Nel corso degli ultimi anni si è discusso molto in dottrina di quanto sentenziato nella giurisprudenza di merito e di legittimità in tema di prescrizione nei rapporti di conto corrente.
Ciò nonostante, da un punto di vista tecnico-operativo, rimangono numerosi i dubbi su più aspetti.
Tra questi, a parere di chi scrive, manca una corretta trattazione della prescrizione sui conti tecnici.
Caposaldo giurisprudenziale, fungendo da linea guida sia per i legali che per i consulenti tecnici, è la Sentenza della Cassazione S.U. 2 dicembre 2010 n. 24418, la c.d sentenza “Rordhof” estensore di tale decisione.
Gli Ermellini con tale provvedimento hanno introdotto significativi principi relativamente a ripetizione e prescrizione degli indebiti pagamenti.
La Cassazione, pur riconoscendo formalmente l’unicità del rapporto di conto, non disconosce completamente l’autonomia delle singole operazioni di prelievo e versamento.
Operando un distinguo fra conto corrente e apertura di credito, circoscrive, tuttavia, solo ed esclusivamente a quest’ultima il rinvio del termine di prescrizione del pagamento degli interessi all’estinzione del saldo di chiusura.
Da una attenta e integrale lettura della decisione, infatti, si ha la conferma di come la Suprema Corte argomenti unicamente il caso dell’apertura di credito (fido di cassa) ed in alcun modo i castelletti di sconto (fidi autoliquidanti: anticipi fatture, sbf, etc).
Chiarito il perimetro di analisi della sopracitata sentenza, si ritiene opportuno rendere noti i contenuti della sentenza del Tribunale di Chieti del 19 gennaio 2016 del Giudice Dott. Turco che, al contrario, approfondisce in maniera chiara ed esaustiva la prescrizione anche sui conti tecnici.
Nella causa sopra richiamata l’oggetto di richiesta di ripetizione di indebito da parte del correntista sono un rapporto di conto corrente con apertura di credito e un rapporto di c/c anticipi che confluisce le proprie competenze sul precedente.
In merito l’organo giudicante si è espresso nel seguente modo:
Occorre prima di tutto inquadrare l’operazione economica posta in essere dalle parti mediante il c.d. “conto anticipi”.
Con tale strumento l’istituto di credito, dopo avere provveduto agli adempimenti connessi alla notifica e alla cessione, detrae normalmente dal totale delle fatture cedute uno scarto prudenziale, compreso solitamente tra il 20% e il 30%, ed anticipa, pertanto, un importo compreso tra l’80% e il 70% del credito ceduto. L’importo netto del finanziamento viene accreditato, normalmente con valuta in giornata, dalla banca sul c/c di corrispondenza dell’impresa cedente e, al contempo, viene addebitato in uno speciale «conto anticipi su fatture», collegato con l’apertura di credito, sul quale maturano a favore della banca gli interessi relativi all’anticipazione avuta. Questi ultimi, però, vengono poi addebitati direttamente nel c/c di corrispondenza dell’impresa cedente. Alla scadenza, la banca, se incassa l’importo delle fatture, accredita sul c/c di corrispondenza la differenza tra quanto riscosso e quanto anticipato al correntista, mentre sul conto anticipi addebiterà tale differenza ed accrediterà l’importo totale della fattura azzerando, in tal guisa, lo stesso conto anticipi. Se il debitore ceduto, alla scadenza, non provvede al pagamento delle fatture, la banca invita il cliente a pareggiare l’anticipo mediante un versamento diretto sul conto anticipi o un giroconto dal c/c di corrispondenza. Il tasso d’interesse del conto anticipi fatture è normalmente inferiore a quello applicato nei c/c di corrispondenza non garantiti. Ciò in considerazione del fatto che l’anticipo fatture è un’operazione autoliquidabile con garanzia atipica rappresentata dalla cessione di credito.
