In tema di contenzioso tributario, la notifica della sentenza effettuata a mezzo PEC dal difensore del contribuente, munito dell’autorizzazione del Consiglio dell’Ordine di appartenenza, all’Amministrazione finanziaria, in data 5 dicembre 2014, è inesistente e insuscettibile di sanatoria, per cui non è idonea a far decorrere il termine breve per l’impugnazione, atteso che, ai sensi dell’art. 16 bis, comma 3, del d.lgs. n. 546 del 1992, che richiama il D. M. 23 dicembre 2013, n. 163, le notifiche tramite PEC degli atti del processo tributario sono previste in via sperimentale solo a decorrere dal 1° dicembre 2015 ed esclusivamente dinanzi alle commissioni tributarie della Toscana e dell’Umbria, come precisato dall’art. 16 del D. M. 4 agosto 2015.
Questo il principio sancito dalla Corte di Cassazione, sezione sesta civile, Pres. Cirillo-Rel. Napolitano, con ordinanza n.17941 del 12/09/2016.
Nel caso in esame, la CTR della Campania accoglieva l’appello proposto contro la sentenza della CTR di Napoli, che aveva respinto il ricorso avverso l’avviso di liquidazione d’imposta di registro, ritenendola carente d’interesse, in ragione del fatto che al tempo della proposizione del ricorso di primo grado l’avviso di liquidazione non le era stato ancora notificato.
Con la stessa pronuncia la CTR della Campania rigettava altresì l’appello proposto dal coobbligato solidale, avendo rilevato che correttamente la CTP di Napoli aveva dichiarato, limitatamente a quest’ultimo, la cessazione della materia del contendere, essendo intervenuto nei suoi confronti provvedimento di revoca in autotutela dell’atto impositivo.
Avverso detta pronuncia l’Amministrazione proponeva ricorso per cassazione con cui denunciava violazione e falsa applicazione del D. Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, laddove la sentenza impugnata aveva accolto il gravame, senza rilevare che la mancata impugnazione dell’avviso di liquidazione notificato nei suoi confronti solo in data 7/9/2011 ne aveva comportato la definitività, né che la contribuente aveva omesso d’impugnare il diniego di annullamento in autotutela dell’atto impositivo concernente la posizione della contribuente medesima.
La controricorrente eccepiva l’inammissibilità dell’avverso ricorso per tardività.
Con riguardo a tale eccezione la Corte ha in primo luogo chiarito che non è idonea al decorso del termine breve d’impugnazione la modalità telematica di notifica (tramite PEC) della sentenza della CTR in data 5 dicembre 2014.
Si tratta, ha specificato la Cassazione, di notifica effettuata tramite PEC direttamente dal difensore della contribuente, munito dell’autorizzazione del Consiglio dell’Ordine di appartenenza ad eseguire le notificazioni ai sensi della L. 21 gennaio 1994, n. 53 e successive modifiche.
Ciò posto, l’art. 1 della legge n. 53/1994, secondo periodo, nel testo da ultimo risultante a seguito della modifica apportata dal D.L. 24 giugno 2014, n. 90, art. 46, comma 1, lett. a), n. 2), convertito, con modificazioni, nella L. 11 agosto 2014, n. 114, dispone che, quando ricorrono i requisiti di cui al periodo precedente della stessa norma, fatta eccezione per l’autorizzazione del Consiglio dell’Ordine, “la notificazione degli atti in materia civile, amministrativa e stragiudiziale può essere eseguita a mezzo di posta elettronica certificata“.
Si ricava a contrario dalla citata disposizione, ha chiarito la Corte, che avuto riguardo alla specialità delle disposizioni che regolano il processo tributario dinanzi alle commissioni tributarie provinciali e regionali, detta forma di notifica non è ammessa per la notificazione degli atti in materia tributaria, se non espressamente disciplinata dalle specifiche relative disposizioni.
Secondo la Cassazione, resta quindi confermata, in parte qua, l’originaria previsione del D.P.R. 11 febbraio 2005, n. 68, art. 16, comma 4, avente ad oggetto Regolamento recante disposizioni per l’utilizzo della posta elettronica certificata, a norma della L. 16 gennaio 2003, art. 27, per la quale “le disposizioni di cui al presente regolamento non si applicano all’uso degli strumenti informatici o telematici nel processo tributario“.
