Un’ordinanza del Tribunale di Ancona- Ufficio Esecuzioni Immobiliari, pronunziata in data 22 giugno 2023 -apparentemente- nell’ambito di un’opposizione avverso la declaratoria di improcedibilità dell’esecuzione a seguito di sopravvenuta apertura di liquidazione giudiziale, ha ritenuto che a tale procedura concorsuale, disciplinata nel Codice della Crisi (CCII), non risulti applicabile l’art. 41 del D.Lgs. 385/1993 (Testo Unico Bancario – T.U.B.)[1].
Nello specifico il giudice esclude che l’azione esecutiva sui beni ipotecati a garanzia di finanziamenti fondiari possa essere iniziata o proseguita dopo l’apertura della “liquidazione giudiziale”, venedo meno il regime processuale speciale assicurato al creditore fondiario dall’art. 41 T.U.B., che continuerebbe ad applicarsi ai soli “fallimenti” pendenti, i quali restano sotto l’imperio del R.D. 267/1942 (la Legge Fallimentare -l.f.).
La delicatezza e la rilevanza pratica della questione trattata impongono un’adeguata considerazione del provvedimento in esame ed inducono ad una sua analisi critica.
Il giudice osserva preliminarmente che il divieto di cui all’art. 150 CCII[2] “non concerne soltanto le azioni individuali esecutive, ma anche quelle cautelari e pertanto l’eccezione a tale divieto,”…….[ prevista] “da altre disposizioni di legge, può riguardare azioni che non sono riconducibili al privilegio fondiario”.
Intraprende quindi una disamina più specifica delle norme, evidenziando come “con l’entrata in vigore del nuovo CCII e in particolare dell’art. 369 volto a coordinare ed armonizzare la nuova disciplina della crisi di impresa e il T.U.B. , è stato eliminato ogni riferimento alla legge fallimentare e al termine fallimento. Tale modifica terminologica è stata esclusa per l’art. 41 T.U.B., che continua a fare riferimento al fallimento”.
Già da ciò trae la conclusione che “la disciplina del credito fondiario non può trovare applicazione in materia di liquidazione giudiziale”.
Ritiene altresì che tale lettura della nuova normativa sia confermata dall’art. 216, c. 10 CCII[3], “il quale da un confronto con l’art. 107 comma 6 l. fall.[4], espunge [qualsiasi riferimento ai]… casi di deroga previsti all’art. 51 l.f., oggi art. 150 CCII”.
Corrobora infine la tesi su esposta ricorrendo anche ad alcune valutazioni metagiuridiche riferibili alla ratio dell’art. 41 T.U.B., “ovvero [l’esigenza di una]… più celere realizzazione del credito fondiario nel caso di fallimento del debitore”, che sarebbe ugualmente soddisfatta dalla sostanziale parificazione dei tempi di realizzo in sede esecutiva (post riforma Cartabia) e in sede di liquidazione giudiziale (grazie alle innovazioni introdotte dal CCII).
Le pur articolate e raffinate motivazioni non sono condivisibili.
In realtà l’art. 369 CCII[5] non opera una sostituzione lessicale di carattere generale, ma si limita ad apportare, ad alcune norme del T.U.B. (e del d.lgs. 180/2015), in modo puntuale ed avuto riguardo alla specifica formulazione del testo della singola norma, le modifiche indotte dall’entrata in vigore del Codice della Crisi, sostituendo l’indicazione degli articoli della l.f. (ove espressamente richiamati) con quella degli articoli del CCII (di contenuto pari o confacente), eliminando (i) i riferimenti alla “legge fallimentare” e introducendo, eventualmente, in loro vece quelli al “codice della crisi e dell’insolvenza”, (ii) i riferimenti alla “sede legale”, sostituita da “centro degli interessi principali”[6]. Nessuna di tali esigenze di modifica è rinvenibile nel testo dell’art. 41 T.U.B., che opportunamente non è menzionato dall’art. 369 CCII.
L’intervento di natura lessicale, di carattere generale, è contenuto invece nell’art. 349, in forza del quale “Nelle disposizioni normative vigenti i termini «fallimento», «procedura fallimentare», «fallito» nonche’ le espressioni dagli stessi termini derivate devono intendersi sostituite, rispettivamente, con le espressioni «liquidazione giudiziale», «procedura di liquidazione giudiziale» e «debitore assoggettato a liquidazione giudiziale» e loro derivati, con salvezza della continuita’ delle fattispecie.”
