Testo massima
Il Tribunale di Reggio Emilia, in persona del dottor Gianluigi Morlini, con sentenza n.618 del 03/04/2013, ha sancito il principio secondo il quale la tardività delle domande, eccezioni, allegazioni e richieste, deve essere rilevata d’ufficio dal giudice pur in assenza di una esplicita eccezione sollevata dalla controparte.
Nel caso di specie, parte attrice aveva ritualmente citato in giudizio la convenuta società ospedaliera presso cui era stata sottoposta ad un intervento chirurgico chiedendone la condanna al risarcimento del danno patrimoniale patito nella fase post operatoria e la convenuta, costituitasi in giudizio, chiedeva ed otteneva la chiamata in causa del medico autore dell’intervento chirurgico, asserendo che “la causa fosse a lui comune“.
Ebbene, il giudice di merito, rilevata la tardività della domanda attorea in quanto solo in sede di precisazione delle conclusioni l’attore aveva chiesto la condanna, oltre che della convenuta, anche del medico autore dell’intervento, dichiarava inammissibile la domanda sul presupposto che la tardività della domanda sia pacificamente rilevabile d’ufficio atteso che il regime di preclusioni introdotto nel rito civile ordinario debba ritenersi inteso non solo nell’interesse di parte, ma anche nell’interesse pubblico all’ordinato e celere andamento del processo.
Il giudice ha poi opinato che la domanda attorea non potesse considerarsi automaticamente estesa al medico, autore dell’intervento, chiamato in causa dal convenuto.
Ed infatti l’automatica estensione al terzo della domanda attorea si ha allorquando il convenuto chiami in causa il terzo al fine di ottenere la propria liberazione e l’individuazione del chiamato quale unico e diretto responsabile, sicché la chiamata assolve il compito di supplire al difetto di citazione in giudizio da parte dell’attore del soggetto indicato dal convenuto come obbligato in sua vece, mentre, nel caso di specie, il convenuto ha evocato in giudizio il terzo semplicemente adducendo che la causa fosse “a lui comune” e dunque non al fine di ottenere la propria liberazione.
In conclusione, il principio dell’estensione automatica della domanda dell’attore al chiamato in causa da parte del convenuto trova applicazione solo quando il terzo s’individui come unico obbligato nei confronti dell’attore invece dello stesso convenuto, realizzandosi in tal caso un ampliamento della controversia in senso soggettivo (divenendo il chiamato parte del giudizio in posizione alternativa con il convenuto) ed oggettivo (inserendosi l’obbligazione del terzo dedotta dal convenuto verso l’attore in alternativa rispetto a quella individuata dall’attore), ferma restando, tuttavia, in ragione di detta duplice alternatività, l’unicità del complessivo rapporto controverso; il suddetto principio, invece, non opera allorquando il chiamante faccia valere nei confronti del chiamato un rapporto diverso da quello dedotto dall’attore come causa petendi.
Testo del provvedimento
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI REGGIO EMILIA
Il Giudice, dott. Gianluigi MORLINI, in funzione di Giudice monocratico, ha pronunciato la seguente
S E N T E N Z A EX ART. 281 SEXIES C.P.C.
ATTORE: TIZIA
Conclusioni: Foglio allegato a verbale del 17/11/2011
CONVENUTO: CASA DI CURA PRIVATA MEVIA SRL
Conclusioni: Comparsa di costituzione
TERZO CHIAMATO: CAIO
Conclusioni: Memoria ex art.183 comma 5 cpc
TERZO CHIAMATO: ALFA ASSICURAZIONI
Conclusioni: Comparsa di costituzione
TERZO CHIAMATO: BETA ASSICURAZIONI
Conclusioni: Comparsa di costituzione
TERZO CHIAMATO: GAMMA ASSICURAZIONI
Conclusioni: Comparsa di costituzione
TERZO CHIAMATO: DELTA ASSICURAZIONI
Conclusioni: Comparsa di
costituzione
Sulla base di tale narrativa, evoca in giudizio la CASA DI CURA PRIVATA MEVIA SRL per ottenerne la condanna al risarcimento del danno non patrimoniale, espressamente indicato in una lesione biologica del 10%, in una invalidità temporanea assoluta di tre mesi, in una invalidità temporanea parziale di tre mesi, in un danno estetico ed in un danno alla vita di relazione (cfr. pag. 6 citazione), per un totale di 200.000.
