Testo massima
“Le norme prevedenti le agevolazioni fiscali in tema di prima casa non
annoverano tra le ipotesi decadenziali la rinuncia all’usufrutto; quest’ultimo
atto non può essere qualificato traslativo, nel senso proprio del termine,
producendo, di per sé, l’estinzione del diritto, ancor quando allo stesso, poi,
consegua la riespansione del diritto del proprietario, in tutte le pertinenti
facoltà”.
La rinuncia all’usufrutto non può
essere considerata atto col quale si trasferisce la proprietà dell’immobile e
pertanto, colui che ha beneficiato delle agevolazioni fiscali sull’acquisto
della prima casa e, successivamente abbia rinunciato all’usufrutto
sull’immobile medesimo, non decade dalle agevolazioni predette.
E’ quanto affermato dalla
Corte di Cassazione Sez. IV con ordinanza n.10249 del 02/05/2013, su
ricorso proposto dalla Agenzia delle Entrate avverso la sentenza del 04/02/2011
emessa dalla Commissione Tributaria di Aosta.
L’usufrutto è il diritto
riconosciuto all’usufruttuario di compiere tutte le attività di godimento sulla
cosa altrui, traendone tutte le utilità che da essa ne derivino compresi i
frutti purché compatibilmente con la destinazione economica del bene
medesimo.
Esso attua una netta ripartizione tra poteri e facoltà nei confronti
del bene, fra nudo proprietario e usufruttuario: da un lato si realizza la
piena utilizzazione del bene, dall’altro non si pregiudica l’esercizio della
proprietà, in tutte le forme di utilizzazione futura, materiale e giuridica del
bene.
La proprietà “nuda” resta
comunque in capo all’originario acquirente, per cui alla questione se, all’atto di rinuncia all’usufrutto, ovvero se
allo stesso possa essere ricollegato o meno, l’effetto decadenziale dal
beneficio fiscale goduto in sede di acquisto di un immobile in una con altri
acquirenti, la Corte risponde in senso negativo, affermando che il
rinunciatario all’usufrutto che abbia già precedentemente beneficiato delle
agevolazioni fiscali sulla prima casa, non è tenuto a versare allo Stato la
maggiore imposta di registro sulla compravendita dell’immobile.
Con riguardo alla materia de quo, diversi sono i provvedimenti
emessi dai giudici di Piazza Cavour ed approfonditi dagli autori della rivista.
Ed infatti, con ordinanza n.19561
del 9/11/2012 la Corte di Cassazione, pronunciandosi in merito alla questione dei benefici di
prima casa, ha accolto il ricorso di un contribuente, al quale erano stati
revocati tali benefici, deducendo in motivazione che la sopravvenuta
impossibilità e la forza maggiore sono circostanze rilevanti ai fini della
concessione del beneficio fiscale.
Infine, con sentenza n.3384 del
12/02/2013, la Suprema Corte ha stabilito che la fruizione dell’agevolazione fiscale per
l’acquisto della prima casa richiede che l’immobile sia ubicato nel comune ove
l’acquirente ha la residenza, atteso che nessuna rilevanza giuridica può essere
riconosciuta alla realtà fattuale.
Testo del provvedimento
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO
ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI
CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE,
– ricorrente –
contro
S.G.
– controricorrente –
avverso la sentenza n.04/02/2011 della Commissione Tributaria
Regionale di Aosta – Sezione n. 02,
in data 04.03.2011, depositata il 30 marzo 2011;
Svolgimento del
processo – Motivi della decisione
Nel ricorso iscritto a R.G. n.16959/2011 è stata depositata
in cancelleria la seguente relazione:
1 – E’ chiesta la cassazione della sentenza n.04/02/2011,
pronunziata dalla CTR di Aosta, Sezione n. 02, del 04.03.2011, DEPOSITATA il 30
marzo 2011.
Con tale decisione, la C.T.R. ha respinto l’appello
dell’Agenzia Entrate, ritenendo e dichiarando, nel caso, sussistenti i
presupposti casa.
2 – Il ricorso, che attiene ad impugnazione di avviso,
relativo alla liquidazione dell’imposta ordinaria di Registro su atto di
compravendita stipulato nell’anno 2004, per il quale erano state concesse le
agevolazioni, poi revocate, previste per la prima casa, censura l’impugnata
decisione per violazione e falsa applicazione dell’art.1 Tariffa allegata al
D.P.R. n.131 del 1986, nota II bis n. 4.
3 – L’intimato contribuente, giusto controricorso, ha chiesto
il rigetto dell’impugnazione.
4 – La questione da risolvere concerne gli effetti
ricollegabili ad un atto di rinuncia all’usufrutto, cioè se allo stesso possa
essere ricollegato o meno, l’effetto decadenziale dal beneficio fiscale goduto
in sede di acquisto di un immobile in una con altri acquirenti.
I Giudici di secondo grado, infatti, hanno ritenuto che, non
potendo la rinuncia all’usufrutto essere qualificato un atto di trasferimento
vero e proprio, costituendo, bensì, un atto abdicativo, cui consegue
l’estinzione del diritto e non il relativo trasferimento, nessun effetto
decadenziale era allo stesso ricollegabile.
4 bis – Sembra che le prospettate censure non colgano nel
segno, avuto riguardo al fatto che l’impugnata decisione non contiene alcuna
affermazione di principio in contrasto con la disposizione denunciata, che le
norme prevedenti le agevolazioni di che trattasi non annoverano tra le ipotesi
decadenziali la rinuncia all’usufrutto, e che quest’ultimo atto non può essere
qualificato traslativo, nel senso proprio del termine, producendo, di per sè,
l’estinzione del diritto, ancor quando allo stesso, poi, consegua la riespansione
del diritto del proprietario, in tutte le pertinenti facoltà.
5 – Si propone di procedere alla trattazione del ricorso in
camera di consiglio, ai sensi degli artt.366 e 380 bis cpc, e di rigettarlo per
manifesta infondatezza.
Il Consigliere relatore Antonino Di Blasi.
La Corte, vista la relazione, il ricorso, il controricorso e
gli altri atti di causa;
Considerato che, alla stregua del richiamato e condiviso
principio, il ricorso va rigettato, per manifesta infondatezza;
Considerato, altresì, che le spese del giudizio di Cassazione
vanno liquidate in complessivi Euro milleseicento di cui Euro cento per spese
vive ed Euro millecinquecento per onorario, oltre spese generali ed accessori
di legge;
Visti gli artt. 375 e 380 bis c.p.c..
PQM
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento
delle spese del giudizio, in ragione di complessivi Euro milleseicento, oltre
spese generali ed accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 14 febbraio 2013.
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