Da tale ricostruzione emerge con chiarezza che l’anticipazione su fatture, realizzata nella prassi bancaria solitamente mediante la movimentazione di due diversi conti correnti di corrispondenza, costituisce nella sostanza un unico apporto senza soluzione di continuità. Del resto la tecnica bancaria prevede che lo tesso tipo di procedura (denominata «applicazione di tasso differenziato in c/c») possa essere eseguita su un unico c/c di corrispondenza invero innegabile come tra «conti anticipi» e «conto corrente di corrispondenza» ricorra quantomeno un collegamento negoziale in forza del quale gli interessi ed il capitale (a debito o a credito) rivenienti dai primi si riversano nel secondo. Può quindi sostenersi che unica è l’operazione economica di finanziamento ed unico è il rapporto creditizio ancora in essere, con tutte le conseguenze che ne derivano anche in tema di prescrizione. Tuttavia il conto anticipi non deve essere considerato come un finanziamento.
Se la banca infatti concede una linea di credito per anticipazione su fatture, fissando il c.d. castelletto di sconto, il termine di prescrizione per l’azione di ripetizione di addebiti nulli decorre dalla data del pagamento, ergo dell’incasso o dell’addebito in conto corrente. Il montante del fido non rappresenta, infatti, la somma di cui il cliente ha facoltà di disporre fino a revoca (o a termine), ma semplicemente il limite entro cui la banca si impegna a scontare gli effetti e ricevute bancarie che il cliente le presenterà: ciò non implica «alcun trasferimento di denaro al cliente (neppure nella forma della messa a disposizione) con la conseguenza che detto trasferimento avverrà solo in forza dei singoli negozi di sconto e l’obbligazione restitutoria dello scontatario sorgerà solo ove i documenti scontati rimangano insoluti» (Cass. 14 luglio 2010, n. 16560).
Non essendovi infatti creazione di disponibilità, il castelletto di sconto non può essere assimilato all’apertura di credito, tanto è vero che, in tema di revocatoria, la giurisprudenza ha qualificato atti solutori «i versamenti effettuati dal fallito sul conto corrente bancario nella parte eccedente l’apertura di credito, in quanto il castelletto, pur regolato nel medesimo conto, non rappresenta, in difetto di specifici elementi contrari, una forma di utilizzazione dell’apertura di credito stessa» (Cass. 11 settembre 1993, n. 9479,).
In estrema sintesi il tribunale abruzzese evidenzia come il conto anticipi non deve essere considerato come un finanziamento e non è assimilabile in alcun modo ad un’apertura di credito, rappresentando il montante del fido il mero limite entro il quale l’Istituto di credito si impegna a scontare gli effetti e ricevute bancarie che il cliente le presenterà.
Con l’ultimo capoverso della suddetta sentenza viene richiamata la decisione n. 7212 del 18 novembre 2014 del pari fori torinese a firma del Dott. Astuni.
Il Giudice Istruttore, in tale decisione, altrettanto linearmente, attesta quanto segue:
“In conclusionale (pag. 6), l’attrice sostiene di aver goduto in data anteriore al 22.3.2002 di anticipi SBF, richiamando un’annotazione per chiusura anticipi a dicembre 2000. La deduzione risulta, tuttavia, da un lato tardiva e generica e dall’altro appare scarsamente concludente sul piano della fondatezza.
Dato qualificante dell’apertura di credito in c/c è la possibilità di utilizzare la somma messa a disposizione in uno o più atti e di eseguire versamenti a ripristino della disponibilità, senza che la banca abbia il potere di esigere il pagamento, fino alla scadenza del fido (o a revoca). Su questa premessa, Cass. sez. un. 24418/2010 ha individuato il dies a quo di decorrenza della prescrizione dell’azione di indebito, per i c/c affidati, dal giorno della chiusura del conto (salva l’esistenza di rimesse intervenute su saldo extra-fido).
Non è dato riscontrare queste caratteristiche, per contro, nel credito bancario a breve termine: nelle forme consuete di sconto, anticipo su fatture o SBF.
