Testo massima
Considerato che il contratto preliminare di una compravendita deve necessariamente rivestire la forma scritta ad substantiam ai sensi dell’art. 1351 cc, in mancanza di un atto scritto contenente una vera e propria accettazione, la mera ricezione di una somma consegnata a titolo di caparra non pare sufficiente a determinare la stipulazione del contratto preliminare ma solo a dimostrare l’avvenuta percezione della somma medesima.
L’intesa su alcuni punti del contratto non esaurisce la fase delle trattative, perché al fine di perfezionare il vincolo contrattuale è necessario che tra le parti sia raggiunta l’intesa sugli elementi costitutivi sia principali sia secondari dell’accordo. Ai fini della stipulazione di un contratto di compravendita immobiliare anche se solo preliminare – è dunque indispensabile l’esatta individuazione del suo oggetto.
In mancanza di un contratto concluso ed in ragione della conseguente inesistenza di un vincolo obbligatorio, i doveri di correttezza, buona fede e diligenza che il venditore deve osservare nel corso delle trattative debbono ritenersi estesi anche agli obblighi collaterali di protezione, informazione e collaborazione nei confronti dell’acquirente con particolare riferimento alle caratteristiche del bene oggetto della compravendita, dovendo essere garantita la corretta formazione della volontà contrattuale.
Sono questi i principi sapientemente illustrati dal Tribunale di Perugia chiamato a pronunciarsi su di una complessa controversia avente ad oggetto la mancata stipulazione di un contratto preliminare di compravendita immobiliare.
Il caso ha visto il proprietario di un immobile (parte venditrice) citare in giudizio avanti al Giudice di Pace di Perugia la convenuta (parte proponente) per ivi vederla condannata al risarcimento dei danni derivanti dalla condotta illegittima da quest’ultima tenuta nel corso dello svolgimento delle trattative svolte nell’ambito di una operazione di compravendita immobiliare. La parte venditrice si doleva infatti che la proponente aveva presentato una offerta per l’acquisto di un immobile accompagnata da un assegno consegnato in garanzia a titolo di caparra, ma successivamente aveva sollevato una serie di contestazioni in merito all’operazione. La convenuta aveva eccepito che l’immobile era in leasing e non in proprietà, era gravata da debiti condominiali mai rappresentati ed aveva una differente destinazione urbanistica. Nonostante i chiarimenti forniti dal venditore, la parte proponente aveva pertanto manifestato la propria volontà di chiudere la trattativa, Il proprietario concludeva pertanto chiedendo il riconoscimento del diritto al risarcimento dei danni patiti nonché il diritto a trattenere la somma consegnata a titolo di caparra. La convenuta si difendeva eccependo che, durante le trattative, la parte venditrice le aveva comunicato che l’unità immobiliare aveva destinazione d’uso “direzionale” solo dopo aver accettato la proposta di acquisto relativa all’immobile “ad uso negozio”. Solamente in detta occasione, il venditore aveva altresì informato la controparte della necessità di subentrare in un contratto di leasing, al fine di definire l’acquisto dell’immobile. La parte proponente contestava altresì che il venditore l’aveva dapprima invitata a stipulare il contratto e successivamente le aveva inviato la bozza di un contratto preliminare non concordato che la convenuta aveva tuttavia rifiutato. La proponente eccepiva inoltre che nella bozza del preliminare l’immobile aveva nuovamente destinazione “commerciale”, mentre erano frattanto emersi anche rilevanti debiti condominiali mai dichiarati, donde aveva dichiarato chiusa la trattativa. La convenuta non solo evidenziava che la condotta tenuta dal venditore era stata caratterizzata da malafede precontrattuale con riferimento alla violazione del dovere di informazione (mancata comunicazione dei debiti condominiali e dei problemi di infiltrazione d’acqua all’interno dell’immobile), ma contestava altresì il diritto vantato da controparte a trattenere la caparra e a richiedere il risarcimento dei danni. La parte proponente chiedeva infine in via riconvenzionale e previa rimessione della causa al Tribunale per competenza per valore il trasferimento coattivo dell’immobile previa riduzione del prezzo in ragione dei costi da sostenere per il cambiamento della destinazione d’uso e la mancanza delle qualità promesse dell’unità immobiliare oltre al risarcimento dei danni. La causa veniva riassunta avanti al Tribunale di Perugia dalla proponente, la quale chiese la condanna del venditore al risarcimento dei danni ed all’esecuzione in forma specifica del contratto preliminare ad un prezzo comunque inferiore rispetto a quello originariamente concordato. Il venditore si costituiva in giudizio e si difendeva, chiedendo da un lato il rigetto delle pretese avanzate da controparte e dall’altro la cancellazione della trascrizione della domanda giudiziale formulata dalla parte proponente.
Nell’esaminare la complessa vicenda sopra descritta, il Tribunale di Perugia si è innanzitutto – concentrato sul quesito riguardante la domanda riconvenzionale di esecuzione in forma specifica del contratto preliminare di vendita formulata dalla proponente.
Alla luce degli elementi di fatto e di diritto accertati, il Giudice ha tuttavia escluso che le parti avessero effettivamente stipulato un preliminare di vendita.
Testo del provvedimento
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