In tema di spese processuali, quando nel giudizio di opposizione esecutiva si accerti che il creditore esecutante abbia chiesto con il precetto il pagamento di una somma anche di poco eccedente quella dovuta, con conseguente accoglimento “in parte qua” della opposizione, è illegittima la condanna dell’opponente alla rifusione delle spese di lite, perché le spese della parte vittoriosa possono essere compensate, ma non addebitate alla stessa, neppure parzialmente.
Questo il principio di diritto affermato dalla Corte di Cassazione, III sez. civ., Pres. Vivaldi – Rel. Rossetti, con l’ordinanza n. 20374 dell’11 ottobre 2016.
La Suprema Corte, in questo giudizio fra una società e un avvocato, ha chiarito che, essendo un’opposizione esecutiva, essendo soggetta alle regole di cui agli artt. 91-92 c.p.c. per gli ordinari giudizi di cognizione, qualora alla fine del giudizio emerga che il creditore esecutante aveva chiesto col precetto il pagamento di una somma eccedente quella dovuta, è erronea la statuizione secondo cui l’opponente venga condannato a rifondere all’opposto una parte delle spese di lite. Ciò in quanto, risultando l’opposto parte vittoriosa, le spese da esso sostenute potevano eventualmente essere compensate, ma non esserle addossate nemmeno in parte.
Pertanto, in tema di definizione delle spese processuali, è stato affermato che le spese di lite vanno dunque poste a carico del soccombente che, con il comportamento tenuto fuori del processo, ovvero con il darvi inizio o resistervi in forma e con argomenti non rispondenti a diritto, abbia dato causa al processo o al suo protrarsi (Sez. 3, Sentenza n. 5061 del 05/03/2007; Sez. 3, Sentenza n. 15395 del 28/06/2010). Il considerevole iato quantitativo tra petitum e decisum costituisce un giusto motivo per la compensazione integrale tra le parti delle spese dei due gradi di merito (ex multis Ordinanza n. 21684 del 23/09/2013; Ordinanza n. 22381 del 21/10/2009).
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