Costituendosi in giudizio, resiste la CASA DI CURA PRIVATA MEVIA SRL, chiedendo il rigetto della domanda; chiedendo ed ottenendo la chiamata in causa del medico autore dell’intervento chirurgico, CAIO, sul presupposto che “la causa è a lui comune”, ma senza svolgere domanda nei suoi confronti (cfr. pag. 4 comparsa di risposta); altresì chiedendo ed ottenendo la chiamata in causa della propria assicurazione, ALFA ASSICURAZIONI, al fine di essere manlevata in denegata ipotesi di condanna.
Ritualmente evocato in giudizio, si costituisce anche il dottor CAIO, evidenziando che nessuna domanda di garanzia, manleva o regresso, è stata spiegata nei suoi confronti.
Si costituisce anche ALFA ASSICURAZIONI, deducendo l’insussistenza della responsabilità medica e comunque la prescrizione quinquennale del diritto; in ogni caso, osservando poi che la polizza assicurativa stipulata dalla casa di cura è stata ripartita per quote anche con altre assicurazioni, e che pertanto, in denegata ipotesi di condanna, atteso che nel rapporto di coassicurazione l’art.1911 cc esclude il vincolo di solidarietà, ALFA ASSICURAZIONI sarebbe tenuta a manlevare la Casa di Cura nella misura prevista del solo 40%, con franchigia del 10% e con il minimo contrattuale di lire 5 milioni.
A seguito delle difese di ALFA ASSICURAZIONI, l’attore domanda ed ottiene l’autorizzazione alla chiamata in giudizio delle coassicurazioni BETA, GAMMA e DELTA, le quali si costituiscono ritualmente in giudizio resistendo alle domande attoree, in particolare eccependo in rito la tardività della chiamata, nel merito l’assenza di responsabilità o comunque la responsabilità solo parziale e pro quota ex art.1911 cc.
La causa è istruita con i testi e l’interpello richiesti dall’attrice, nonché con una CTU medico-legale affidata al dottor SEMPRONIO.
a) Va innanzitutto evidenziato che solo in sede di precisazione delle conclusioni (cfr. foglio allegato a verbale d’udienza del 17/11/2011), la difesa attorea ha chiesto la condanna, oltre che della Casa di Cura, anche del dott CAIO, mentre detta richiesta, invece, non è mai stata formulata prima dello scadere delle preclusioni assertive di cui all’art.183 comma 5 ratione temporis vigente.
Deriva, in tutta evidenza, la tardività di tale domanda, e quindi la sua inammissibilità, correttamente eccepita da controparte (cfr. verbale d’udienza sempre del 17/11/2011, ove si dichiara di ‘non accettare il contraddittorio’) e comunque pacificamente rilevabile d’ufficio, atteso che il regime di preclusioni introdotto nel rito civile ordinario deve ritenersi inteso non solo nell’interesse di parte, ma anche nell’interesse pubblico all’ordinato e celere andamento del processo, con la conseguenza che la tardività delle domande, eccezioni, allegazioni e richieste, deve essere rilevata d’ufficio dal giudice indipendentemente dall’atteggiamento processuale della controparte al riguardo e dall’eventuale accettazione del contraddittorio (Cass. n.25598/2011, Cass. n.16541/2011, Cass. n.10063/2011, Cass. n.14625/2010, Cass. n.24442/2009, Cass. n.20859/2009, Cass. n.7270/2008, Cass. n.11305/2007, Cass. n.11298/2007, Cass. n.6639/2007, Cass. n.4901/2007, Cass. n.26691/2006, Cass. n.25242/2006, Cass. n.24606/2006, Cass. n.20953/2006, Cass. n.17152/2006, Cass. n.19453/2005, Cass. n.11318/2005, Cass. n.23127/2004, Cass. n.5539/2004, Cass. n.16921/2003, Cass. n.378/2002, Cass. n.4376/2000).
