ISSN 2385-1376
Testo massima
La sentenza definitiva di estromissione dal giudizio di un soggetto privo di legittimazione passiva ha il valore di una pronuncia di rigetto della domanda proposta contro tale soggetto, e, quindi, esaurendo nei confronti di questo la materia del contendere, deve provvedere al regolamento delle spese del relativo rapporto processuale.
Testo del provvedimento
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 19224-2008 proposto da:
F.F. C.F.
– ricorrente –
contro
O.G. C.F.
– controricorrente –
sul ricorso 19225-2008 proposto da:
B.E., F.D., F.M., F.R., F.L., F.C., R. R.,
– ricorrenti –
contro
O.G.,
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2451/2007 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 30/05/2007;
Svolgimento del processo
Con citazione del 26/1/1988 O.G. conveniva in giudizio il confinante F.F. per sentirlo condannare alla demolizione di alcuni sgabuzzini e di una veranda con aperture sulla proprietà di essa attrice, costruiti circa tre anni prima in violazione delle distanze legali.
F.F. costituendosi eccepiva la propria carenza di legittimazione passiva non essendo proprietario dell’immobile avendone in precedenza donato la nuda proprietà; nel merito chiedeva il rigetto della domanda e in riconvenzionale l’accertamento dell’usucapione del diritto a mantenere le vedute e i manufatti.
Nel corso del giudizio di primo grado erano chiamati in giudizio tutti i donatari dell’immobile che contestavano le domande attrici spiegando identica domanda riconvenzionale di accertamento dell’usucapione del diritto a mantenere le vedute e i manufatti. Dopo l’espletamento di CTU e di prove orali, con sentenza n. 2432 del 2003 il Tribunale di Roma rigettava la domanda riconvenzionale di usucapione e accoglieva parzialmente la domanda della O..
All’esito di appello della O., al quale resistevano gi appellati che proponevano anche appello incidentale, il Tribunale di Roma con sentenza del 30/5/2007 dichiarava, sull’accordo delle parti, l’estromissione dal processo di F.F. e, accogliendo per quanto di ragione l’appello principale, condannava gli altri appellati all’arretramento dei tre manufatti alla distanza di dieci metri dalla costruzione dell’ O.; rigettava l’appello incidentale diretto ad ottenere la pronuncia di usucapione. La Corte distrettuale osservava:
– che i tre manufatti, come risultava dalla CTU, erano stati realizzati a distanze variabili dalla parete finestrata dell’edificio della O., ma comunque sempre inferiori alla distanza di dieci metri prescritta dal PRG del Comune di Mentana approvato il 2/12/1980;
– che non v’era prova che dalla realizzazione dei tre manufatti fosse decorso il termine ventennale necessario per l’usucapione in quanto le testimonianze rese da M. e R. (quest’ultimo appellante incidentale e quindi con una posizione processuale incompatibile con quella di teste) si riferivano genericamente alla data di costruzione, ma non facevano riferimento alla costruzione dei singoli manufatti tenuto conto che i tre manufatti si aggiungevano alla costruzione principale che l’attrice non lamentava essere lesiva delle distanze.
Propongono ricorso, affidato a tre motivi, F.D. e gli altri donatari dell’immobile e loro aventi causa e depositano memoria.
Propone distinto ricorso, affidato ad un unico motivo, F. F., estromesso nel giudizio di appello e deposita memoria.
Resiste con due distinti controricorsi O.G..
Motivi della decisione
Preliminarmente devono essere riuniti, ai sensi dell’art. 335 c.p.c., il ricorso di F.F. e quello di F.D. e gli altri donatari dell’immobile e loro aventi causa, trattandosi di impugnazioni avverso la stessa sentenza.
1. Con l’unico motivo del suo ricorso F.F. deduce la violazione dell’art. 112 c.p.c. per omessa pronuncia sulla domanda di condanna dell’appellante principale O.G. al pagamento delle spese di entrambi i gradi di giudizio tenuto conto che la declaratoria di estromissione dal giudizio per difetto di legittimazione passiva aveva il valore di una pronuncia di rigetto.
