ISSN 2385-1376
Testo massima
La Corte di Cassazione con sentenza n.13943 del 03/08/2012, ha precisato che l’art.2704 cc non contiene un’elencazione tassativa dei fatti in base ai quali la data di una scrittura privata non autenticata deve ritenersi certa rispetto ai terzi, lasciando al giudice di merito la valutazione, caso per caso, della sussistenza di un fatto idoneo (che può essere provato per testi o per presunzioni), secondo l’allegazione della parte, a dimostrare la data certa.
Tuttavia, precisa la Corte, in mancanza di una delle situazioni tipiche di certezza contemplate dalla prima parte della norma, la giurisprudenza di legittimità richiede, rigorosamente, che si deduca e dimostri un fatto idoneo a stabilire in modo ugualmente certo l’anteriorità della formazione del documento, detta dimostrazione potrà avvalersi anche di prove per testimoni o presunzioni, purché tali prove evidenzino un fatto idoneo a stabilire in modo certo (alla stregua delle situazioni tipiche di certezza elencate nell’art.2704 cc) l’anteriorità della formazione del documento.
Ad avviso della Corte, dunque, è necessaria una prova rigorosa dell’anteriorità del documento (contratto preliminare di vendita) per escludere la concomitanza temporale tra l’atto dispositivo (contratto definitivo di compravendita) e l’appropriazione indebita che si contesta.
La detta dimostrazione può avvalersi anche di prove per testimoni o presunzioni, ma a condizione che esse evidenzino un fatto munito di tale attitudine e non anche quando tali prove siano rivolte, in via indiziaria ed induttiva, a provocare un giudizio di mera verosimiglianza della data apposta sul documento
Testo del provvedimento
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 21259-2006 proposto da:
R.T.S.;
RICORRENTE
contro
BANCA;
CONTRORICORRENTE
e contro
B.S., BR.GA., R.T. C.;
INTIMATI
avverso la sentenza n. 132/2006 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 30/01/2006, R.G.N. 2705/2002;
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. La BANCA proponeva azione revocatoria ordinaria nei confronti della vendita della quota (pari alla metà, di un immobile con aree di pertinenza, adibito a civile abitazione dei contraenti) posta in essere (con atto del 27 maggio 1997, trascritto il successivo 29) dai coniugi B.S. e R.T.C. ai coniugi R.T.S. e Br.Ga., rispettivamente fratello e cognata del B., per il corrispettivo di 90 milioni di lire.
La Banca vantava un credito nascente dall’appropriazione indebita da parte del proprio dipendente, B., di somme versate dai correntisti.
Sosteneva che gli stretti rapporti di parentela/affinità e la contiguità della dimora tra le parti, la concomitanza temporale tra l’atto di disposizione e i fatti di appropriazione di cui il B. si era reso responsabile, l’entità esigua del corrispettivo, integravano gli elementi richiesti per l’azione revocatoria.
I venditori e gli acquirenti convenuti obiettavano, con argomentazioni sostanzialmente coincidenti, che:
– l’intero immobile era stato acquistato nel 1986 da solo B., con un mutuo agevolato condizionato al presupposto della non alienazione; sin dall’inizio i coniugi R. avevano abitato parte dell’immobile, corrispondente a quella poi acquistata, provvedendo alla ristrutturazione e versando semestralmente ai B., per il mutuo, 2 milioni e mezzo di lire;
– nel 1992 avevano sottoscritto un preliminare di vendita su un modello predisposto da notaio, in coincidenza con la ristrutturazione effettuata l’anno precedente;
– si erano attivati per la sottoscrizione del definitivo appena avevano saputo dell’appropriazione indebita del B., per via delle possibili azione esecutive sul suo patrimonio, versando 50 milioni di lire a titolo di caparra confirmatoria ed estinguendo il mutuo presso la Banca.
Il Tribunale rigettava la domanda. Riteneva non revocabile il contratto, in quanto concluso in esecuzione del preliminare di vendita sottoscritto dalle parti in data 29 agosto 1992, valutando esistenti elementi di prova idonei a rendere certa la data ivi apposta.
