Procedimento patrocinato da DE SIMONE LAW FIRM
Quando il processo esecutivo sia dichiarato estinto o, più correttamente, improseguibile per il verificarsi di una causa non tipizzata dal legislatore, l’effetto interruttivo della prescrizione del diritto di credito si protrae, di regola, fino all’emanazione del provvedimento con il quale il giudice dell’esecuzione accerta la sussistenza di un evento ostativo alla sua fisiologica definizione.
Questo è il principio espresso dalla Corte di Appello di Salerno, Pres. De Filippis – Rel. Brancaccio, con la sentenza n. 806 del 06.06.2019.
La vicenda ha riguardato un soggetto che spiegava, ex art. 615 c.p.c., opposizione al precetto, notificatogli quale terzo acquirente di bene ipotecato da una banca in virtù di un contratto di mutuo fondiario.
L’opponente eccepiva l’intervenuta prescrizione del credito azionato, atteso che l’ultimo atto interruttivo risaliva alla data di notifica del pignoramento con il quale era stato incardinato il procedimento espropriativo immobiliare dichiarato estinto con ordinanza non impugnata.
Nel costituirsi in giudizio, la Banca eccepiva, in via pregiudiziale, l’inammissibilità del ricorso per carenza di legittimazione attiva in quanto l’opponente, non essendo debitore, non poteva far valere la prescrizione del credito precettato; nel merito, in ogni caso, l’infondatezza dell’opposizione;
Il Tribunale di Salerno, ritenuta la causa di natura strettamente documentale, la decideva rigettando l’opposizione e compensando integralmente tra le parti le spese processuali.
Avverso la suddetta sentenza la parte soccombente proponeva appello fondato su tre motivi:
1) la decisione di primo grado si fondava sull’erroneo presupposto che l’ordinanza estintiva del procedimento espropriativo immobiliare fosse da considerarsi atipica, atteso che tale provvedimento, contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale di Salerno, non era stato emanato a causa dell’infruttuoso esperimento delle vendite giudiziali bensì in conseguenza della colpevole inerzia del creditore pignorante;
2) l’istituto di credito non aveva impugnato l’ordinanza dichiarativa dell’estinzione del processo esecutivo, con la conseguenza che, essendo la stessa divenuta definitiva, non era invocabile l’effetto interruttivo permanente della prescrizione previsto dall’art. 2945, comma 2, c.p.c.;
3) in ogni caso, l’effetto interruttivo permanente della prescrizione del diritto di credito non operava neanche nelle ipotesi di chiusura atipica del processo esecutivo.
La banca, costituitasi nel giudizio di secondo grado, eccepiva, in via pregiudiziale, l’inammissibilità dell’appello ai sensi dell’art. 348 bis, comma 1, c.p.c. e, nel merito, la sua infondatezza.
Il Collegio, nell’affrontare il thema decidendum, ha rappresentato che l’emanazione dell’ordinanza di estinzione del procedimento esecutivo immobiliare non è derivata dalla colpevole inerzia dei creditore pignorante, ma da un evento al medesimo obiettivamente non ascrivibile, ossia, la mancata collocazione sul mercato del bene nonostante l’esperimento di diversi tentativi di vendita.
In conseguenza di ciò, non essendo configurabile una sua inattività qualificata, a norma dell’art. 630, comma 1, c.p.c., l’espropriazione forzata è stata definita anticipatamente per il verificarsi di una causa non tipizzata dal codice di rito.
Il giudice di appello, dunque, ha evidenziato che il pignoramento, quale atto di inizio del processo di espropriazione forzata, ex art. 491 c.p.c., interrompe la prescrizione del diritto accertato nel titolo azionato, a differenza di quella già prodottasi ai momento della notificazione del precetto, con effetti permanenti destinati a protrarsi sino al momento in cui l’iter esecutivo giunge ad uno stadio che può considerarsi l’equipollente di ciò che l’art. 2945, comma 2, cod. civ. individua, per il processo di cognizione, nel passaggio in giudicato della sentenza con la quale il giudizio viene definito.
Pertanto, quando il processo esecutivo sia dichiarato estinto o, più correttamente, improseguibile per il verificarsi di una causa non tipizzata dal legislatore, l’effetto interruttivo della prescrizione del diritto di credito si protrae, di regola, fino all’emanazione del provvedimento con il quale il giudice dell’esecuzione accerta la sussistenza di un evento ostativo alla sua fisiologica definizione.
In tal senso, nel caso di specie, con la declaratoria di improseguibilità del procedimento esecutivo, per la banca cominciava a decorrere un nuovo termine decennale di prescrizione.
La Corte adita, alla luce delle suesposte argomentazioni, ha rigettato il gravame, condannando l’appellante alla refusione delle spese di lite in favore della banca appellata.
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