Né può opinarsi che la domanda attorea possa considerarsi automaticamente estesa al dottor CAIO in quanto chiamato in causa da parte del convenuto.
Infatti, l’automatica estensione al terzo della domanda attorea, si ha allorquando il convenuto chiami in causa il terzo al fine di ottenere la propria liberazione e l’individuazione del chiamato quale unico e diretto responsabile, sicché la chiamata assolve il compito di supplire al difetto di citazione in giudizio da parte dell’attore del soggetto indicato dal convenuto come obbligato in sua vece (Cass. n.20610/2011, Cass. n.12317/2011, Cass. n.5057/2010, Cass. n.25559/2008, Cass. n.17954/2008, Cass. n.6883/2008, Cass. n.13374/2007, Cass. n.13165/2007, Cass. n.13131/2006, Cass. n.1522/2006, Cass. n.254/2006, Cass. n.1748/2005, Cass. n.15563/2004, Cass. n.3643/2004, Cass. n.14060/2003, Cass. n.7273/2003, Cass. n.5164/2003, Cass. n.4740/2003, Cass. n.4145/2003, Cass. n.1294/2003, Cass. n.11371/2002, Cass. n.11366/2002, Cass. n.6771/2002, Cass. n.6026/2001, Cass. n.2471/2000), mentre nel caso di specie il convenuto ha evocato in giudizio il terzo semplicemente deducendo che la causa è “a lui comune” (pag. 4 comparsa di risposta), e quindi non al fine di ottenere la propria liberazione e l’individuazione del chiamato quale unico e diretto responsabile.
Resta confermata, quindi, l’inammissibilità della domanda di condanna del terzo formulata dall’attore per la prima volta in sede di precisazione di conclusioni, trattandosi di domanda tardiva e di domanda che non può essere qualificata come automaticamente estesa al terzo al momento della sua chiamata.
Discende che unico destinatario delle pretese di pagamento dell’attore è il convenuto CASA DI CURA PRIVATA MEVIA SRL.
b) Venendo al merito di tale domanda, la causa può essere decisa sulla base della CTU, svolta con motivazione convincente e pienamente condivisibile, neppure contestata dalle parti, dalla quale il Giudicante non ha motivo di discostarsi in quanto frutto di un iter logico ineccepibile e privo di vizi, condotto in modo accurato ed in continua aderenza ai documenti agli atti ed allo stato di fatto analizzato.
Ha sul punto spiegato il CTU che, dopo l’intervento chirurgico effettuato presso CASA DI CURA PRIVATA MEVIA SRL, vi è stata una “carenza nella tempestività della diagnosi e terapia della mobilizzazione protesica, presente sin dal 1999 ma trattata solo nel non 2003” (pag. 15 perizia), atteso che l’attrice “attese fino a 2003 per procedere alla revisione chirurgica, espianto ed impianto protesico, che già dal 1999 doveva ritenersi opportuna e non concretamente evitabile” (pag. 14 perizia).
Ciò detto, occorre verificare se tale ritardo sia addebitabile a parte convenuta; ed a tale quesito, ritiene il Giudice debba darsi risposta positiva.