1.1 Il motivo è fondato: la sentenza definitiva di estromissione dal giudizio di un soggetto privo di legittimazione passiva rispetto alla domanda ha il valore di una pronuncia di rigetto della domanda stessa contro tale soggetto, e, quindi, esaurendo nei suoi confronti la materia del contendere, deve provvedere al regolamento delle spese del relativo rapporto processuale (cfr. con riferimento a sentenza non definitiva, Cass. 4/7/1983 n. 4462).
Non essendo necessari ulteriori accertamento di fatto, la causa può essere decisa nel merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c..
La O. deve ritenersi soccombente nei confronti di F. F. in quanto lo ha convenuto in giudizio quale proprietario del fondo confinante, mentre tale non era.
In conclusione, deve essere accolto il ricorso di F. F. e la sentenza impugnata, quanto all’omessa condanna della O. a pagare le spese processuali a F.F., deve essere cassata, ma senza rinvio potendo essere decisa nel merito ex art. 384 c.p.c..
O.G., in quanto soccombente nei confronti di F. F., deve essere condannata a pagargli le spese dei due gradi del giudizio che, in applicazione delle tariffe forensi vigenti ratione temporis, si liquidano:
per il primo grado in Euro 1000,00 per onorari, 1000,00 per diritti e 300,00 per esborsi;
per il grado di appello in Euro 1.000,00, per onorari, 1000,00 per diritti e 200,00 per esborsi. La O., in quanto soccombente nei confronti di F.F. anche in questo giudizio di cassazione, deve essere inoltre condannata a pagargli le spese di questo giudizio di Cassazione che, considerati i criteri di cui al D.M. n. 140 del 2012, sono liquidate in Euro 1.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi.
2. Con il primo motivo di ricorso, corredato da relativo quesito di fatto, gli altri ricorrenti deducono il vizio di insufficiente, contraddittoria e illogica motivazione lamentando che, essendo stato accertato dal CTU che le pareti dei manufatti di essi ricorrenti sono paralleli al frontistante edificio dell’ O., la distanza non poteva essere calcolata in una distanza variabile tra un minimo e un massimo, come invece ritenuto in sentenza.
2.1 Il motivo è inammissibile per assoluta irrilevanza: siccome le distanze minime e massime considerate dal giudice di appello sono comunque inferiori a quella legale di dieci metri e neppure si assume che la distanza legale di dieci metri non sia stata rispettata, la censura non soddisfa il requisito di cui al dedotto art. 360 c.p.c., n. 5 perchè non attinge un fatto decisivo per il giudizio.
3. Con il secondo motivo di ricorso, corredato da relativo quesito di fatto, gli stessi ricorrenti deducono il vizio di insufficiente, contraddittoria e illogica motivazione e affermano:
che nella domanda di condono del 19/11/1985 il F. aveva dichiarato che i lavori di costruzione del fabbricato, comprensivi dei manufatti erano stati ultimati nel 1965;
– che i testi M.E. e R.R. avevano confermato che i lavori erano stati ultimati nel 1966/67;
– che i tre manufatti non erano costruzioni autonome, a sè stanti;
– che le norme di attuazione del PRG del Comune di Mentana erano state approvate il 2/12/1980 e che quindi non potevano essere applicate alle costruzioni già realizzate;
– che la decisione appellata immotivatamente si fondava sul presupposto implicito che i tre manufatti fossero nuova costruzione e, quindi, realizzati dopo il primo Dicembre del 1980.
3.1 Il motivo è manifestamente infondato. Occorre premettere che l’art. 873 c.c. prevede che “le costruzioni su fondi finitimi, se non sono unite o aderenti, devono essere tenute a distanza non minore di tre metri” e che “nei regolamenti locali può essere stabilita una distanza maggiore”.
Essendo stato accertato che le tre costruzioni violavano le vigenti norme edilizie in materia di distanze era onere dei convenuti, che ne affermavano invece la legittimità, darne la relativa prova, anche con riferimento all’epoca di costruzione (che, con più facilità del proprietario confinante essi potevano fornire) in quanto la data di ultimazione dei lavori fungeva da circostanza impeditiva dell’accoglimento della domanda avversaria.
