Nei procedimenti disciplinari a carico di avvocati, la concreta individuazione delle condotte costituenti illecito disciplinare definite dalla legge mediante una clausola generale (abusi o mancanze nell’esercizio della professione o comunque fatti non conformi alla dignità e al decoro professionale) è rimessa all’Ordine professionale ed il controllo di legittimità sull’applicazione di tali norme non consente alla Corte di cassazione di sostituirsi al Consiglio nazionale forense nell’enunciazione di ipotesi di illecito, se non nei limiti di una valutazione di ragionevolezza, che attiene non alla congruità della motivazione, ma all’individuazione del precetto e rileva, quindi, ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.
Questo è il principio espresso dalla Suprema Corte, Sez. Unite, Pres. Travaglino – Rel. Criscuolo, con la sentenza n. 7030 del 17.03.2021.
Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione si sono pronunciate sul delicato tema della rilevanza del conflitto di interessi.
In particolare, la vicenda è stata originata da una sentenza del Consiglio Nazionale Forense con cui era stato confermato il provvedimento di un Consiglio Distrettuale di Disciplina che aveva irrogato ad un avvocato una sanzione disciplinare per aver prestato attività professionale in favore di un cliente, nei confronti del quale aveva agito in precedenza per il recupero di un credito professionale.
La condotta dell’avvocato veniva sanzionata in quanto posta in essere in palese violazione dell’art. 37 del Codice Deontologico Forense e, pure, in quanto lo stesso aveva affidato alla collega di studio la difesa del soggetto con cui si trovava in conflitto di interessi.
Avverso il provvedimento del Consiglio Nazionale Forense proponeva ricorso per Cassazione l’avvocato sanzionato.
Preliminarmente, le Sezioni Unite hanno osservato come la valutazione operata dal CNF, secondo cui la rinuncia al mandato da parte dell’avvocato fosse “solo fittizia”, non fosse sindacabile in sede di legittimità.
Inoltre, gli ermellini hanno precisato che la situazione di conflitto di interessi si configura ogniqualvolta l’avvocato si ponga processualmente in antitesi con il proprio assistito. A tal proposito, i giudici di legittimità hanno ritenuto applicabile il principio affermato in tema di invalidità del conferimento del secondo mandato in ipotesi di procure rilasciate a distinte parti in conflitto, anche meramente potenziale.
In tali fattispecie, la parte che abbia conferito per seconda la procura al medesimo avvocato deve ritenersi non costituita in giudizio, posto che un difensore non può assumere il patrocinio di due parti che si trovino – o possano trovarsi – in posizione di conflitto.
In relazione, poi, ai procedimenti disciplinari a carico di avvocati, in adesione al consolidato orientamento giurisprudenziale, la concreta individuazione delle condotte costituenti illecito disciplinare è rimessa all’Ordine professionale. In tal senso, in sede di legittimità è possibile prospettare solamente una valutazione di ragionevolezza che attenda alla individuazione del precetto.
Per tali motivi, il ricorso del professionista è stato rigettato.
Per ulteriori approfondimenti, si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
AVVOCATI: LA SANZIONE DISCIPLINARE È EFFICACE DAL MOMENTO DELLA NOTIFICA
NON È PREVISTA ALCUNA NOTIFICA DEL CONSIGLIO DELL’ORDINE PER LE SANZIONI DISCIPLINARI DEL CNF
Sentenza | Corte di Cassazione, sesta sezione penale | 25.03.2014 | n.14013
CODICE DEONTOLOGICO FORENSE: NON HA CARATTERE NORMATIVO
I PROVVEDIMENTI DISCIPLINARI NON SONO CENSURABILI PER VIOLAZIONE DI LEGGE PER CONTRASTO CON NORME DEONTOLOGICHE
Sentenza | Cassazione Civile, Sezione Terza, Pres. Berruti – Rel. Armano | 29.09.2015 | n.19246
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