Conseguentemente il termine “fallimento” contenuto nell’art. 41 T.U.B. deve essere sostituito dal termine “liquidazione giudiziale”, la qual cosa, al presente, estende automaticamente a tale procedura l’applicazione del regime speciale dell’esecuzione previsto per il credito fondiario.
A fronte di questo -granitico- argomento testuale si ritiene che, allo stato, decada ogni altra valutazione a contrario, ivi inclusa quella fondata sull’espunzione dall’art. 216 CCII “dei casi di deroga”.
È opportuno tuttavia ricordare che la Legge n. 155/2017, di delega al Governo per la riforma delle discipline della crisi di impresa e dell’insolvenza, conteneva, fra l’altro, l’indicazione di potenziare la procedura di liquidazione giudiziale mediante l’adozione di misure dirette a “escludere l’operativita’ di esecuzioni speciali e di privilegi processuali, anche fondiari” prevedendo, in ogni caso, che il privilegio fondiario continuasse ad operare “sino alla scadenza del secondo anno successivo a quello di entrata in vigore del decreto legislativo”[7].
Tale indicazione, per un verso supporta ulteriormente la tesi dell’operatività dei privilegi fondiari in pendenza di liquidazione giudiziale, per altro verso, stante l’assenza di espressa indicazione di un limite temporale nell’art. 150 CCII e decorso il biennio, potrebbe consentire di eccepire che il legislatore delegato si sia discostato dalle indicazioni contenute nella legge delega. La circostanza dovrà, comunque, essere accertata ed eventualmente sanzionata in sede di formale vaglio di legittimità costituzionale dell’art. 150 CCII[8].
Roma, 22-10-2023 OPERATIONS-Centro Studi
(M. Ferrari )
[1] Art. 41 T.U.B.: “1. Nel procedimento di espropriazione relativo a crediti fondiari è escluso l’obbligo della notificazione del titolo contrattuale esecutivo.
- L’azione esecutiva sui beni ipotecati a garanzia di finanziamenti fondiari può essere iniziata o proseguita dalla banca anche dopo la dichiarazione di fallimento del debitore. Il curatore ha facoltà di intervenire nell’esecuzione. La somma ricavata dall’esecuzione, eccedente la quota che in sede di riparto risulta spettante alla banca, viene attribuita al fallimento.
- Il custode dei beni pignorati, l’amministratore giudiziario e il curatore del fallimento del debitore versano alla banca le rendite degli immobili ipotecati a suo favore, dedotte le spese di amministrazione e i tributi, sino al soddisfacimento del credito vantato.
- Con il provvedimento che dispone la vendita o l’assegnazione, il giudice dell’esecuzione prevede, indicando il termine, che l’aggiudicatario o l’assegnatario, che non intendano avvalersi della facoltà di subentrare nel contratto di finanziamento prevista dal comma 5, versino direttamente alla banca la parte del prezzo corrispondente al complessivo credito della stessa. L’aggiudicatario o l’assegnatario che non provvedano al versamento nel termine stabilito sono considerati inadempienti ai sensi dell’art. 587del codice di procedura civile.
- L’aggiudicatario o l’assegnatario possono subentrare, senza autorizzazione del giudice dell’esecuzione, nel contratto di finanziamento stipulato dal debitore espropriato, assumendosi gli obblighi relativi, purché entro quindici giorni dal decreto previsto dall’art. 574del codice di procedura civile ovvero dalla data dell’aggiudicazione o dell’assegnazione paghino alla banca le rate scadute, gli accessori e le spese. Nel caso di vendita in più lotti, ciascun aggiudicatario o assegnatario è tenuto a versare proporzionalmente alla banca le rate scadute, gli accessori e le spese.
- Il trasferimento del bene espropriato e il subentro nel contratto di finanziamento previsto dal comma 5 restano subordinati all’emanazione del decreto previsto dall’articolo 586del codice di procedura civile.”
[2] Art. 150 CCII: “Salvo diversa disposizione della legge, dal giorno della dichiarazione di apertura della liquidazione giudiziale nessuna azione individuale esecutiva o cautelare anche per crediti maturati durante la liquidazione giudiziale, può essere iniziata o proseguita sui beni compresi nella procedura.”
[3] Art. 216, c. 10 CCII: “Se alla data di apertura della liquidazione sono pendenti procedure esecutive, il curatore può subentrarvi; in tale caso si applicano le disposizioni del codice di procedura civile; altrimenti, su istanza del curatore, il giudice dell’esecuzione dichiara l’improcedibilità dell’esecuzione, fermi restando gli effetti conservativi sostanziali del pignoramento in favore dei creditori.”
