Nell’ipotesi in cui il creditore debba espropriare un bene immobile oggetto di trasferimento mortis causa, per poter procedere dovrà innanzitutto provare l’avvenuto passaggio della proprietà del cespite dal de cuius all’erede.
In sede ereditaria il titolo di acquisto della proprietà è rappresentato dall’accettazione dell’eredità (art. 459 c.p.c.) che può essere espressa o tacita, e cioè essere contenuta in un atto pubblico o in una scrittura privata, o desunta dal compimento da parte del chiamato all’eredità di un atto che implica necessariamente la volontà di accettarla, e che egli non potrebbe compiere se non nella qualità di erede (es. vendita di un bene ereditario).
In sede esecutiva, però, non sarà sufficiente dimostrare l’avvenuta accettazione dell’eredità, ma la stessa dovrà essere anche trascritta nei registri immobiliari; la trascrizione dell’acquisto a causa di morte è infatti funzionale alla tutela degli interessi degli aventi causa del successore, attraverso il principio della continuità delle trascrizioni.
In altri termini, fino a quando l’accettazione – espressa o tacita – non sia trascritta, l’eventuale acquisto dell’aggiudicatario non produrrà effetti ex art 2650 c.c.
Cosa accade, dunque, se il creditore procedente effettua il pignoramento di un bene “ereditato” ma la cui accettazione non sia regolarmente trascritta?
In tale ipotesi i tribunali in alcuni casi dichiarano l’estinzione della procedura esecutiva, in altri richiedono al creditore procedente di eseguire la trascrizione (ove possibile) prima di ordinare la vendita mentre in altri casi ancora consentono di sanare il difetto di trascrizione regolarizzando la continuità anche dopo l’istanza di vendita purché prima dell’emissione del decreto di trasferimento.
A dirimere la questione è poi intervenuta la Suprema Corte con la sentenza n. 11638/2014 con la quale è stato espressamente affermato che la trascrizione dell’atto di acquisto mortis causa non è un presupposto processuale che deve esistere nel momento di avvio dell’azione esecutiva, potendo anche sopravvenire, purché prima della vendita coattiva.
Si prospettano, dunque, due distinte ipotesi:
-Se l’accettazione dell’eredità non sia stata trascritta a cura dell’erede/debitore esecutato, il creditore procedente, se il chiamato all’eredità ha compiuto uno degli atti che comportano accettazione dell’eredità, può richiedere, a sua cura e spese, la trascrizione sulla base di quell’atto, qualora esso risulti da atto pubblico o da scrittura privata autenticata od accertata giudizialmente, anche dopo la trascrizione del pignoramento, ripristinando così la continuità delle trascrizioni, purché prima dell’autorizzazione alla vendita ex art. 569 c.p.c..
– Se, invece, il chiamato all’eredità ha compiuto uno degli atti che comportano accettazione tacita dell’eredità ma questo non sia trascrivibile, perché non risulta da sentenza, atto pubblico o da scrittura privata autenticata, ovvero se si assume che l’acquisto della qualità di erede discenda dai fatti di cui all’art. 485 c.c. o 527 c.c., non risultando questo acquisto dai pubblici registri, la vendita coattiva del bene pignorato ai danni del chiamato presuppone che la qualità di erede del debitore esecutato sia accertata giudizialmente con sentenza.
FOCUS
Se la trascrizione dell’acquisto mortis causa non è effettuata, la trascrizione del pignoramento non produce effetto a carico dell’acquirente successivo; ma se, ai sensi dell’art. 2650, la continuità viene ripristinata, le successive trascrizioni ed iscrizioni producono effetto secondo il loro ordine rispettivo.
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