In accoglimento dell’impugnazione proposta dalla BANCA, la Corte di appello di Milano dichiarava l’inefficacia dell’atto di compravendita (sentenza del 30 gennaio 2006).
2. Avverso la suddetta sentenza, R.T.S., acquirente, propone ricorso per cassazione con due motivi.
Resiste con controricorso la Banca, che deposita memoria.
L’altra acquirente e i venditori, ritualmente intimati, non svolgono difese.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. La Corte di merito ha fondato il ribaltamento della decisione del primo giudice sulle argomentazioni essenziali che seguono.
In primo luogo, ha escluso che le circostanze considerate dal primo giudice fossero idonee a provare che la scrittura contenente il preliminare di vendita fosse stata redatta e sottoscritta il 29 agosto 1992 e non, invece, in altra data, proprio nell’ottica di sottrarre il bene alla garanzia dei creditori.
Esclusa la data certa, indispensabile ex art.2704 cc per rendere l’atto opponibile alla Banca e per annoverare l’atto definitivo di compravendita, oggetto di revoca, tra gli atti dovuti ai sensi dell’art.2901 cc, comma 3, ha ritenuto evidente l’infondatezza della linea difensiva dei venditori e acquirenti. In particolare, ha messo in evidenza la mancanza di contestazioni in ordine ai presupposti per la revocabilità dell’atto.
In definitiva, la concomitanza temporale tra l’atto di disposizione e i gravi fatti di appropriazione indebita del B., ammessi dallo stesso, gli stretti rapporti di parentela/affinità tra le parti contraenti, secondo la Corte di merito, rendono certa la conoscenza in capo al debitore del pregiudizio che l’atto arrecava alle ragioni del creditore e la consapevolezza di tale pregiudizio da parte degli acquirenti, informati per loro stessa ammissione.
2. Con due motivi di ricorso, strettamente connessi, si deduce violazione e falsa applicazione dell’art.2704 cc in riferimento all’art.2901 cc, comma 3, nonchè motivazione apparente e illogica in ordine alla mancanza di data certa del preliminare di vendita.
Secondo il ricorrente, la Corte di merito sarebbe incorsa in vizi motivazionali nella valutazione delle prove acquisite, relative alla data certa del preliminare, peraltro senza considerare che la scrittura veniva invocata come semplice fatto storico, con conseguente libertà di prova con ogni mezzo. Quindi, non ritenendo opponibile alla Banca/terza il preliminare, sarebbe incorsa in violazione e falsa applicazione di legge, non riconoscendo il carattere dovuto al contratto di vendita definitivo, ai sensi dell’art.2901 cc, comma 3.
3. Nell’ambito del primo motivo, si eccepisce la tardività dell’eccezione della Banca, relativa alla mancanza di data certa del preliminare – qualificata come eccezione in senso stretto – sostenendo che la stessa è stata proposta solo con la comparsa conclusionale.
3.1. Il suddetto profilo, logicamente preliminare, è inammissibile per una duplice ragione.
Da un lato, la censura non si traduce nella indicazione delle norme processuali violate. Dall’altro, manca di specificità, atteso che il ricorrente non riproduce in ricorso, nè indica gli atti processuali sui quali la stessa si fonda. Per contro, la Banca controricorrente deduce in memoria di aver sollevato l’eccezione con memoria autorizzata ex art.183 cpc.
4. La questione all’attenzione della Corte è se il contratto preliminare sia opponibile alla Banca terza ex art.2704 cc, logicamente antecedente alla diversa questione attinente all’applicabilità dell’art.2901 cc, comma 3, nel caso di contratto preliminare di vendita avente data certa.
4.1. Poichè nella specie è incontestata la mancanza di data certa, ai sensi di tutte le condizioni espressamente previste dall’art.2704 cc, rilevano solo i principi affermati dalla giurisprudenza della Corte relativamente a “un altro fatto che stabilisca in modo egualmente certo l’anteriorità della formazione del documento”.
