Secondo le regole del processo civile telematico, il difensore è tenuto a verificare la propria casella di posta in base al principio di diligenza generale dell’utente esterno, così come prescritto dall’art. 20 del D.M. n. 44/2011, quindi anche a controllare la effettiva disponibilità di spazio sulla casella PEC.
Questo il principio espresso dal Tribunale di Verona, Dott. Massimo Vaccari, con ordinanza del 21.03.2017.
Nel caso in esame, il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, proposto da una società avverso il provvedimento monitorio ottenuto dalla banca, veniva prima interrotto in seguito al fallimento della società e successivamente dichiarato estinto, atteso che la riassunzione del processo era avvenuta alla scadenza del termine di tre mesi previsto dall’art. 305 c.p.c..
Nella specie, l’opponente sosteneva di aver proposto istanza di riassunzione per via telematica, depositando la stessa con la dicitura “ricorso in riassunzione” in luogo di “istanza generica” e, pertanto, la cancelleria riscontrando un errore nella busta telematica, rifiutava il deposito con comunicazione via PEC all’avvocato, il quale, però, avendo la casella postale piena, visualizzava il messaggio a distanza di tempo, e dunque, depositava nuovamente istanza di riassunzione seguendo le indicazioni della cancelleria, solo quando ormai era spirato il termine di legge previsto per la riassunzione del processo, chiedendo di essere rimesso nei termini.
Il tribunale adito, in particolare richiamava l’art. 20 del Regolamento concernente le regole tecniche per il processo civile telematico (D.M. n. 44/2011) il quale elenca quelli che sono i requisiti della casella PEC del soggetto abilitato esterno.
Specificamente il comma 5 di detto articolo, prevede che “Il soggetto abilitato esterno è tenuto a dotarsi di servizio automatico di avviso dell’imminente saturazione della propria casella di posta elettronica certificata e a verificare la effettiva disponibilità dello spazio disco a disposizione.”, pertanto, il giudicante sosteneva che se il difensore avesse osservato il principio di diligenza generale dell’utente esterno, avendo soprattutto cura di controllare la casella di posta, avrebbe avuto tutto il tempo per ridepositare l’istanza correttamente e nei termini di legge.
Sottolineava, inoltre, che l’errore determinante il rifiuto del deposito non era da rinvenirsi nell’imprecisa dicitura così come sostenuto dal riassumente, bensì nel fatto che lo stesso aveva depositato l’atto al ruolo generale, come se si fosse trattato dell’atto introduttivo di un nuovo giudizio, e non nel fascicolo originario, come segnalato anche nella PEC relativa al deposito.
Alla luce di tali considerazioni, rigettava l’istanza di remissione in termini e dichiarava estinto il giudizio, condannando il riassumente al pagamento delle spese di lite.
Per ulteriori approfondimenti si rinvia ai seguenti provvedimenti:
PCT: IL DEPOSITO DI UN ATTO IN UN FASCICOLO NON PERTINENTE È AFFETTO DA NULLITÀ EX 156 C.P.C.
L’ERRONEA INDIVIDUAZIONE DEL REGISTRO DI RIFERIMENTO NON CONSENTE LA RIMESSIONE IN TERMINI
Sentenza | Tribunale di Bologna, Pres. Florini – Rel. Salina | 04.07.2016 | n.15758
DEPOSITO TELEMATICO: LA TEMPESTIVITÀ È CONDIZIONATA ALL’ESITO POSITIVO DELLA TERZA RICEVUTA
SOLTANTO IN PRESENZA DI ERRORI CD. FATAL, LA CANCELLERIA PUÒ RIFIUTARE L’ATTO
Ordinanza | Tribunale di Milano, Dott. Nicola Fascilla | 23.04.2016 |
IL DEPOSITO DI UN ATTO PROCESSUALE IN UN FASCICOLO NON PERTINENTE È AFFETTO DA NULLITÀ
Ordinanza Tribunale di Torino, dott. Marco Carbonaro 22-03-2016
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