Nei contratti per i quali è richiesta la forma scritta “ad substantiam” (come nel caso del preliminare di vendita immobiliare), la volontà comune delle parti deve rivestire tale forma soltanto nella parte riguardante gli elementi essenziali (consenso, “res”, “pretium”), che devono risultare dall’atto stesso e non possono ricavarsi “aliunde”. Ne consegue che, qualora in un contratto preliminare di vendita immobiliare sia previsto un termine per la stipula del definitivo, la modifica di detto elemento accidentale e la rinuncia della parte ad avvalersene non richiedono la forma scritta, non concernendo tale accordo direttamente il diritto immobiliare, né incidendo su alcuno degli elementi essenziali del contratto.
Nell’ambito di un contratto di compravendita di immobile, qualora l’accordo preliminare indichi un termine per la successiva conclusione del contratto definitivo ed il relativo termine decorra inutilmente, la circostanza che il promittente venditore accetti un ulteriore acconto dal promissario compratore successivamente alla scadenza del termine implica, implicitamente e tacitamente, la concessione di una proroga del termine.
Questi i principi espressi dalla Corte di Cassazione, II Sez. Civ., Pres. Di Virgilio – Rel. Dongiacomo, con l’ordinanza n. 8765 del 30 marzo 2021.
IL CASO
La questione affrontata dalla Corte di Cassazione nell’ordinanza n. 8765 del 2021 si riferisce ad una compravendita immobiliare in cui i proprietari di un immobile stipulano con un promissario acquirente un contratto preliminare di vendita di un compendio immobiliare fissando in esso un termine per la stipula del definitivo. Il promissario acquirente corrisponde, in più occasioni, delle somme di danaro ai promittenti venditori. Decorso il termine previsto nel preliminare per la stipula del contratto definitivo senza che si sia conseguito il rogito notarile, immediatamente dopo i promittenti venditori diffidano il promissario acquirente nel procedere alla conclusione del contratto definitivo e contestualmente a versare il saldo del prezzo. Tale diffida, per un difetto di spedizione, non raggiunge i destinatari i quali, ignari del contenuto e in buona fede, pochi giorno dopo corrispondono un ulteriore parte del prezzo pattuito per l’acquisto del compendio immobiliare, importo che viene accettato dai venditori senza sollevare alcuna eccezione.
Nonostante questo ulteriore e successivo pagamento, i promittenti venditori, nel considerare definitivamente decorso il termine per la conclusione del definitivo, vendono poche settimane dopo l’immobile a terzi.
Il promissario acquirente è ricorso al Tribunale, sostenendo che nel caso di specie era intervenuta una proroga tacita del termine per la conclusione del contratto definitivo e che, pertanto, i soggetti inadempienti erano i promittenti venditori che – ignorando il contratto preliminare – avevano venduto il compendio immobiliare a un terzo.
LE DETERMINAZIONI DELLA SUPREMA CORTE
La Corte di Cassazione, nel dirimere la controversia, ha ritenuto che le parti abbiano derogato tacitamente al termine previsto per la conclusione del contratto definitivo. La Suprema Corte, pur riconoscendo, ex artt. 1350 e 1351 c.c., che per le compravendite immobiliari è prevista le forma scritta (sia per il preliminare che per il definitivo) a pena d’invalidità del contratto, segnala che la forma scritta riguarda gli elementi essenziali del contratto – ossia il consenso, l’oggetto e il prezzo dell’operazione – non gli elementi accessori del contratto, come il termine per il definitivo e, conseguentemente, il termine ben potrebbe essere prorogato anche verbalmente.
CONSIDERAZIONI SULLE DETERMINAZIONI DELLA SUPREMA CORTE
Le compravendite immobiliari sono tipicamente operazioni a formazione progressiva: antecedentemente viene stipulato un cosiddetto “preliminare di preliminare”, che rappresenta una proposta di acquisto formulata dal promissario acquirente che viene accettata dal promittente venditore. Successivamente si procede alla stipula di un contratto preliminare vero e proprio, eventualmente trascritto ai sensi dell’art. 2645-bis c.c., ed infine si giunge al rogito notarile, con il quale viene trasferita la proprietà dell’immobile.
Alla firma del preliminare è prassi che il promissario acquirente corrisponda una caparra o un acconto; in questa occasione, altresì, si fissa solitamente un termine per il definitivo.
Può capitare, tuttavia, che le parti non giungano mai al contratto definitivo e, quindi, comprendere di chi sia la responsabilità di tale inadempienza. L’accertamento della responsabilità è imprescindibile per determinare la sorte delle somme di denaro pagate dal promissario acquirente.
Nel caso in esame, i promittenti venditori eccepiscono al promissario acquirente il mancato rispetto del termine per conseguire la stipula del definitivo, circostanza fattuale, rileva la Corte, certamente vera, come è vero, d’altra parte, ritenere che il mancato rispetto del termine non poteva comportare conseguenze avendo le parti pattuito una proroga dello stesso. Detta proroga, invero, non è stata formalizzata per iscritto dalle parti, ma ciò – sostiene la Cassazione – non è indispensabile, in quanto si tratta di un elemento accessorio del contratto.
L’art. 1351 c.c. impone che il contratto preliminare deve rivestire la stessa forma del contratto definitivo; tuttavia non è necessario che il preliminare contenga tutti gli elementi del definitivo, anzi si conclude un contratto preliminare proprio in quanto non si conoscono ancora tutti gli elementi che andranno a confluire nel contratto definitivo. La stessa Corte di Cassazione nella sentenza n. 11297 del 10/05/2018, ha precisato che, ai fini della validità del contratto preliminare, non è indispensabile la completa e dettagliata indicazione di tutti gli elementi del futuro contratto, risultando sufficiente l’accordo delle parti su quelli essenziali.
Un elemento che, in quanto non essenziale, potrebbe essere assente nel contratto preliminare è il termine per il contratto definitivo, il quale, potendo mancare, può essere inserzionato in un momento successivo rispetto al preliminare senza rispettare la forma scritta. Oppure, come avvenuto nel caso in commento, il termine originario può essere prorogato anche tacitamente.
Già in una precedente statuizione la Corte di Cassazione (25 giugno 2005, n. 1370) aveva stabilito che, poiché la forma scritta ad substantiam prevista dall’art. 1350 c.c. riguarda soltanto i requisiti essenziali del contratto e non gli altri elementi, come quelli che regolano la sua esecuzione (ad esempio il termine per l’adempimento), è valido l’accordo verbale con cui le parti differiscano il termine pattuito nel contratto preliminare per la stipulazione di quello definitivo.
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