Infatti, risulta per tabulas che l’attrice, dopo l’operazione del 1997, è stata visitata a pagamento presso CASA DI CURA PRIVATA MEVIA SRL dal dottor CAIO almeno per cinque controlli post operatori (cfr. pag. 8 e 13 perizia), ed almeno in uno di essi, il 18/9/2000, successivamente ai radiogrammi del 24/5/99 ed 11/9/2000 che rendevano necessaria ed inevitabile la nuova operazione, poi effettuata solo nel 2003 (cfr. pag. 8 e 13 perizia).
Tanto premesso, era onere della CASA DI CURA PRIVATA MEVIA SRL provare di avere correttamente adempiuto alla propria obbligazione tramite il tempestivo suggerimento a TIZIA di sottoporsi al nuovo intervento chirurgico.
Infatti, secondo la giurisprudenza da anni consolidata, il rapporto che si instaura tra paziente e casa di cura ha natura contrattuale, e la responsabilità contrattuale della casa di cura nei confronti del paziente può conseguire, ai sensi dell’art.1218 cc,. all’inadempimento delle obbligazioni direttamente a suo carico, nonché, in virtù dell’art.1228 cc., all’inadempimento della prestazione medico-professionale svolta direttamente dal sanitario, quale suo ausiliario necessario pur in assenza di un rapporto di lavoro subordinato, comunque sussistendo un collegamento tra la prestazione da costui effettuata e la sua organizzazione aziendale, non rilevando in contrario al riguardo la circostanza che il sanitario risulti essere anche ‘di fiducia’ dello stesso paziente, o comunque dal medesimo scelto (Cass. n.24742/2008, Cass. n.13953/2007, Cass. n.23918/2006, Cass. n.1698/2006, Cass. n.571/2005, Cass. n.13066/2004).
Detto della responsabilità contrattuale della CASA DI CURA PRIVATA MEVIA SRL anche per l’attività del medico, l’applicazione del principio posto in termini generali da Cass. Sez. Un. n.13533/2001 in tema di responsabilità contrattuale alla responsabilità medica, porta a ritenere che il paziente deve provare l’esistenza del contratto e l’aggravamento della situazione patologica, restando a carico dell’ente ospedaliero la prova che la prestazione professionale è stata eseguita in modo diligente e che gli esiti peggiorativi sono stati determinati da un evento imprevisto e imprevedibile (Cass. Sez. Un. n.577-581/2008; conforme la successiva Cass. n.10743/2009).
Ciò, nel caso di specie, non è avvenuto, atteso che parte convenuta non ha provato, ed in realtà nemmeno dedotto o quantomeno offerto di provare, di avere diligentemente adempiuto la propria obbligazione tramite la segnalazione, quantomeno a partire dalla vista del 18/9/2000, della necessità di un immediato intervento chirurgico.
Consegue la sussistenza della dedotta responsabilità medica per ritardo diagnostico e l’inadempimento di parte convenuta alle obbligazioni assunte nei confronti dell’attrice.
b1) In ragione di quanto sopra, può muoversi ora allo scrutinio circa la sussistenza di un danno riconducibile all’inadempimento di parte convenuta, nonché alla quantificazione di tale danno.
Sul punto e nuovamente riportandosi alla CTU, va evidenziato che il sopra riportato ritardo diagnostico ha reso necessario, nel 2003, “un intervento molto più invasivo ed indaginoso di quanto sarebbe stato altrimenti necessario” (pag. 14 perizia) laddove “la diagnosi di mobilizzazione e il relativo consiglio di revisione fosse stata più tempestiva” (pag. 15 perizia), ciò che ha “comportato altresì esiti invalidanti permanenti più gravi di quelli che sarebbero verosimilmente altrimenti residuati” (pag. 15 perizia).
Non è quindi revocabile in dubbio che, a seguito dell’errore medico integrato dal ritardo diagnostico e terapeutico di cui trattasi, parte attrice ha subìto un danno, che può essere ragionevolmente quantificato nel 10% di danno biologico, nonché in una invalidità temporanea parziale al 33% per un periodo di tre anni (cfr. pag. 15 perizia).
