ISSN 2385-1376
Testo massima
Il ricorso ex art. 669 duodecies c.p.c. ha natura endoprocessuale, e in quanto tale opera l’obbligo di deposito con modalità telematica; esso infatti non avvia, sulla base di un titolo esecutivo, un separato procedimento di esecuzione ma, in attuazione di una finalità di “deformalizzazione”, costituisce una fase del procedimento cautelare, nella quale il giudice che ha emesso il provvedimento ne determina anche le modalità di attuazione, risolvendo con ordinanza le difficoltà e contestazioni cui quest’ultima da luogo.
Così si è pronunciato il Tribunale di Trani, Pres.-Rel. Gaetano Labianca, con l’ordinanza del 24 novembre 2015 sulla difficile questione interpretativa della natura del ricorso ex art. 669 duodecies c.p.c. (se introduttiva o endoprocessuale).
Il ricorrente, nel caso di specie, aveva ottenuto un provvedimento ex art. 669 octies c.p.c. col quale il giudice aveva ordinato la reintegrazione parziale nel possesso del bene con l’obbligo di consegna delle chiavi del cancello di ferro. Successivamente, a seguito dell’inottemperanza al provvedimento cautelare, veniva depositato in via cartacea ricorso ex art. 669 duodecies, per dare attuazione al provvedimento rimasto privo di esecuzione.
La controparte, costituitasi in via cartacea, aveva eccepito l’inammissibilità e l’irricevibilità del ricorso per mancato rispetto della modalità di deposito telematica prevista per gli atti endoprocessuali.
Il Tribunale, decidendo sull’eccezione proposta, aveva dichiarato il ricorso inammissibile, atteso che tale ricorso avente natura endoprocessuale, doveva essere depositato in via telematica ai sensi e per gli effetti dell’art. 16 bis del D.L. 179/2012.
Avverso tale decisione veniva proposto reclamo.
Il Collegio ha dovuto indagare sulla natura del ricorso ex art. 669 duodecies c.p.c. e dunque sulla modalità di deposito operante, telematica o cartacea, nonché, qualora si propenda per la prima soluzione, delle conseguenze dell’inammissibilità del ricorso, con la verifica della possibile sanatoria della nullità per il principio del c.d. raggiungimento dello scopo.
A detta dei resistenti, il ricorso non era da considerare come atto endoprocessuale, bensì atto introduttivo di un giudizio cautelare del tutto autonomo dal precedente, in quanto meramente eventuale, come tale non soggetto all’obbligo di deposito in via telematica previsto per gli atti endoprocessuali.
Il Tribunale sul punto ha chiarito che, dal punto di vista normativo, la norma di cui all’art. 16 bis, comma 1, D.L. 179/2012, prevede che: “nei procedimenti civili, contenziosi o di volontaria giurisdizione, (dopo il 30.6.2014) innanzi al Tribunale, il deposito degli atti processuali e dei documenti da parte dei difensori delle parti precedentemente costituite (cd. “atti endoprocessuali”) ha luogo esclusivamente con modalità telematiche. Allo stesso modo si procede per il deposito degli atti e dei documenti da parte dei soggetti nominati o delegati dall’autorità giudiziaria“, e dunque ha ritenuto che il ricorso ex art. 669 duodecies c.p.c. sia un atto a natura endoprocedimentale, in quanto inserito in mera fase eventuale del giudizio cautelare già intrapreso, con prosecuzione dello stesso giudizio tra le stesse parti e dinanzi al medesimo Giudice.
Ciò posto, i giudici a quibus hanno aderito all’orientamento espresso della Suprema Corte di Cassazione per cui: “l’esecuzione del provvedimento d’urgenza in materia possessoria, secondo la previsione dell’art. 669 duodecies cod. proc. civ., che, dettato per i sequestri, trova applicazione, in virtù dell’art. 669 quaterdecies del codice di rito, anche ai provvedimenti possessori immediati, non dà luogo ad un processo di esecuzione forzata, bensì ad una ulteriore fase del procedimento possessorio, che è di competenza dello stesso giudice che ha emesso il provvedimento” (così Cass. n. 481/03, ma già Cass. n. 80/96 e n. 5672/97, nonché successivamente, tra le tante, Cass. n. 13666/03, n. 407/06, n. 6621/08).
Pare evidente, pertanto, che se il ricorso per l’attuazione costituisce una fase ulteriore (e meramente eventuale) del medesimo giudizio possessorio già intrapreso dai ricorrenti, e che non possa che assegnarsi al ricorso natura di atto endo-procedimentale; sicchè non può dedursi che si tratta di un cautelare del tutto nuovo e differente da quello conclusosi con accoglimento della tutela possessoria, trattandosi della prosecuzione in fase di attuazione del medesimo giudizio possessorio.
Ne consegue che il ricorso ex art. 669 duodecies c.p.c. ha, senza dubbio, natura endoprocessuale e, come tale, opera l’obbligo di deposito con modalità telematica.
