ISSN 2385-1376
Testo massima
È diritto del difensore – che aderisca all’astensione delle udienze legittimamente deliberata dal competente organismo forense – quello di ottenere un differimento della trattazione della causa, sicché lo svolgimento della suddetta attività, in presenza di tale impedimento, ben può determinare, ove ne sia da esse derivato pregiudizio al diritto di difesa, una nullità degli atti assunti. Tuttavia, l’impedimento in oggetto deve essere previamente portato a conoscenza dell’Ufficio, siccome si tratta di una facoltà del difensore che, pur avendo origine o fonte in un deliberato “collettivo”, si esercita mediante un atto di esternazione individuale, la cui presenza è indefettibile, appartenendo alla sfera dei diritti personali la facoltà di aderire, o no, ad una decisione di astenersi dall’attività (cfr. Corte Cost. n. 171 del 1996).(Nella specie, il difensore aveva inviato il fax, contenente la dichiarazione di astensione, la sera prima dell’udienza in cui la sentenza impugnata era stata emessa, ma non risultava – e il relativo onere era a carico della parte che chiedeva il rinvio – che tale comunicazione fosse stata portata tempestivamente a conoscenza del collegio giudicante e della controparte).
Testo del provvedimento
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 28679/2007 proposto da:
M.G.;
RICORRENTE
contro
ALFA SRL,;
CONTRORICORRENTE
avverso la sentenza n. 871/2006 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA, depositata il 07/11/2006 R.G.N. 951/05;
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza 12.10.-7.11.06 la Corte d’appello di L’Aquila rigettava il gravame interposto da M.G. contro la sentenza con cui il Tribunale di Vasto ne aveva respinto le domande, rivolte contro la ALFA SRL, di attribuzione del superiore inquadramento contrattuale nel 5^ livello CCNL per l’industria metalmeccanica con relative differenze retributive e risarcimento dei danni conseguiti all’illegittimo demansionamento patito, essendo stato adibito, dal dicembre 2000, alle inferiori mansioni di operaio addetto esclusivamente alla produzione.
Per la cassazione di tale sentenza ricorre il M. affidandosi a due motivi.
La ALFA SRL resiste con controricorso, poi ulteriormente illustrato con memoria ex art. 378 c.p.c..
MOTIVI DELLA DECISIONE
1 – Con il PRIMO motivo si lamenta violazione e falsa applicazione della L. n.146 del 1990, art. 2 bis, in relazione alla delibera n. 02/137 della Commissione di garanzia per l’attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali, nonchè dell’art.111 Cost., con conseguente nullità del processo e della sentenza, per violazione del diritto di difesa, avendo la Corte territoriale deciso la causa all’udienza del 12.10.06 nonostante che il difensore del M. avesse fatto pervenire la propria dichiarazione di adesione all’astensione collettiva dalle udienze proclamata per quel giorno dall’O.U.A..
Il motivo è infondato.
La Corte costituzionale, con sentenza n. 171/96, dichiarò l’illegittimità costituzionale della L. 12 giugno 1990, n.146, art.2, commi 1 e 5, nella parte in cui non prevedeva, nel caso dell’astensione collettiva dall’attività giudiziaria degli avvocati e dei procuratori legali, l’obbligo di un congruo preavviso e di un ragionevole limite temporale dell’astensione e non prevedeva altresì gli strumenti idonei ad individuare e assicurare le prestazioni essenziali, nonchè le procedure e le misure consequenziali in ipotesi di inosservanza.
Questa S.C. ha già avuto modo di statuire (cfr. Cass. 16.7.02 n. 10296; Cass. 19.12.97 n. 12841) che il difensore che aderisca all’astensione collettiva dalle udienze legittimamente deliberata ha i diritto di ottenere un differimento della trattazione di causa (sempre che non si tratti di una delle controversie di cui agli artt. 4 e 5 della regolamentazione contenuta nella delibera n. 02/137 della Commissione di garanzia per l’attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali: non è questo il caso), purchè tale adesione sia portata a conoscenza dell’Ufficio giudiziario.
Nel caso di specie, dai documenti prodotti dal ricorrente emerge che il fax contenente la dichiarazione di astensione del difensore del M. fu inviato alla Corte d’appello alle h. 19,29 dell’11.10.06, vale a dire la sera prima dell’udienza in cui fu emessa la sentenza impugnata, ma non risulta che in concreto tale fax sia stato, poi, tempestivamente portato a conoscenza del Collegio giudicante e della difesa della ALFA, prova che incombeva sulla parte che chiedeva il rinvio.
2 – Con il SECONDO motivo di ricorso si prospetta violazione dell’art.2103 cc, e art.116 cpc, e vizio di motivazione laddove la gravata pronuncia ha attribuito al lavoratore l’onere di dimostrare che le mansioni in concreto svolte erano tali da influenzare i risultati della produzione (ai fini del riconoscimento del 5^ livello).
Il motivo è infondato.
E’ noto, infatti, che l’onere della prova dello svolgimento di mansioni proprie di un superiore livello di inquadramento contrattuale ricade sul lavoratore e che, quindi, quest’ultimo deve dimostrare l’incidenza quantitativa e qualitativa di tali mansioni ai fini della superiore qualifica.
Per il resto, il motivo di ricorso non fa altro che sollecitare un ulteriore approccio agli atti di causa affinchè se ne dia una lettura diversa da quella fornita dai giudici del merito, operazione estranea al giudizio innanzi a questa Corte Suprema.
Infatti, per costante giurisprudenza – da cui non si ravvisa motivo alcuno di discostarsi – il vizio di omessa o insufficiente motivazione, deducibile in sede di legittimità ex art.360 cpc, n.5, sussiste solo se nel ragionamento del giudice di merito, quale risulta dalla sentenza, sia riscontrabile il mancato o deficiente esame di un punto (dopo la novella di cui al D.Lgs. n. 40 del 2006, di un “fatto”) decisivo della controversia, potendosi in sede di legittimità controllare unicamente sotto il profilo logico – formale la valutazione operata dal giudice del merito, soltanto al quale spetta individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, valutare le prove, controllarne l’attendibilità e la concludenza e scegliere, tra esse, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (cfr., ex aliis, Cass. S.U. 11.6.98 n. 5802 e innumerevoli successive pronunce conformi).
Nè il ricorso isola (come invece avrebbe dovuto) singoli passaggi argomentativi per evidenziarne l’illogicità o la contraddittorietà intrinseche e manifeste (vale a dire tali da poter essere percepite in maniera oggettiva e a prescindere dalla lettura del materiale di causa), ma ritiene di poter enucleare vizi di motivazione dal mero confronto con documenti e deposizioni, vale a dire attraverso un’operazione che suppone un accesso diretto agli atti ed una loro delibazione non consentiti in sede di legittimità.
3 – In conclusione, il ricorso è da rigettarsi.
Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
PQM
La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 40,00 per esborsi ed in Euro 3.000,00 per compensi professionali, oltre accessori come per legge.
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