Ciò detto, va evidenziato che, prima dello spirare delle preclusioni assertive di cui all’articolo 183 comma 5 cpc ratione temporis vigente, l’attrice ha richiesto il risarcimento relativamente ad un danno biologico del 10%, ad una invalidità temporanea assoluta di tre mesi, ad una invalidità temporanea parziale di tre mesi, ad un danno estetico ed un danno alla vita di relazione (cfr. pag. 6 citazione), e quindi è solo con esclusivo riferimento a tali domande che le pretese attoree possono essere scrutinate.
Tanto premesso, deve ritenersi fondata la domanda di risarcimento di un danno biologico del 10%, essendo detto danno esattamente quello indicato come sussistente dal CTU; deve essere accordato il risarcimento danno da invalidità temporanea parziale nella misura del 33% ritenuta sussistente dal CTU, ma solo per un periodo di 60 giorni, poiché tale periodo di invalidità è quello dedotto dalla difesa attorea, e non già per il maggior periodo di tre anni indicato dal CTU, a pena di violazione del principio della corrispondenza tra il richiesto ed il pronunciato ex art.112 cpc, deve infine essere rigettata la richiesta di ulteriore risarcimento del danno estetico ed alla vita di relazione, in quanto, secondo la giurisprudenza pacificamente formatasi a partire da Corte Cost. n.184/1986, trattasi di mere voci del già liquidato danno biologico.
Pertanto, sulla base dei parametri liquidatori cd. del Tribunale di Milano aggiornati all’attualità – che qui si intendono applicare in quanto condivisibili ed adeguati, e comunque ritenuti dalla stessa Suprema Corte il metro della corretta liquidazione del danno non patrimoniale (in questi termini Cass. n.12408/2011, nella sostanza confermata e ribadita dalle successive Cass. n.14402/2011, Cass. n.17789/2011, Cass. n.2228/2012, Cass. n.12464/2012, Cass. n.19376/2012, Cass. n.134/2013) – tenuto conto di un’età di 73 anni al momento dell’errore medico nel 1999, spetta a parte attrice un complessivo risarcimento per danno non patrimoniale, già comprensivo delle sofferenze biologiche, morali ed esistenziali, di 21.027 (ed in particolare, 18.827 per danno biologico permanente del 10%; sulla base teorica di euro 110 giornaliere per ITT, somma ricompresa tra quella minima di 91 e massima di 136, 2.200 per 60 giorni di ITP al 33%).
Su tale somma capitale, che integra all’evidenza un debito di valore in quanto posta risarcitoria, così come da domanda ed in base ai principi generali, vanno riconosciuti, secondo la pacifica giurisprudenza, rivalutazione ed interessi sulla somma stessa via via rivalutata, dalla data del fatto, id est il 1999, al saldo.
Tuttavia, essendo la somma capitale già calcolata all’attualità ed in ragione della difficoltà di procedere alla devalutazione, in piena aderenza all’insegnamento dalla Suprema Corte, gli interessi possono essere calcolati sulla somma integralmente rivalutata, ma da un momento intermedio tra il fatto e la sentenza, id est il 1/1/2006.
c) Detto della condanna, nei termini di cui supra, di parte convenuta, deve ora muoversi all’esame delle posizioni dei terzi chiamati e delle relative domande di manleva proposte nei loro confronti.
Sul punto, va innanzitutto evidenziato che, così come correttamente evidenziato dalla difesa del convenuto dottor CAIO sin da pagina 6 della propria comparsa di risposta, nessuna domanda di manleva, garanzia o regresso, è stata proposta dalla convenuta nei confronti del medico, essendosi la difesa della CASA DI CURA PRIVATA MEVIA SRL singolarmente limitata a ritenere la causa “a lui comune”, ma non avendo nei suoi confronti spiegato alcuna domanda (cfr. comparsa di risposta e citazione del terzo), atteso che l’unica domanda di manleva formulata è quella nei confronti delle assicurazioni (cfr. nuovamente citazione del terzo).