Per quanto concerne alle conseguenze e agli effetti del deposito di un atto endoprocessuale per via cartacea, e della eventuale sanatoria per il raggiungimento dello scopo, il Collegio ha aderito all’orientamento del Tribunale di Torino 06.03.2015 e del Tribunale di Foggia 15.05.2015 per cui: “l‘inammissibilità dovrebbe discendere quale corollario dell’avverbio “esclusivamente”, pur se non seguito da alcuna sanzione espressa da parte del Legislatore; tale interpretazione appare conforme ai principi di certezza del diritto e di ragionevole durata del processo che hanno ispirato la riforma del processo civile telematico, essendo il deposito telematico funzionale ad un più rapido ed immediato accesso agli atti e documenti del processo, per il giudice e le parti costituite“.
A parere dei giudici, la disciplina sarebbe quindi incompatibile con la sanzione della nullità e della sanabilità per il raggiungimento dello scopo, in considerazione del fatto che la nullità attiene a vizi dell’atto e non a vizi del deposito, che resta un’attività materiale priva di requisito volitivo autonomo.
Non va accolta l’impostazione del Tribunale di Asti del 23.03.2015 e Tribunale di Trani, sulla medesima questione del reclamo, 20.10.2015) secondo cui: “non esistendo alcuna norma che sanzioni con l’inammissibilità il deposito degli atti introduttivi in forma diversa da quella telematica, se la costituzione per tale via è conforme alle prescrizioni di legge che la disciplinano, in virtù dei principi di libertà delle forme e del raggiungimento dello scopo, la parte che si costituisca per via telematica non può essere in alcun modo sanzionata“.
Non è possibile pertanto ricorrere alla sanatoria per il raggiungimento dello scopo ove l’atto sia stato depositato in modalità diversa da quella consentita, essendo inammissibile, in caso di deposito di atti endoprocessuali, una modalità di deposito alternativa a quella telematica, sul punto afferma:
“In primo luogo, a parere del Collegio, non può invocarsi il principio della libertà delle forme (dal quale deriverebbe che tutte le forme degli atti del processo sono previste non per la realizzazione di un fine proprio ed autonomo, ma allo scopo del raggiungimento di un certo risultato, con la conseguenza che l’eventuale inosservanza della prescrizione formale sarebbe irrilevante se l’atto viziato raggiunge ugualmente lo scopo cui era destinato), posto che in questo caso non può parlarsi, propriamente, della forma di un atto, ma, semmai, delle modalità di trasmissione alla cancelleria di un determinato atto; in secondo luogo, se è vero che il deposito è un’attività materiale priva di requisito volitivo autonomo (che, come tale, può essere effettuata anche da un nuncius), nel concreto è lo stesso Legislatore ad obbligare, specificandone il quomodo con l’avverbio “esclusivamente”, una particolare modalità di trasmissione dell’atto, e ciò al fine di favorire la progressiva dematerializzazione del fascicolo cartaceo, per le ragioni di economia processuale e di ragionevole durata del processo cui è ispirato il processo telematico; in terzo luogo, non può invocarsi il fatto che il deposito dell’atto per via cartacea comunque realizzerebbe il contatto interpersonale tra depositante e cancelliere e, come tale, può essere idonea al raggiungimento dello scopo: sussiste, invero, il principio dell’affidamento e la necessità del rispetto dell’art. 24 Cost., posto che la controparte, confidando sulla trasmissione dell’atto per via telematica, potrebbe essere indotta per il riferito principio dell’affidamento a non articolare alcuna difesa qualora la controparte non abbia depositato per via telematica l’atto processuale (si pensi alla scansione temporale dei termini processuali ex art. 183 sesto comma c.p.c. ed al fatto che, qualora una parte non depositi alcuna richiesta istruttoria nella memoria a ciò deputata, l’altra parte potrebbe a sua volta non depositare alcuna richiesta istruttoria di segno contrario); pur volendo ritenere che l’atto abbia superato i controlli della cancelleria ed abbia realizzato la presa di contatto tra l’ufficio giudiziario e il depositante, sussiste pur sempre l’esigenza di certezza della trasmissione degli atti, che non può essere realizzata con ogni mezzo, ma con una modalità particolare richiesta dal Legislatore; in quarto luogo, il fatto che non sia prevista una sanzione espressa di inammissibilità, non osta a che la sanzione, rilevabile d’ufficio, possa essere ricavata dai principi generali dell’ordinamento, ed intesa come scostamento dal modello legale tipico del deposito previsto dal Legislatore, insuscettibile di sanatoria per effetto del raggiungimento dello scopo, posto che la sanatoria richiamata concerne la questione dell’impersonalità del deposito, mentre, in questo caso, viene in questione il quomodo stesso del deposito“.
Il Collegio, per le motivazioni sopra esposte e aderendo alla pronuncia del giudice di prime cure, ha accolto il reclamo, dichiarando il ricorso ex art. 669 duodecies c.p.c inammissibile per applicazione della disciplina contenuta nell’ art. 16 bis del D.L. 179/2012 che prevede l’obbligo del deposito in via telematica degli atti endoprocessuali.
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Testo del provvedimento
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Numero Protocolo Interno : 16/2015