I convenuti, odierni ricorrenti hanno tentato (sia pure con riferimento alla riconvenzionale di usucapione) di offrire la prova che i manufatti erano stati costruiti da oltre venti anni, ma la prova, secondo la valutazione congruamente motivata del giudice del merito, è fallita.
Occorre aggiungere che non è stata data neppure la prova della realizzazione dei manufatti in epoca antecedente all’entrata in vigore della norma edilizia comunale (peraltro riproducente la norma statale di cui alD.M. n. 1444 del 1968, art. 9 quanto alla distanza minima di dieci metri)che risulta violata.
Ciò premesso la censura si risolve in una inammissibile critica della valutazione delle prove testimoniali da parte del giudice di appello, critica che è altresì inammissibile perchè non scalfisce la sufficiente motivazione secondo la quale nessuna documentazione relativa agli immobili di proprietà era stata fornita (pag. 7 della sentenza) e i testi avevano riferito genericamente sulla data di realizzazione della costruzione principale senza riferimento alla costruzione dei singoli manufatti tenuto conto che i tre manufatti si aggiungevano alla costruzione principale che l’attrice non lamentava essere lesiva delle distanze.
4. Con il terzo motivo corredato da relativo quesito, gli stessi ricorrenti deducono la violazione e falsa applicazione dell’art. 157 c.p.c. in relazione all’art. 246 c.p.c. e il vizio di insufficiente, contraddittoria e illogica motivazione e affermano:
– che in violazione degli artt. 246 e 157 c.p.c. la Corte di Appello aveva ritenuto di ufficio l’incapacità a testimoniare del teste R. che neppure era parte quando fu ascoltato come teste;
– che di conseguenza ha omesso di valutare e apprezzare la sua testimonianza che se fosse stata presa in considerazione avrebbe comportato l’accoglimento della domanda di usucapione avendo egli riferito che il fabbricato era stato ultimato nel 1967.
4.1 Il motivo è inammissibile in quanto introduce censure del tutto irrilevanti rispetto alla ratio decidendi.
E’ vero che il giudice di appello ha affermato che “il teste R. non può trovare posto come teste giacchè egli è uno degli appellanti incidentali”, ma ha aggiunto “peraltro parla di un solo fabbricato terminato nel 1967”; il giudice di appello ha perciò ritenuto irrilevante la sua testimonianza con riferimento ai tre manufatti distinti che, differentemente dal fabbricato principale, violavano le distanze.
Pertanto, nonostante la prima affermazione, la testimonianza è stata comunque oggetto di valutazione e la valutazione di inidoneità per la prova della data di realizzazione dei tre distinti manufatti è congruamente motivata.
5. In conclusione, deve essere rigettato il ricorso n. 19225/08 proposto da F.D., F.L., F. C., F.M., R.R., B.E. e F.R. contro O.G. con la condanna dei predetti ricorrenti al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione liquidate come in dispositivo, tenuto conto che la causa introdotta con il ricorso da essi proposto e in ordine al quale sono risultati soccombenti, è risultata di maggiore complessità e rilevanza rispetto a quella introdotta con il ricorso di F. F..
PQM
La Corte, riuniti i ricorsi, accoglie il ricorso principale di F.F., cassa senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla omessa condanna di O.G. a pagare a F.F. le spese di primo e secondo grado e, decidendo nel merito, condanna O.G. a pagare a F. F. le spese dei due gradi del giudizio che liquida:
per il primo grado in Euro 1000,00 per onorari, 1000,00 per diritti e 300,00 per esborsi; – per il grado di appello in Euro in Euro 1000,00 per onorari, 1000,00 per diritti e 200,00 per esborsi. Condanna O.G. a pagare a F.F. le spese di questo giudizio di cassazione che liquida in Euro 1.700,00, di cui 200,00 per esborsi. Rigetta il ricorso proposto da F.D., F.L., F.C., F.M., F. R., R.R. e B.E. e condanna i predetti ricorrenti a pagare a O.G. le spese di questo giudizio di Cassazione che liquida in Euro 3.700,00 oltre Euro 200,00 per sborsi.
Così deciso in Roma, il 23 gennaio 2013.
Depositato in Cancelleria il 26 marzo 2013
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Numero Protocolo Interno : 470/2013