La violazione del termine di cui all’art. 146 Codice della Privacy e comunque l’assenza di qualunque comunicazione interlocutoria volta ad informare l’istante di essersi attivata per evadere la richiesta comporta la lesione del diritto del richiedente al dominio dei propri dati personali, perché impossibilitato a conoscere e verificare, in un’ottica di correttezza, pertinenza e liceità, le modalità con cui il loro trattamento è intervenuto.
Questo il principio espresso dal Tribunale di Roma, Giudice Luciana Sangiovanni, con la sentenza n. 23962 del 07.01.2019.
La vicenda ah riguardato un soggetto che ha convenuto in giudizio un istituto di credito al di ottenere l’accertamento dell’inadempimento della resistente all’obbligo di riscontro dell’istanza di accesso ai dati personali inoltrata e, per l’effetto, che l’ordine di fornirne il relativo e doveroso riscontro.
Parte resistente si è costituita in giudizio eccependo l’improcedibilità della domanda per mancato esperimento del tentativo obbligatorio di mediazione ex art. 5 D.Lgs n. 28 del 2010, nonché contestando nel merito la fondatezza della domanda, avendo BANCA fornito riscontro all’istanza di accesso agli atti in data 23 novembre 2016.
Il Giudice, investito del thema decidendum, ha rappresentato che la domanda proposta ha avuto ad oggetto una richiesta di accesso ai dati personali di fronte alla quale la BANCA è rimasta silente fino alla notifica del ricorso introduttivo del presente giudizio.
Orbene, il Tribunale ha evidenziato che, dalla documentazione versata in atti è emerso che parte ricorrente ha inoltrato una prima richiesta di accesso, poi sollecitata a mezzo fax, nonché una seconda richiesta, nuovamente a mezzo Pec, in data antecedente alla rituale notifica del ricorso.
In tale contesto, solo ben sei mesi dopo la prima richiesta l’istituto bancario ha provveduto a fornire un riscontro, ammettendo peraltro di non aver ottemperato alle precedenti richieste, andate “disguidate”.
Pertanto, nel richiamare quanto disposto dall’art. 146 del Codice della Privacy che trova applicazione al caso di specie, secondo il quale “Il riscontro alla richiesta da parte del titolare o del responsabile è fornito entro quindici giorni dal suo ricevimento”, il Tribunale ha evidenziato che vi è stata una palese violazione del suddetto termine e comunque l’assenza di qualunque comunicazione interlocutoria volta ad informare l’istante di essersi attivata per evadere la richiesta.
In conseguenza di quanto sopra, vi è stata una violazione del diritto del richiedente al dominio dei propri dati personali, perché impossibilitato a conoscere e verificare, in un’ottica di correttezza, pertinenza e liceità, le modalità con cui il loro trattamento è intervenuto.
Pertanto, tale valutazione, nonostante l’avvenuta cessazione della materia del contendere, ha comportato la condanna della parte resistente per la sola metà, alla refusione delle spese processuali sostenute dal richiedente.
Per ulteriori approfondimenti si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
PRIVACY: LA BANCA NON PUÒ PRODURRE I DATI PERSONALI DEL CLIENTE IN UN PROCEDIMENTO GIUDIZIARIO CONTRO IL PROMOTORE
È UNA VIOLAZIONE DEL DIRITTO AL CORRETTO TRATTAMENTO DEI DATI PERSONALI
Sentenza | Tribunale di Milano, Giudice Valentina Boroni | 23.07.2018 | n.1215
https://www.expartecreditoris.it/provvedimenti/privacy-la-banca-non-puo-produrre-i-dati-personali-del-cliente-in-un-procedimento-giudiziario-contro-il-promotore
PRIVACY: L’ISTANZA DI ANONIMIZZAZIONE EX ART. 52 DEL D. LGS. 196/2003
IL GIUDICE PUÒ ORDINARE CHE L’OMISSIONE DEI DATI IN CASO DI RICHIESTA DELLA PARTE AI FINI DELLA RIPRODUZIONE
Sentenza | Tribunale di Torino, Giudice Gabriella Ratti | 10.01.2019 | n.84
https://www.expartecreditoris.it/provvedimenti/privacy-listanza-di-anonimizzazione-ex-art-52-del-d-lgs-1962003
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