Senza pretesa di esaurire l’esame delle tecniche di anticipazione bancaria, sono sufficienti alcune osservazioni. L’anticipo (ad es. su fatture) si traduce normalmente in un accredito in c/c di una frazione dell’ammontare dei titoli o effetti scontati, con contestuale addebito di un separato conto di evidenza (c.d. conto anticipi). Contestualmente il cliente rilascia mandato all’incasso, la cui funzione è di fornire alla banca un mezzo di rientro dell’esposizione. Il debito del correntista relativo alla singola anticipazione viene normalmente liquidato e saldato tramite incasso del titolo da parte della banca mandataria: a ciò segue contabilmente il diretto accredito del conto anticipi, con pareggio della posizione a debito accesa al momento dell’erogazione. Per contro, se la carta commerciale viene a scadenza senza che la banca abbia incassato, l’anticipazione viene chiusa mediante accredito del conto anticipi a chiusura della posizione e contestuale addebito del c/c in misura pari all’anticipo scaduto non rimborsato. In entrambi i casi, o per il tramite dell’incasso dal terzo o per il tramite delle disponibilità di c/c, si verifica la chiusura della singola operazione creditizia e un pagamento in senso tecnico del debito: caratteristiche queste che, entrambe, non ricorrono nella normale operatività del fido per cassa.
È quindi coerente con i principi di Cass. sez. un. 24418/2010 che, se il cliente intende dolersi di addebiti nulli (per interessi ecc.) pertinenti a un’operazione di anticipo, il termine di prescrizione decorra dalla data del pagamento, ergo dell’incasso o dell’addebito in c/c, senza che possa avere a tale fine rilevanza la data di chiusura del conto.
Il quadro non cambia, se la banca conceda una linea di credito per anticipazione su fatture, fissando il c.d. castelletto di sconto. Il montante del fido non rappresenta infatti la somma di cui il cliente ha facoltà di disporre fino a revoca (o a termine), ma semplicemente il limite entro cui la banca si impegna a scontare gli effetti e ricevute bancarie che il cliente le presenterà: ciò non implica “alcun trasferimento di denaro al cliente (neppure nella forma della messa a disposizione) con la conseguenza che detto trasferimento avverrà solo in forza dei singoli negozi di sconto e l’obbligazione restitutoria dello scontatario sorgerà solo ove i documenti scontati rimangano insoluti” (Cass. 14.7.2010 n. 16560; conforme Cass. 11.9.1993 n. 9479).
Non essendovi creazione di disponibilità, il castelletto di sconto non può essere assimilato all’apertura di credito, tanto è vero che, in tema di revocatoria, la giur. (Cass. 11.9.1993 n. 9479) ha qualificato atti solutori “i versamenti effettuati dal fallito sul conto corrente bancario nella parte eccedente l’apertura di credito, in quanto il castelletto, pur regolato nel medesimo conto, non rappresenta, in difetto di specifici elementi contrari, una forma di utilizzazione dell’apertura di credito stessa”.
Quest’indirizzo può tenersi fermo, pur in questo diverso contesto, visto che Cass. sez. un. 24418/2010 ha ripreso il criterio distintivo delle rimesse in c/c (solutoria, ripristinatoria) dall’elaborazione giurisprudenziale in tema di revocatoria. Ne segue che la misura del castelletto di sconto non può concorrere a determinare il fido rilevante ai fini della qualificazione delle rimesse in c/c come solutorie oppure ripristinatorie, né può rinviare il dies a quo di decorrenza della prescrizione delle rimesse solutorie fino alla chiusura del c/c.
In mancanza di prova di un’apertura di credito, le rimesse su c/c devono qualificarsi come pagamenti e determinano estinzione degli eventuali addebiti illegittimi e in particolare degli interessi ultralegali e anatocistici.
Due i principi che emergono, dunque, in maniera chiara:
a). il termine di prescrizione decorre dalla data del pagamento, ergo dell’incasso o dell’addebito in c/c;
b). la misura del castelletto di sconto non può concorrere a determinare il fido rilevante ai fini della qualificazione delle rimesse in c/c come solutorie oppure ripristinatorie, né può rinviare il dies a quo di decorrenza della prescrizione delle rimesse solutorie fino alla chiusura del c/c.