E’ vero che, secondo la giurisprudenza consolidata, l’art.2704 cc non contiene una elencazione tassativa dei fatti in base ai quali la data di una scrittura privata non autenticata deve ritenersi certa rispetto ai terzi, e lascia al giudice di merito la valutazione, caso per caso, della sussistenza di un fatto, diverso dalla registrazione, idoneo, secondo l’allegazione della parte, a dimostrare la data certa; fatto che può essere oggetto di prova per testi o per presunzioni (da ultimo Cass. 22 ottobre 2009, n. 22430).
Tuttavia, in mancanza di una delle situazioni tipiche di certezza contemplate dalla prima parte della citata norma, la giurisprudenza di questa Corte richiede, rigorosamente, che si deduca e dimostri un fatto idoneo a stabilire in modo ugualmente certo l’anteriorità della formazione del documento.
Pertanto, la suddetta dimostrazione può avvalersi anche di prove per testimoni o presunzioni, ma a condizione che esse evidenzino un fatto munito di tale attitudine, non anche quando tali prove siano rivolte, in via indiziaria ed induttiva, a provocare un giudizio di mera verosimiglianza della data apposta sul documento (Cass. 22 novembre 2007, n.24329; Cass. 11 ottobre 1985, n.4945).
Nè rileva quella giurisprudenza, invocata dal ricorrente, secondo la quale l’art.2704 cit. non opera nel caso in cui la scrittura sia invocata come semplice fatto storico, del quale è consentita la prova con ogni mezzo.
Nella specie, infatti, la scrittura rileva perché si vogliono conseguire gli effetti obbligatori propri dell’atto (preliminare di vendita), che, secondo (a prospettiva invocata, farebbero diventare atto dovuto l’atto di compravendita impugnato con la revocatoria.
4.2. I motivi di ricorso non hanno pregio.
La corte di merito ha fatto rigorosa applicazione dei suddetti principi, con motivazione immune da vizi logici e, in esito alla valutazione ad essa spettante, ha ritenuto le risultanze istruttorie acquisite non idonee a provare, in modo ugualmente certo, che la scrittura contenente il preliminare sia stata redatta e sottoscritta il 29 agosto 1992.
In particolare, ha rilevato la mancanza di riscontro probatorio per alcune deduzioni difensive, quale l’occupazione dell’immobile da parte degli acquirenti sin dall’epoca del suo acquisto da parte dei venditori; peraltro, ha messo in evidenza la non univocità della abitazione dell’immobile, astrattamente riconducibile ad altri titoli, e non solo al dedotto originario accordo, finalizzato all’acquisto comune del bene. Ha ritenuto, pure, non univoca la documentazione volta a provare le opere di ristrutturazione, essendo la stessa anche riferibile all’attività lavorativa svolta dal R.; mettendo, peraltro, in evidenza che anche tali lavori potrebbero essere astrattamente riferibili alla detenzione ad altro titolo.
Ancora, non univoca è stata ritenuta l’utilizzazione per il preliminare di un modello fornito dal notaio, non potendosi escludere che l’originaria intenzione di stipulare non avesse avuto seguito proprio in quel momento risultante dall’atto.
Pure inidonea è stata valutata la prova del pagamento della quota residua del mutuo gravante sull’immobile, avvenuta dopo il definitivo e chiesta dalla Banca per effetto della estinzione dei benefici previsti per il dipendente, stante la parziale alienazione.
Inidonea, infine, anche la mancata contestazione della BANCA in ordine al pagamento delle rate del mutuo da parte di soggetti diversi del contraente, stante la previsione dell’art.1180 cc, che consente il rifiuto dell’adempimento del terzo solo in presenza di una espressa opposizione dell’obbligato; nonchè la mancata contestazione della veste di comproprietari nel pagamento, atteso che le rate furono pagate dopo l’acquisto.
5. In conclusione, il ricorso deve rigettarsi. Le spese seguono la soccombenza in favore della Banca controricorrente.
Non avendo gli altri intimati svolto attività difensiva, non sussistono le condizioni per la pronuncia in ordine alle spese processuali.
PQM
La Corte di Cassazione rigetta il ricorso e condanna R.T.S. al pagamento, in favore della BANCA, delle spese processuali del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 4.200,00, di cui Euro 200,00 per spese, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge.
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Numero Protocolo Interno : 27/2012