La notifica ad una società di persone di un atto interruttivo della prescrizione concernente il debito sociale relativo ad un verbale di accertamento di debito contributivo, che è debito anche dei soci, interrompe, ai sensi dell’art. 1310 c.c., la prescrizione anche nei confronti di questi ultimi.
La notifica di un atto interruttivo della prescrizione nei confronti del singolo socio è inidonea a produrre effetti nei confronti della società, non potendo, di norma, ricollegarsi alcun effetto interruttivo ad una richiesta di pagamento inoltrata ad un soggetto diverso dal debitore, salvo il caso in cui costui sia rappresentante o comunque, benché privo del potere rappresentativo, abbia agito in tale qualità, qualora risulti applicabile il principio dell’apparenza.
Cass. civ. Sez. lavoro Ordinanza, 17 luglio 2017, n. 17640
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MAMMONE Giovanni – Presidente –
Dott. CALAFIORE Daniela – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso omissis/2011 proposto da:
EREDI
– ricorrenti –
contro
I.N.P.S.
– controricorrente –
avverso la sentenza n. omissis/2010 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 15/02/2011 R.G.N. omissis/2007.
Svolgimento del processo
Che l’INPS con cartella esattoriale chiedeva a DE CUIUS quale socio accomandatario unitamente a TIZIO della SOCIETA’ SAS, il pagamento dei contributi relativi al rapporto di lavoro della moglie CAIA, socia accomandante, iscritta di ufficio alla gestione commercianti in quanto occupata in modo continuativo nell’azienda;
che, accolta l’opposizione del DE CUIUS e proposto appello dall’INPS, la Corte d’appello di Bologna con sentenza del 15.02.11 accoglieva l’impugnazione ritenendo provato che CAIA lavorasse abitualmente nell’azienda ed era moglie del socio accomandatario, come tale ricompresa nella categoria dei “familiari” che ricoprono il ruolo di coadiutori;
che propongono ricorso per cassazione EREDI, quali aventi causa di DE CUIUS nelle more deceduto, con quattro motivi;
che l’INPS resiste con controricorso;
che il P.G. non ha depositato richieste che sono state depositate memorie dai ricorrenti.
Motivi della decisione
Che con il primo motivo si lamenta la violazione dell’art. 434 c.p.c., in ragione del rigetto dell’eccezione di inammissibilità dell’appello per carenza di motivi specifici di impugnazione; che con il secondo si deduce la violazione di varie disposizioni delle leggi L. n. 613 del 1966, L. n. 1397 del 1960, L. n. 45 del 1986, L. n. 662 del 1996, in quanto CAIA, accomandante e coniuge dell’accomandatario, non partecipava al lavoro aziendale con carattere di prevalenza, dovendosi intendere la prevalenza con riferimento al rapporto fra il lavoro dell’imprenditore ed il lavoro dei salariati;
che con il terzo motivo si deduce la violazione dell’art. 2697 c.c., in quanto sarebbe stato onere dell’INPS dare la prova al riguardo; che con il quarto motivo si denuncia che era stato omesso l’esame dell’eccezione di prescrizione dei contributi.;
che ritiene il Collegio si debba accogliere in parte qua il ricorso;
che, questa Corte ha recentemente deciso, con sentenza n. 7336/2017, il ricorso proposto dall’altro socio accomandatario TIZIO relativo alla posizione della coniuge del medesimo ed a tale decisione va data continuità;
che il primo motivo è infondato posto che come risulta dal tenore dello stesso ricorso per cassazione, l’INPS ha preso atto che il primo giudice aveva definito “abituale” la prestazione della coniuge dell’odierno ricorrente e ha focalizzato la propria censura nei confronti del decisum sulla circostanza che, avendo la L. n. 662 del 1996, superato il concetto di piccola impresa commerciale di cui alla L. n. 613 del 1966, l’iscrizione del familiare coadiutore era dovuta a prescindere dal numero dei dipendenti;
che poichè l’onere di specificità dei motivi di appello deve ritenersi assolto quando, anche in assenza di una formalistica enunciazione, le argomentazioni contrapposte dall’appellante a quelle esposte nella decisione gravata siano tali da inficiarne il fondamento logico giuridico (cfr. da ult. Cass. n. 18307 del 2015), non pare dubbio che codesta censura, appuntandosi sull’irrilevanza del presupposto/normativo di fatto sulla cui scorta il primo giudice aveva motivato la propria decisione, sia tale da privare quest’ultima per l’appunto del proprio fondamento;
