Provvedimento segnalato da Donato Giovenzana – Legale d’impresa
La procura generale conferita per operare in un rapporto bancario continua ad essere operativa in caso di decesso del dante causa ove gli eredi non avvisino la Banca della morte del cliente.
Questo è il principio espresso dalla Corte di Cassazione, Pres. Ambrosio – Rel. Dolmetta con la sentenza n. 31193 del 29.12.2017.
La vicenda sottoposta al vaglio della Cassazione trae origine dalla domanda di restituzione proposta dalle coeredi della titolare, deceduta, di un rapporto di conto corrente nei confronti della Banca per avere questa consentito al procuratore generale nonché convivente della de cujus di prelevare da detto rapporto delle somme di denaro pur dopo la morte dell’intestataria.
La Suprema Corte ha ritenuto esente da ogni responsabilità il comportamento della Banca, tenuto conto:
- che le coeredi non avvisarono la Banca della morte della depositante;
- che il procuratore, convivente dell’intestataria, operava sul rapporto bancario dal marzo del 1998 in forza di valida procura notarile, e dalla movimentazione delle operazioni in questione non emergeva alcuna anomalia, per importi o frequenza delle stesse, che potesse imporre alla Banca, quantomeno in via prudenziale, un diverso comportamento;
- dell’insufficienza del semplice comportamento omissivo del terzo per costituirlo in colpa nel caso di abuso della procura (o di mancanza della stessa), occorrendo ai fini dell’affermazione che egli abbia agito senza la dovuta diligenza, il concorso di altri elementi, e ciò, peraltro, anche alla luce dell’art. 1396, 2° comma, c.c., secondo cui la causa di estinzione della procura, che è data dalla morte del rappresentato, non è opponibile al terzo che l’ha senza colpa ignorata.
Alla luce delle suesposte argomentazioni la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso condannando parte ricorrente al pagamento delle spese di lite.
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