Per la Corte, la ricognizione del quadro normativo di riferimento alla data del 5 dicembre 2014, epoca di avvenuta notifica della sentenza della CTR a mezzo PEC all’Amministrazione da parte del difensore dei controricorrenti, porta a rilevare che il D. Lgs. n. 546 del 1992, art. 16, nel testo allora vigente, prevedeva che le sole comunicazioni di segreteria potessero essere effettuate mediante l’utilizzo della posta elettronica certificata.
La materia risulta oggi ridefinita, a seguito dell’entrata in vigore del D. Lgs. 24 settembre 2015, n. 156 di revisione, tra l’altro, della disciplina del contenzioso tributario.
Abrogato il comma 1 bis dell’art. 16, è stato aggiunto, infatti, al D. Lgs. n. 546 del 1992, art. 16 bis, il cui attuale comma 3, prevede che “le notificazioni tra le parti e i depositi presso la competente Commissione tributaria possono avvenire in via telematica secondo le disposizioni contenute nel D.M. Economia e Finanze 23 dicembre 2013, n. 163 e dei relativi decreti di attuazione“.
Il decreto del Ministero dell’economia e delle finanze 4 agosto 2015 ha quindi previsto, in attuazione della disposizione del D.M. n. 163 del 2013, art. 3, comma 3, le specifiche tecniche volte alla disciplina dell’uso di strumenti informatici e telematici nel processo tributario.
Per la Corte, dal sistema normativo così ricostruito, deriva che le notifiche a mezzo posta elettronica certificata nel processo tributario sono consentite laddove è operativa la disciplina del c.d. processo tributario telematico.
Il D.M. 4 agosto 2015, art. 16 emanato, ha precisato la Cassazione, in attuazione del D.M. n. 163 del 2013, art. 3, comma 3, ha previsto l’entrata in vigore delle disposizioni relative al processo tributario telematico in via sperimentale per i ricorsi dinanzi alle Commissioni tributarie provinciali e regionali dell’Umbria e della Toscana a partire dal primo giorno del mese successivo al decorso del termine di 90 giorni dalla pubblicazione dello stesso D.M. 4 agosto 2015, vale a dire dal 1 dicembre 2015.
Alla stregua del quadro normativo di riferimento come sopra delineato, la Corte ha concluso che nella fattispecie in esame, alla data del 5 dicembre 2014, la notifica tramite PEC effettuata dal difensore della contribuente all’amministrazione finanziaria della sentenza resa dalla CTR della Campania tra le parti, non è idonea a far decorrere il termine breve per la proposizione del ricorso per cassazione ai sensi del combinato disposto del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 51, comma 1, in relazione all’art. 38, che a sua volta richiama l’art. 16 del decreto medesimo, norma che non contemplava la previsione della notifica del ricorso a mezzo PEC, viceversa prevista dal nuovo art. 16-bis, il cui comma 3, non è ancora applicabile, se non dal 1 dicembre 2015 per le sole notifiche tramite PEC degli atti nel processo tributario telematico sperimentale dinanzi alle commissioni tributarie della Toscana e dell’Umbria.
Detta notifica, per la Corte, in assenza della previsione delle regole tecniche di attuazione, deve ritenersi giuridicamente inesistente, non essendo nella fattispecie ipotizzabile alcuna forma di sanatoria.
Ne consegue che il ricorso per cassazione risulta regolarmente proposto entro il termine lungo di sei mesi, secondo l’art. 327 c.p.c. nella formulazione applicabile ratione temporis, dal deposito della sentenza.
Nel merito, tuttavia, la Corte ha valutato il ricorso come infondato.
Sul punto la Cassazione ha richiamato il principio più volte affermato dalla giurisprudenza secondo il quale “In tema di atti d’imposizione tributaria, la notificazione non è un requisito di giuridica esistenza e perfezionamento, ma una condizione integrativa di efficacia, sicchè la sua inesistenza o invalidità non determina in via automatica l’inesistenza dell’atto, quando ne risulti inequivocamente la piena conoscenza da parte del contribuente” (cfr. Cass. sez. 5, 24 aprile 2015, n. 8374).
I Giudici hanno ritenuto tale principio applicabile al caso di specie allorché la contribuente aveva già impugnato lo stesso avviso di liquidazione, sebbene formalmente notificato al solo coobbligato solidale al tempo della proposizione dell’originario ricorso, chiarendo, ad ogni modo, con memoria, una volta avvenuta ricevuta la materiale notifica dell’atto, che l’impugnazione già proposta era da intendersi estesa anche a questo.
Sulla base del suddetto principio la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso e condannato la ricorrente Amministrazione alla rifusione delle spese del giudizio.
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