Durante la pendenza del processo esecutivo è frequente che possano verificarsi fenomeni successori che modificano la rappresentazione del rapporto debito-credito cristallizzato nel titolo esecutivo.
Le uniche norme disciplinanti la vicenda successoria in corso di causa sono gli artt. 110 e 111 cpc, espressamente dettate per il processo di cognizione.
Se la successione ex latere creditoris non pone particolari problemi di prosecuzione della procedura, più complessa è la tematica del decesso del debitore esecutato, la quale – per opinione condivisa – non comporta tuttavia la conclusione anticipata del processo esecutivo, che, quindi, prosegue.
In dottrina si è posto il problema se, deceduto il debitore nelle more della procedura esecutiva, il decreto di trasferimento debba emettersi e trascriversi contro il de cuius o contro gli eredi.
La soluzione che riscontra maggiore consenso è quella per cui il decreto vada comunque emesso e trascritto contro il defunto, indipendentemente dalla trascrizione dell’accettazione dell’eredità.
A suffragio di questa conclusione soccorre l’art. 2913 c.c., ai sensi del quale “non hanno effetto in pregiudizio al creditore pignorante e ai creditori intervenuti gli atti di alienazione dei beni sottoposti a pignoramento”.
Se è, infatti, vero che tale disposizione si riferisce ad atti posti in essere volontariamente dall’esecutato è altrettanto vero, come osservato da autorevole dottrina, che tale riferimento può essere considerato un retaggio del passato, quando la sanzione degli atti successivi al pignoramento era la nullità, poi sostituita con il codice del 1942 dalla inefficacia-inopponibilità al creditore procedente.
Si è data, dunque, un’interpretazione estensiva della norma, ciò anche allo scopo di tutelare i creditori da quegli eventi che potrebbero rendere più difficile la loro tutela in sede esecutiva, nella quale dovrebbe essere fatto valere un diritto soggettivo perfetto.
Ulteriore considerazione a supporto di tale conclusione è quella per cui decreto di trasferimento andrebbe pronunciato e trascritto contro il debitore esecutato deceduto anche per garantire la continuità delle trascrizioni.
Resta fermo che i chiamati all’eredità non sono estromessi dal procedimento: questi possono proporre opposizione ex art. 615 cpc, nonché accettare l’eredità, con atto tuttavia inopponibile ai creditori ex art. 2913 c.c., disposizione appena citata.
FOCUS
A seguito della morte del debitore esecutato, la procedura esecutiva prosegue, ma gli eredi acquistano la legittimazione processuale ad opporsi all’esecuzione o a i singoli atti esecutivi.
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