Pertanto, nonostante l’istruttoria abbia comprovato la sua responsabilità medica per ritardo diagnostico, nessuna statuizione di condanna può essere effettuata nei confronti del dottor CAIO, atteso che, in ragione di quanto sopra, l’attrice ha solo tardivamente proposto domanda di condanna verso di lui, e la convenuta non ha mai svolto nei suoi confronti domanda di regresso.
d) Resta da esaminare le posizioni delle assicurazioni, con riferimento alla domanda di manleva proposta dalla CASA DI CURA PRIVATA MEVIA SRL.
In proposito, va innanzitutto evidenziato che la difesa di parte convenuta, in sede di precisazione delle conclusioni, si è riportata solamente alla propria comparsa di risposta.
Ciò comporta che l’unica domanda di manleva che deve essere analizzata è quella formulata, per l’appunto in comparsa di risposta, nei confronti della ALFA ASSICURAZIONI non potendosi statuire sulle ulteriori domande inizialmente proposte nei confronti delle presunte coassicurazioni, in quanto formulate nell’atto di citazione del terzo le cui conclusioni non sono state richiamate in sede di udienza di precisazione.
Quanto sopra, all’evidenza, consente di ritenere assorbite le difese di merito svolte da BETA, GAMMA, DELTA, che hanno resistito in rito e nel merito, per il dirimente rilievo che, come detto, nessuna conclusione risulta verso di loro proposta.
e) Ribadito che l’unica domanda di manleva conclusivamente proposta è allora quella verso ALFA ASSICURAZIONI, la domanda stessa è solo parzialmente fondata.
In proposito, va innanzitutto disattesa l’eccezione di prescrizione sollevata dalla ALFA ASSICURAZIONI sin dalla comparsa di risposta e reiterata in tutti i successivi atti, relativa alla pretesa prescrizione del diritto risarcitorio azionato da parte attrice, per il decorso di cinque anni previsto in tema di responsabilità extracontrattuale.
Sul punto, basta osservare che, diversamente da quanto opinato dalla difesa della terza chiamata e così come invece chiarito dalla giurisprudenza da anni pacifica sul punto e più sopra citata, la responsabilità medica rientra nell’alveo della responsabilità contrattuale, e pertanto la prescrizione è decennale e non già quinquennale.
L’eccezione di prescrizione, quindi, è manifestamente infondata, riferendosi i fatti per cui è processo al periodo 1997-1999 ed essendo la causa stata promossa nel 2005.
Nel merito della domanda di garanzia, si evidenzia che, sulla base della polizza prodotta agli atti, ALFA ASSICURAZIONI assicura solo il 40% del danno, e pertanto, in ragione dell’articolo 1911 cc, essa è tenuta a rispondere nei confronti dell’assicurato solo per tale quota, con detrazione di una franchigia contrattuale pari al 10% delle somme dovute e con un minimo di lire 5 milioni (cfr. all.2 fascicolo di parte convenuta).
Discende che, solo in tali limiti è accoglibile la domanda di garanzia formulata da parte convenuta verso ALFA ASSICURAZIONI, che dovrà quindi essere condannata a rifondere alla CASA DI CURA PRIVATA MEVIA SRL il 40% di quanto pagato a TIZIA, in dipendenza della presente sentenza, per somma capitale, interessi, rivalutazione spese di lite, con una franchigia pari al 10% e con un minimo di lire 5 milioni di lire, pari ora ad 2.582,29.
f) Circa le spese di lite, occorre distinguere tra i vari rapporti processuali.