[4] Art. 107, c. 6 l.f.: “Se alla data di dichiarazione di fallimento sono pendenti procedure esecutive, il curatore può subentrarvi; in tale caso si applicano le disposizione del codice di procedura civile; altrimenti su istanza del curatore il giudice dell’esecuzione dichiara l’improcedibilità dell’esecuzione, salvi i casi di deroga di cui all’articolo 51.”
[5] Art. 369,c. 1-2-3-4-5 CCII: “1. Al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, sono apportate le seguenti modificazioni:
- a) all’articolo 39, comma 4, le parole: «a revocatoria fallimentare» sono sostituite dalle seguenti «alla revocatoria di cui all’articolo 166 del codice della crisi e dell’insolvenza» e le parole: «L’ 67 della legge fallimentare» sono sostituite dalle seguenti: «L’articolo 166 del codice della crisi e dell’insolvenza»;
- b) all’articolo 69-septiesdecies, le parole: «agli articoli 64, 65, 66 e 67, 216, primo comma, n.1), e terzo comma, e 217 della legge fallimentare» sono sostituite dalle seguenti: «agli articoli 163, 164, 165, 166, 290, 292, 322, comma 1, lettera a), e comma 3, e 323 del codice della crisi e dell’insolvenza»;
- c) all’articolo 70, comma 7, le parole: «il titolo IV della legge fallimentare e» sono soppresse;
- d) all’articolo 80, comma 6, le parole: «della legge fallimentare» sono sostituite dalle seguenti: «del codice della crisi e dell’insolvenza»;
- e) all’articolo 82 sono apportate le seguenti modificazioni:
1) al comma 1, le parole: «in cui essa ha la sede legale» sono sostituite dalle seguenti: «dove essa ha il centro degli interessi principali», le parole «dell’art. 195, commi primo, secondo periodo,
terzo, quarto, quinto, sesto e ottavo della legge fallimentare» sono sostituite dalle seguenti: «dell’articolo 297 del codice della crisi e dell’insolvenza»;
2) al comma 2, le parole «del luogo in cui la banca ha la sede legale» sono sostituite dalle seguenti: «del luogo in cui la banca ha il centro degli interessi principali», le parole «dell’art. 195, terzo, quarto, quinto e sesto comma della legge fallimentare» sono sostituite dalle seguenti: «dell’articolo 298 del codice della crisi e dell’insolvenza»;
3) al comma 3, le parole «nell’art. 203 della legge fallimentare» sono sostituite dalle seguenti: «nell’articolo 299 del codice della crisi e dell’insolvenza»;
- f) all’articolo 83 sono apportate le seguenti modificazioni:
1) al comma 2, le parole: «dagli articoli 42, 44, 45 e 66, nonche’ dalle disposizioni del titolo II, capo III, sezione II e sezione IV della legge fallimentare» sono sostituite dalle seguenti: «dagli articoli 142, 144, 145 e 165, nonche’ dalle disposizioni del titolo V, capo I, sezione III e V del codice della crisi e dell’insolvenza»;
2) al comma 3, le parole «del luogo dove la banca ha la sede legale» sono sostituite dalle seguenti: «del luogo in cui la banca ha il centro degli interessi principali»;
3) al comma 3-bis, le parole «all’articolo 56, primo comma, della legge fallimentare» sono sostituite dalle seguenti: «all’articolo 155, comma 1, del codice della crisi e dell’insolvenza»;
- g) all’articolo 86 sono apportate le seguenti modificazioni:
1) al comma 3, le parole «del luogo ove la banca ha la sede legale» sono sostituite dalle seguenti: «del luogo in cui la banca ha il centro degli interessi principali» e le parole «Si applica l’articolo 31-bis, terzo comma, della legge fallimentare, intendendosi sostituito al curatore il commissario liquidatore» sono sostituite dalle seguenti: «In pendenza della procedura e per il periodo di due anni dalla chiusura della stessa, il commissario liquidatore e’ tenuto a conservare i messaggi di posta elettronica certificata inviati e ricevuti»;
2) al comma 7, le parole «del luogo ove la banca ha la sede legale» sono sostituite dalle seguenti: «del luogo in cui la banca ha il centro degli interessi principali»;
- h) all’articolo 87, al comma 2, le parole «del luogo ove la banca ha la sede legale» sono sostituite dalle seguenti: «del luogo in cui la banca ha il centro degli interessi principali» e le parole «l’articolo 99, commi 2 e seguenti, della legge fallimentare» sono sostituite dalle seguenti: «l’articolo 206, comma 2 e seguenti, del codice della crisi e dell’insolvenza»;
