In materia di procedura civile, la mera difesa con la quale il convenuto si limiti a negare la titolarità del diritto fatto valere in giudizio e, dunque, l’elemento costitutivo della domanda, non è soggetta, contrariamente alle eccezioni in senso stretto, al termine di decadenza di cui all’art. 167 c.p.c., comma 2, ma può essere fatta valere anche oltre il termine dettato dalla predetta disposizione o sollevata d’ufficio dal giudice, senza che rilevi l’onere, sullo stesso gravante ai sensi del comma 1, della medesima norma, di prendere posizione nella comparsa di risposta sui fatti posti dall’attore a fondamento della domanda, non prevedendo il comma 1, contrariamente a quanto sancito nel comma successivo, alcuna decadenza.
Questo è il principio espresso dalla Corte di Cassazione, Pres. Lombardo – Rel. Pirari, con la sentenza n. 28793 del 17 ottobre 2023.
Accadeva che con atto di citazione, il possessore uti domino di alcuni immobili la cui titolarità era di vari soggetti, citava i proprietari per veder dichiarato l’acquisto della proprietà per intervenuta usucapione in suo favore.
Il giudizio di primo grado si concludeva con il rigettò della domanda, e anche il successivo giudizio di appello, incardinato sempre dal possessore, si concludeva con sentenza che di rigetto.
Contro la predetta sentenza il possessore proponeva ricorso per cassazione sulla base di sette motivi.
Con il primo motivo lamentava la violazione degli artt. 81, 100 e 167 c.p.c., art. 2697 c.c. e art. 115 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, e art. 112 c.p.c., perché la Corte d’appello, con riguardo all’eccezione di carenza di legittimazione passiva sollevata da uno dei proprietari, ancorché tardivamente costituito, aveva ritenuto immune da vizi la sentenza di primo grado, nella parte in cui aveva sostenuto che la titolarità del diritto, dal lato attivo e passivo, rientrasse tra i fatti costitutivi della domanda, sicché la parte che ne eccepiva la carenza non svolgeva alcuna eccezione in senso stretto, ma proponeva una mera difesa, consistente nella negazione di un fatto costitutivo posto a base della domanda, così da non incorrere in alcuna delle preclusioni contemplate dall’art. 167 c.p.c.
La Corte riteneva tale motivo infondato. Infatti, allineandosi a quanto affermato dal giudice del gravame, enunciava il principio di diritto secondo il quale il convenuto che non condivida l’assunto dell’attore in ordine alla titolarità del diritto e ai fatti prospettati può, dal canto suo, difendersi o limitandosi a negarli, così da svolgere una mera difesa, o contrapponendo altri fatti che privino di efficacia i fatti costitutivi modificativi o estintivi del diritto.
Qualora si limiti, come nel caso di specie, a negare il diritto vantato dall’attore, non incorre nella decadenza ex art. 167 comma 2 cpc, in quanto si tratta di mera difesa e non di eccezione in senso stretto.
La Suprema Corte rigettava il ricorso, con condanna del possessore alle spese di lite.
Per ulteriori approfondimenti in materia si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
COMPOSSESSO DEL COEREDE ED USUCAPIONE
CASI PRATICI DELLESERCIZIO DEL POTERE DI FATTO SULLA COSA IDONEI AD INTEGRARE LA FATTISPECIE ACQUISITIVA
Ordinanza | Cassazione civile, Seconda Sezione Civile | 13.11.2014 | n.24214
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