Nei rapporti tra attore e convenuta, non vi sono motivi per derogare ai principi generali codificati dall’art.91 cpc, e pertanto le spese, liquidate come da dispositivo in assenza di nota e con riferimento al D.M. n.140/2012, in ragione della previsione di retroattività posta dal suo articolo 41 ed atteso che l’attività degli avvocati si è esaurita dopo la caducazione delle tariffe il 23/7/2012 (cfr. Cass. Sez. Un. nn.17405-6/2012, Cass. n.18920/2012), sono poste a carico della soccombente parte convenuta ed a favore della vittoriosa parte attrice, tenendo a mente il valore medio per ciascuna delle quattro fasi di studio, di introduzione, istruttoria e decisoria, con riferimento peraltro al decisum e non già al disputatum.
Allo stesso modo, anche nei rapporti tra convenuta e terza chiamata ALFA ASSICURAZIONI, non vi sono motivi per derogare ai principi generali codificati dall’art.91 cpc, e pertanto le spese sono poste a carico della soccombente terza chiamata ed a favore della vittoriosa parte convenuta, sempre tenendo a mente il valore medio delle quattro fasi, con riferimento al decisum e non già al disputatum.
Possono invece essere compensate le spese di lite del dottor CAIO, rinvenendosi i giusti motivi di cui all’articolo 92 comma 2 cpc ratione temporis vigente, nel fatto che le domande nei suoi confronti sono state rigettate solo per motivi procedurali, mentre risulta dalla CTU che l’errore medico che ha dato origine alla presente causa sia a lui addebitabile.
Parimenti da compensare sono le spese di lite delle tre coassicurazioni evocate in giudizio, cioè BETA, GAMMA e DELTA, rinvenendosi i giusti motivi di cui all’articolo 92 comma 2 cpc ratione temporis vigente, sia nel fatto che la domanda nei loro confronti è stata rigettata per motivi procedurali; sia altresì nel fatto che l’attività difensiva si è svolta con un’unica comparsa di risposta, redatta dallo stesso difensore che ha curato la difesa di ALFA.
Le spese di CTU, già liquidate in corso di causa, possono essere definitivamente poste a carico di ALFA ASSICURAZIONI, sostanzialmente e conclusivamente soccombente nella presente controversia.
Si dà atto che il presente fascicolo è per la prima volta pervenuto a questo Giudice, trasferito al Tribunale di Reggio Emilia il 11/4/2012, all’udienza del 21/3/2013, ed in tale udienza è stato deciso con sentenza contestuale ex art.281 sexies cpc
PQM
il Tribunale di Reggio Emilia in composizione monocratica
definitivamente pronunciando, nel contraddittorio tra le parti, ogni diversa istanza disattesa
– dichiara inammissibile la domanda di condanna formulata da TIZIA verso CAIO;
– condanna CASA DI CURA PRIVATA MEVIA SRL a pagare a TIZIA 21.027, oltre interessi legali dal 1/7/2006 al saldo;
– condanna ALFA ASSICURAZIONI a rifondere alla CASA DI CURA PRIVATA il 40% di quanto pagato a TIZIA in dipendenza della presente sentenza per somma capitale, interessi, rivalutazione e spese di lite, con una franchigia del 10% ed una misura minima di tale franchigia in 2.582,29;
– condanna CASA DI CURA PRIVATA MEVIA SRL a rifondere a TIZIA le spese di lite del presente giudizio, che liquida in 550 per rimborsi, 2.500 per compensi, oltre IVA e CPA come per legge;
– condanna ALFA ASSICURAZIONI a rifondere alla CASA DI CURA PRIVATA MEVIA SRL le spese di lite del presente giudizio, che liquida in 50 per rimborsi, 2.500 per compensi, oltre IVA e CPA come per legge;
– compensa le spese di lite di CAIO, BETA ASSICURAZIONI, GAMMA ASSICURAZIONI e DELTA ASSICURAZIONI;
– pone le spese di CTU, già liquidate in corso di causa, definitivamente a carico di ALFA ASSICURAZIONI.
Reggio Emilia, 3/4/2013
Il Giudice
dott. Gianluigi MORLINI
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