che parimenti infondato è il secondo motivo: questa Corte, infatti, ha già avuto modo di chiarire che la L. n. 613 del 1966, art. 2 (a norma del quale “si considerano familiari coadiutori il coniuge, i figli legittimi o legittimati ed i nipoti in linea diretta, gli ascendenti, i fratelli e le sorelle, che partecipano al lavoro aziendale con carattere di abitualità e prevalenza, semprechè per tale attività non siano soggetti all’assicurazione generale obbligatoria in qualità di lavoratori dipendenti o di apprendisti“), va interpretato nel senso che l’obbligo di iscrizione per il familiare coadiutore sussiste allorchè la sua prestazione lavorativa sia abituale, in quanto svolta con continuità e stabilmente e non in via straordinaria od eccezionale (ancorchè non sia necessaria la presenza quotidiana e ininterrotta sul luogo di lavoro, essendo sufficiente escluderne l’occasionalità, la transitorietà o la saltuarietà) e prevalente, in quanto resa, sotto il profilo temporale, per un tempo maggiore rispetto ad altre occupazioni del lavoratore (così Cass. n. 9873 del 2014), restando conseguentemente esclusa ogni valutazione concernente la prevalenza del suo apporto rispetto agli altri occupati nell’azienda, siano essi lavoratori autonomi o dipendenti;
che il terzo motivo è infondato giacchè la Corte d’appello di Bologna non ha posto a carico dell’opponente l’onere probatorio ma ha ritenuto sufficientemente ancorata ai dati di fatto, comunque acquisiti agli atti, la consistenza e la natura dell’attività svolta dalla S. all’interno dell’organizzazione aziendale;
che è invece fondato il quarto motivo in quanto va dato atto che la Corte di merito nulla ha detto circa l’eccezione di prescrizione dei contributi;
che, in tal senso, va pure ricordato che il precetto di cui alla L. n. 613 del 1966, art. 10, che pone a carico del titolare dell’impresa commerciale l’obbligo del pagamento dei contributi dovuti per i familiari coadiutori (salvo rivalsa), si giustifica in funzione del rilievo che si può essere familiare coadiutore di uno o più soci iscritti, ma non certo di una società, e che pertanto responsabile del pagamento dei contributi per il coadiutore familiare può essere soltanto il socio iscritto negli elenchi (così Cass. nn. 27824 del 2009 e 21970 del 2010);
che segue da quanto sopra che la Corte di merito, prima di rigettare l’opposizione proposta dall’odierno ricorrente avverso le cartelle esattoriali, avrebbe dovuto valutare se la notifica del verbale di accertamento (compiuta – come anzidetto – nei confronti di “SOCIETA’ SAS.” c/o DE CUIUS E TIZIO personalmente: cfr. pag. 23 del ricorso per cassazione e ivi il rinvio al luogo del fascicolo processuale in cui tali documenti sono reperibili) fosse idonea a interrompere la prescrizione nei suoi confronti, giacchè, mentre è vero in generale che la notifica alla società di persone di un atto interruttivo concernente un debito sociale interrompe ex art. 1310 c.c., la prescrizione nei confronti dei soci, il debito sociale essendo per definizione debito anche dei soci (v. da ult. Cass. n. 16712 del 2016), non è vera la reciproca, non potendo di norma ricollegarsi alcun effetto interruttivo ad una richiesta di pagamento inoltrata ad un soggetto diverso dal debitore, salvo il caso che costui sia rappresentante o comunque, benchè privo del potere rappresentativo, abbia agito in tale qualità, qualora risulti applicabile il principio dell’apparenza (Cass. nn. 12617 del 2003, 25984 del 2011, 5208 del 2015); che pertanto, in accoglimento del quarto motivo, la sentenza va cassata e la causa rinviata per il doveroso esame dell’eccezione di prescrizione alla Corte d’appello di Bologna, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il quarto motivo, rigettati gli altri, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Bologna in diversa composizione che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 29 marzo 2017.
Depositato in Cancelleria il 17 luglio 2017
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