- i) all’articolo 91 sono apportate le seguenti modificazioni:
1) al primo periodo del primo comma, le parole «dall’articolo 111 della legge fallimentare» sono sostituite dalle seguenti: «dall’articolo 221 del codice della crisi e dell’insolvenza» e, al secondo periodo, le parole «nell’articolo 111, comma primo, numero 1) della legge fallimentare» sono sostituite dalle seguenti: «nell’articolo 221, comma 1, lettera a), del codice della crisi e dell’insolvenza»;
2) al comma 1-bis, le parole «dall’articolo 111 della legge fallimentare» sono sostituite dalle seguenti: «dall’articolo 221 del codice della crisi e dell’insolvenza»;
3) al comma 3, le parole «dell’articolo 111, comma 1, numero 3)
della legge fallimentare» sono sostituite dalle seguenti: «dall’articolo 221, comma 1, lettera c) del codice della crisi e dell’insolvenza»;
- l) all’articolo 93 sono apportate le seguenti modificazioni:
1) al comma 1, le parole «del luogo dove l’impresa ha la sede legale» sono sostituite dalle seguenti: «del luogo dove l’impresa ha il centro degli interessi principali» e le parole «dell’art. 152,
secondo comma, della legge fallimentare» sono sostituite dalle seguenti: «dell’articolo 265, comma 2, del codice della crisi e dell’insolvenza»;
2) al comma 3, ultimo periodo, le parole «dall’articolo 135 della legge fallimentare» sono sostituite dalle seguenti: «dall’articolo 248 del codice della crisi e dell’insolvenza»;
3) al comma 6, le parole «l’articolo 131 della legge fallimentare» sono sostituite dalle seguenti: «l’articolo 247 del codice della crisi e dell’insolvenza»;
- m) all’articolo 94, comma 3, le parole «l’articolo 215 della legge fallimentare» sono sostituite dalle seguenti: «l’articolo 315 del codice della crisi e dell’insolvenza»;
- n) all’articolo 99, il comma 5 e’ sostituito dal seguente: «5. Quando sia accertato giudizialmente lo stato di insolvenza, compete ai commissari l’esperimento dell’azione revocatoria prevista dall’articolo 166 del codice della crisi e dell’insolvenza nei confronti di altre societa’ del gruppo. L’azione puo’ essere esperita per gli atti indicati al comma 1, lettere a), b) e c), dell’articolo 166 del codice della crisi e dell’insolvenza, che siano stati posti in essere nei cinque anni anteriori al provvedimento di liquidazione coatta e per gli atti indicati al comma 1, lettera d), e al comma 2, dello stesso articolo che siano stati posti in essere nei tre anni anteriori.»;
- o) all’articolo 104, comma 1, le parole «ha sede legale la capogruppo» sono sostituite dalle seguenti: «la capogruppo ha il centro degli interessi principali».
- La disposizione di cui al comma 1, lettera a), si applica alle liquidazioni giudiziali aperte a seguito di domanda depositata o iniziativa comunque esercitata successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto.
- La disposizione di cui al comma 1, lettera b), si applica agli accordi previsti dal capo 02-I del Titolo IV del Testo unico bancario e alle prestazioni di sostegno finanziario in loro esecuzione, approvati successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto.
- Le disposizioni di cui al comma 1, lettere d), e), f), g), h), i), l), m), n), e o), si applicano alle liquidazioni coatte amministrative disposte per effetto di domande depositate o iniziative comunque esercitate successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto.
[6] In ossequio alla definizione di cui all’art. 2, c. 1, lett. m) del CCII.
[7] V. l. 155/2017, art. 7, c. 4., lett. a).
[8] NEVOLA-DIACO, La delega della funzione normativa nella giurisprudenza della Corte Costituzionale, Corte Costituzionale-Servizio Studi, 2018, p. 20: “La legittimità costituzionale della norma delegata è condizionata dalla sua conformità alla norma delegante e alle sue prescrizioni. L’eccesso di delega è vizio comprensivo della mancanza, anche parziale, di delegazione, nonché dell’uso del potere normativo da parte del Governo oltre il termine fissato, ovvero in contrasto con i predeterminati criteri direttivi o per uno scopo estraneo a quello della delega”.
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