione del precetto è atto con il quale il debitore, minacciato di esecuzione, chiede l’accertamento negativo del credito” (v. la recente sent. Cass. n. 15190 del 19/07/2005; oltre la sopra citata Cass. n. 4203 del 25/03/2002).
Va però rilevato che mentre la mera opposizione dell’intimato (e quindi l’attività processuale solo di detta parte) non può avere affetti ai fini della predetta interruzione, la questione si pone in termini nettamente diversi con riferimento all’eventuale attività processuale del creditore opposto in detto processo di opposizione.
Infatti se costui si costituisce formulando una domanda comunque tendente all’affermazione del proprio diritto di procedere all’esecuzione (ed in tale categoria va compresa certamente anche la mera richiesta di rigetto dell’opposizione) compie una attività processuale rientrante nella fattispecie astratta prevista dal secondo comma dell’art. 2943 c.c. “…E’ pure interrotta dalla domanda proposta nel corso di un giudizio…”.
Ad ulteriore suffragio di quanto ora esposto va in particolare rilevato che nelle fattispecie come quella in questione, in cui il diritto predetto deriva da un provvedimento giurisdizionale, il creditore convenuto nel giudizio di opposizione a precetto non ha altro modo per tutelare il diritto medesimo che chiedere il rigetto dell’opposizione; quindi non può negarsi a detta attività processuale il valore di atto espressivo della volontà di esercitare il diritto di credito con effetti non solo processuali ma anche concernenti l’interruzione della prescrizione.
Di conseguenza va enunciato il seguente principio di diritto: “La mera proposizione di opposizione ex art. 615 c.p.c. da parte dell’intimato dopo la notificazione del precetto non modifica il carattere solo istantaneo dell’efficacia interruttiva di detta notifica; ma se il creditore opposto si costituisce formulando una domanda comunque tendente all’affermazione del proprio diritto di procedere all’esecuzione (ed in tale categoria va compresa certamente anche la mera richiesta di rigetto dell’opposizione) compie una attività processuale rientrante nella fattispecie astratta prevista dal secondo comma dell’art. 2943 c.c.; e quindi, ai sensi dell’art. 2945 c.c., comma 2 la prescrizione non corre fino al momento in cui passa in giudicato la sentenza che definisce il giudizio”.
Sulla base di quanto ora esposto appare incontestabile l’infondatezza in diritto della tesi della parte ricorrente circa l’interruzione della prescrizione.
Tale infondatezza comporta a sua volta l’infondatezza di tutte le doglianze comunque concernenti detta interruzione (negata dall’ OMISSIS) in relazione al sopra citato giudizio di opposizione riassunto innanzi al Tribunale di Taranto.
Ma a questo punto appare altresì incontestabile l’irrilevanza delle doglianze svolte nel primo motivo, in quanto l’impugnata sentenza è comunque destinata a rimanere ferma in base alla ratio decidendi concernente l’affermato (dalla Corte) effetto interruttivo a carattere permanente.
E’ opportuno aggiungere che qualora la parte ricorrente avesse inteso porre concretamente a base del ricorso per cassazione anche la tesi che (pure a prescindere dalle problematiche predette circa la prescrizione; e quindi pure ipotizzando la sussistenza del diritto della controparte di procedere all’esecuzione sulla base dei lodi) comunque l’Impresa edile ” OMISSIS.” irritualmente ha notificato il precetto in questione sulla base della sentenza n. 1000/92 (in quanto erano in ogni caso i lodi arbitrali – se non prescritta l’actio judicati – gli unici titoli esecutivi da porre a base dell’esecuzione) si sarebbe di fronte ad una tesi difensiva inammissibile per le seguenti ragioni.
Affermare che dei titoli esecutivi esistono (nell’ipotesi di mancata prescrizione) e (implicitamente) che quindi sussiste il diritto di procedere all’esecuzione; ma che a base del precetto (e – eventualmente – degli atti successivi) è stato posto un titolo errato (invece di quelli giusti) significa (non negare la sussistenza del diritto di procedere all’esecuzione ma) denunciare semplicemente una irritualità formale del precetto (e/o degli atti successivi). Significa cioè proporre doglianze inquadrabili nell’ambito della fattispecie astratta prevista dall’art. 617 c.p.c. (opposizione agli atti esecutivi). Ma l’ OMISSIS sembra negare di aver mai inteso proporre un siffatto tipo di opposizione. Le eventuali doglianze in questione sarebbero dunque inammissibili in quanto nuove (persino stando a quanto emerge dalle argomentazioni di detta parte opponente); e comunque sarebbero inammissibili in quanto non corredate da adeguato e specifico (ex art. 617 c.p.c.) supporto argomentativo.
Infine (pure a prescindere da quanto ora osservato) va rilevato che dovrebbe in ogni caso essere dichiarata d’ufficio l’inammissibilità dell’opposizione ex art. 617 c.p.c. per mancato rispetto (a quanto sembra emergere dagli atti disponibili) del termine previsto nella norma medesima.
Sulla base di quanto sopra esposto il ricorso va respinto.
Data la peculiarità e parziale novità delle problematiche giuridiche in questione, debbono ritenersi sussistenti giusti motivi per compensare le spese del giudizio di cassazione.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso; compensa le spese del giudizio di cassazione.
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