Va rimessa alle Sezioni Unite la questione in ordine alla sussistenza della giurisdizione del giudice italiano a decidere sulla possibilità di sussumere nella fattispecie di cui all’art. 15, lett. c), della Convenzione di Lugano del 30 ottobre 2007, l’attività svolta dalle banche in relazione ai contratti di investimento in prodotti finanziari, con contestuale apertura di conti correnti in Svizzera.
Questo è il principio espresso dalla Corte di Cassazione, Pres. Genovese – Rel. Campese, con l’ordinanza n. 35384 del 18 dicembre 2023.
Con atto ritualmente notificato, la parte ricorrente citava la banca svizzera in liquidazione e altra banca innanzi al Tribunale campano esponendo di aver sottoscritto con le medesime, in diversi momenti temporali, due contratti di investimento in prodotti finanziari, con contestuale apertura di conti correnti in Svizzera, che, in forza di tali contratti, le stesse avevano raccolto e, poi, disperso i suoi risparmi lasciando che alcuni consulenti finanziari effettuassero investimenti da lei mai autorizzati, e, infine, che tali consulenti avevano potuto agire indisturbati grazie alle clausole nulle contenute nei due contratti e all’inerzia delle due banche nell’ottemperare agli obblighi di informazione su di esse gravanti in corso di rapporto.
Parte ricorrente chiedeva pertanto: accertarsi l’invalidità dei predetti contratti e, conseguentemente, condannarsi le convenute alla restituzione, in proprio favore, delle somme versate e non ancora restituitele, oltre alla rivalutazione e agli interessi dal giorno del versamento a quello dell’effettiva restituzione; nonché, in subordine, previo riconoscimento della loro responsabilità contrattuale, la condanna delle banche al risarcimento dei danni.
L’adito tribunale dichiarava il proprio difetto di giurisdizione a conoscere della controversia, ritenendo applicabile la Convenzione di Lugano del 2007 e opinando che nessuna delle ipotesi previste dall’art. 15 di quest’ultima poteva dirsi sussistente nel caso di specie, in quanto non si controvertiva certamente su uno dei contratti indicati alle lettere a) e b), nè vi era prova che le convenute svolgessero in Italia attività commerciale o professionale o dirigessero inequivocabilmente verso l’Italia la loro attività.
Il gravame promosso dalla ricorrente contro quella decisione veniva respinto dalla Corte di appello.
Per la cassazione di tale sentenza, la ricorrente ha proposto ricorso affidandolo ad un unico motivo, riguardante il capo della Sentenza impugnata secondo cui per i contratti conclusi con le resistenti sussistesse l’esclusiva giurisdizione svizzera e, per l’effetto, il difetto di giurisdizione italiana.
Ad avviso della Suprema Corte, “il complesso motivo formulato dalla ricorrente al fine di invocare la sussistenza della giurisdizione del giudice italiano a decidere l’odierna controversia – con particolare riferimento alla possibilità di sussumere nella fattispecie di cui all’art. 15, lett. c), della Convenzione di Lugano[1] l’attività concretamente svolta dalle banche controricorrenti in relazione ai contratti, di cui oggi si discute, da esse conclusi con la (ricorrente) – non si rivela prima facie inammissibile per inosservanza dei requisiti di cui all’art. 366 c.p.c., nè si è formato un giudicato (esterno o interno; esplicito o implicito) sulla statuizione investita dal medesimo nè, infine, la questione di giurisdizione ivi posta appare ictu oculi pretestuosa o, comunque, erronea, in quanto non fondata sui presupposti di fatto tipici di tale eccezione”.
Pertanto, il Collegio ha ritenuto doveroso rimettere l’esame del ricorso alle Sezioni Unite, stante la peculiarità della complessiva vicenda ad essa sottostante.
[1] A tenore del quale “Salve le disposizioni dell’art. 4 e dell’art. 5, paragrafo 5, la competenza in materia di contratti conclusi da una persona, il consumatore, per un uso che possa essere considerato estraneo alla sua attività professionale è regolata dalla presente sezione: (…); c) in tutti gli altri casi, qualora il contratto sia stato concluso con una persona le cui attività commerciali o professionali si svolgono nello Stato vincolato dalla presente convenzione in cui è domiciliato il consumatore o sono dirette, con qualsiasi mezzo, verso tale Stato o verso una pluralità di Stati comprendente tale Stato, purchè il contratto rientri nell’ambito di dette attività”.
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