Non può ottenersi la pronuncia di esecuzione in forma specifica dell’obbligo di concludere un contratto, qualora le parti del preliminare di vendita di cosa futura (es. due appartamenti in costruzione ancora non completati) abbiano espressamente subordinato la stipula del definitivo alla avvenuta edificazione degli immobili oggetto dello stesso.
Ciò anche perché l’art. 19, comma 14, del D.L. 31 maggio 2010, n° 78, come modificato in sede di conversione della legge 30 luglio 2010 n° 122, ha aggiunto all’art. 29 della legge 27 febbraio 1985, n° 52, il seguente comma 1 bis: “Gli atti pubblici e le scritture private autenticate tra vivi aventi ad oggetto il trasferimento, la costituzione o lo scioglimento di comunione di diritti reali su fabbricati già esistenti, ad esclusione dei diritti reali di garanzia, devono contenere, per le unità immobiliari urbane, a pena di nullità, oltre all’identificazione catastale, il riferimento alle planimetrie depositate in catasto e la dichiarazione, resa in atti dagli intestatari, della conformità allo stato di fatto dei dati catastali e delle planimetrie, sulla base delle disposizioni vigenti in materia catastale. La predetta dichiarazione può essere sostituita da un’attestazione di conformità rilasciata da un tecnico abilitato alla presentazione degli atti di aggiornamento catastale. Prima della stipula dei predetti atti il notaio individua gli intestatari catastali e verifica la loro conformità con le risultanze dei registri immobiliari”.
Questi sono i due importanti principi espressi dal Tribunale di Roma, dott. Antonio Perinelli, nella sentenza del 10/11/2016 n° 20979.
Il caso aveva riguardato la domanda di esecuzione in forma specifica dell’obbligo di concludere un contratto ex art. 2932 CC relativamente a due immobili in costruzione ma non completati, come accertato da una CTU, espletata in corso di causa, che aveva potuto riscontrare come detti fabbricati erano rimasti a rustico senza finiture, pavimenti, intonaci, tinteggiature, scala interna di collegamento, infissi interni ecc.
Peraltro, nei contratti preliminari era stato espressamente convenuto che il trasferimento dei beni stessi dovesse avvenire a completamento dei fabbricati.
Alla luce, dunque, della volontà contrattuale espressa e della condizione (a rustico) degli immobili oggetto dei compromessi, il Tribunale capitolino ha potuto inquadrare la fattispecie scrutinata nel contratto preliminare di vendita di cosa futura che, come chiarito dalla giurisprudenza della Cassazione, ha come contenuto la stipulazione di un successivo contratto definitivo costituendo, pertanto, un negozio in formazione produttivo, dal momento in cui si perfeziona, di semplici effetti obbligatori preliminari, distinguendosi dal contratto di vendita di cosa futura che si perfeziona ab initio ed attribuisce il “ius ad habendam rem” nel momento in cui la cosa venga ad esistenza (v. ex multis Cass. 01/12/2010 n° 24396; Cass. 22/10/2010 n° 21739; Cass. 01/03/2007 n° 4088).
In altro senso, il contratto preliminare di cosa futura produce, fin dal momento in cui si perfeziona, l’effetto obbligatario che gli è proprio vincolando le parti alla stipulazione del definitivo, che assorbe completamente il precedente e determina il trasferimento della proprietà del bene promesso.
L’effetto traslativo si perfeziona, dunque, con un nuovo e diverso contratto ed in ciò la figura si distingue dal contratto di vendita di cosa futura che costituisce una vendita di per sé perfetta, sia pur ad effetti obbligatori e non reali, risiedendo l’unica particolarità nel differimento dell’effetto traslativo, essendo attribuito lo ius ad habendam rem nel momento in cui la cosa venga ad esistenza (così Cass. 27/05/1992 n° 6383). A differenza del preliminare, infatti, la vendita di cosa futura non integra gli estremi del contratto in formazione ma, pur comportando il passaggio della proprietà della cosa all’acquirente simultaneamente e per effetto della semplice manifestazione del consenso, configura una ipotesi di vendita obbligatoria perfetto sin dall’origine (Cass. 28/11/1987 n° 8863) e di per sé sufficiente (ex art. 1472 co. 1 CC) a produrre automaticamente l’effetto traslativo della proprietà nel momento in cui la cosa verrà ad esistenza senza che occorra un successivo atto di trasferimento (v. Cass. 10/08/2006 n° 18129).
È bene ricordare che, una volta inquadrato il contratto (come ha fatto il Tribunale) tra quelli appartenenti al catalogo dei contratti preliminari di vendita di cosa futura, occorre ricordare che tali tipi di negozi non sono suscettibili di esecuzione specifica ex art. 2932 CC, in quanto la esistenza della cosa costituisce un presupposto dell’azione (viene citata Cass. 29/03/2006 n° 7252 ma uguale conclusione si rinviene in Cass. 20/07/1979 n° 4338).
Ma il Tribunale si è spinto oltre, per giustificare la pronuncia di rigetto della domanda, richiamando la disposizione dell’art. 19 co. 14 del DL 31/05/2010 n° 78 e successive modifiche ed integrazioni (il cui testo normativo è stato sopra riportato) alla stregua della quale non poteva ugualmente adottarsi sentenza di trasferimento difettando nei preliminari soprattutto la indispensabile esatta individuazione dell’immobile con l’indicazione dei confini e dei dati catastali e dovendo la sentenza corrispondere esattamente al contenuto del contratto pena, in difetto, l’inapplicabilità dell’art. 2932 CC (v. Cass. 16/01/2013 n° 952 in un caso in cui era stata respinta la domanda di esecuzione specifica dell’obbligo di concludere un contratto preliminare avente ad oggetto un lotto di terreno del quale era ricavabile la sola superficie complessiva, genericamente descritta come parte di un mappale ma non la sagoma e l’esatta collocazione dell’area, assumendosi, perciò, la carenza dei parametri di determinabilità del bene promesso in vendita). In senso conforme v. Cass. 07/08/2002 n 11874.
Sul tema della nullità in subiecta materia vedasi anche Cass. 11/04/2014 n° 8611, secondo cui “la dichiarazione richiesta dall’art. 19, comma 14, del DL 31/05/2010 n° 78, conv. in legge 30/07/2010 n° 122, riguarda la conformità allo stato di fatto non della sola planimetria dell’immobile, ma anche dei dati catastali, questi ultimi costituendo gli elementi oggettivi di riscontro delle caratteristiche patrimoniali del bene, rilevanti ai fini fiscali; l’omissione determina la nullità assoluta dell’atto, perché la norma ha una finalità pubblicistica di contrasto all’evasione fiscale”.
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