Da ultimo, anche il Tribunale di Perugia con la più recente sentenza del 27.4.2017, a firma della Dott.ssa Stefania Monaldi, seppur in maniera molto più sintetica rispetto alle due sopracitate, si è espresso confermando quanto argomentato sullo specifico punto, nel seguente modo:
“L’operatività “tecnica” del conto anticipi, in termini di giroconto delle competenze sul conto ordinario (sul quale veniva utilizzata la disponibilità messa a disposizione dell’operazione di anticipo degli effetti ovvero dal “salvo buon fine” delle fatture anticipate) non vale infatti a superare l’estinzione dei rapporti che regolavano le operazioni di anticipo al “salvo buon fine”, trattandosi di conti, che separatamente considerati dallo stesso consulente di parte e non comportanti una vera e propria apertura di credito, non risultano più operativi successivamente all’ultima operazione che , chiudendo contabilmente quei conti, “pagava” lo scoperto che sugli stessi era stato determinato dalle operazioni di anticipo ivi regolate”.
A fronte di quesiti formulati, in modo generico, da parte dei Magistrati, come troppo sovente accade, gli ausiliari incaricati della consulenza provvedono a calcolare, in maniera errata, la prescrizione dei suddetti rapporti accessori, considerando tali finanziamenti alla stregua di una apertura di credito in ossequio a quanto stabilito dalle Sezioni Unite con la sopracitata decisione.
Al contrario, secondo quanto sopra argomentato, laddove l’ausiliario incaricato dall’organo giudicante sarà chiamato a rispondere al quesito in merito al punto della prescrizione, in presenza di rapporti di conto corrente sui quali insistono una apertura di credito e conti tecnici (sbf, anticipi fatture) distinti ma collegati, sul primo dovrà procedere all’individuazione[1] delle rimesse solutorie e ripristinatorie in caso di assenza di affidamento o di sconfinamento dall’accordato concesso – seguendo i principi contenuti nella sentenza “Rordhof” – mentre sul secondo dovrà far riferimento unicamente dalla data del pagamento, ergo dell’incasso o dell’addebito in c/c della singola operazione creditizia, senza che possa avere a tale fine rilevanza la data di chiusura del conto.
Qualora le competenze dei conti collegati risultino prescritte per quanto sopra esposto, dovranno, seppur potenzialmente oggetto di indebiti, essere considerate pagate e in alcun modo oggetto di ricalcolo, non determinando recupero il correntista.
Pertanto il mantenimento delle competenze maturate nei conti tecnici, così come originariamente addebitate nelle scritture contabili della banca girocontate sul rapporto principale, renderanno significativamente più modesta la richiesta di ripetizione di parte correntista.
RAPPORTO DI CONTO CORRENTE | NEI LIMITI DEL FIDO | RIMESSA RIPRISTINATORIA | prescrizione dalla chiusura del rapporto |
RAPPORTO DI CONTO CORRENTE | OLTRE IL FIDO | RIMESSA SOLUTORIA | prescrizione dalla singola operazione |
RAPPORTO DI CONTO CORRENTE | SCOPERTO | RIMESSA SOLUTORIA | prescrizione dalla singola operazione |
RAPPORTO DI CONTO CORRENTE TECNICO (SBF/Anticipi Fatture) | NON RILEVA IL FIDO | NO DISTINZIONE RIMESSE SOLUTORIE/RIPRISTINATORIE | prescrizione dalla data del pagamento, ergo dell’incasso o dell’addebito in c/c |
È opportuno concludere trattando una ultima casistica inerente il “conto promiscuo”.
La tecnica bancaria prevede, altresì, la possibilità di avere su unico rapporto di conto corrente congiuntamente un’apertura di credito e anticipi fatture e/o sbf con una procedura denominata “applicazione di tasso differenziato su unico c/c di corrispondenza”.
Anche in rapporto a questa ulteriore fattispecie non si potrà, al pari di quanto trattato, parlare di “cumulo di affidamenti” rinvenienti da contratti o visura estratta dalla centrale rischi.
La verifica da parte del consulente tecnico del limite del fido, ai fini della prescrizione, nella sequenza temporale, dovrà essere effettuata pertanto “giorno per giorno”.
La soglia dell’accordato null’altro sarà che il fido relativo all’apertura di credito a cui andrà a sommarsi il foglio presentato alla fine della giornata considerata.
[1] Per il periodo ante-decennio dal primo atto interruttivo
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