ISSN 2385-1376
Testo massima
Non è sufficiente, al fine di configurare la responsabilità della Banca ex art. 2049 c.c., l’esistenza di un contratto di agenzia tra l’Istituto di Credito ed il terzo promotore.
Il danneggiato dovrà fornire la prova che il promotore/collaboratore si sia avvalso della struttura della Banca per far concludere le polizze assicurative, per cui il luogo della sottoscrizione (uffici della banca), è rilevante ai fini della valutazione del nesso di causalità.
La responsabilità indiretta di cui all’art. 2049 c.c. per il fatto dannoso commesso da un dipendente, postula infatti l’esistenza di un rapporto di lavoro ed un collegamento tra il fatto dannoso del dipendente e le mansioni da questi espletate, senza che sia all’uopo richiesta la prova di un vero e proprio nesso di causalità, risultando sufficiente, viceversa, l’esistenza di un rapporto di occasionalità necessaria, da intendersi nel senso che l’incombenza svolta abbia determinato una situazione tale da agevolare e rendere possibile il fatto illecito e l’evento dannoso, e ciò anche se il dipendente abbia operato oltre i limiti delle sue incombenze o persino trasgredendo gli ordini ricevuti, purché sempre entro l’ambito delle propri mansioni.
Questo il principio affermato dal Tribunale di Milano, dott.ssa Silvia Brat, con sentenza depositata in data 09.03.2015.
IL CASO
Nella fattispecie in esame, il cliente conveniva innanzi al Tribunale di Milano, unitamente al promotore finanziario, anche Banca, Società di Assicurazioni, Broker Assicurativo e Società Finanziaria, chiedendone la condanna in solido al risarcimento di tutti i danni subiti in conseguenza delle attività illecite poste in essere dal promotore.
In particolare, l’attore assumeva che il promotore, ponendo in essere una condotta palesemente fraudolenta, l’avesse indotto ad operare ingenti investimenti con la Banca, oltre che a sottoscrivere diverse polizze assicurative e ad acquistare prodotti assicurativi e finanziari. Soltanto una volta maturata la volontà di disinvestire i capitali impegnati, l’attore appurava che il promotore non aveva mai consegnato le somme corrispostegli alle società convenute, pur avendo effettivamente intrattenuto con esse rapporti di collaborazione.
Alla luce di tali circostanze, l’attore indirizzava dunque le proprie pretese restitutorie e risarcitorie, oltre che nei confronti del promotore, anche nei riguardi della Banca e delle società convenute, ritenute responsabili ai sensi dell’art. 31 TUF e dell’art. 2049 c.c..
Si costituiva in giudizio la Banca, la quale evidenziava che la natura degli investimenti operati dall’attore fosse del tutto estranea all’attività svolta dal promotore per proprio conto, rigettando pertanto ogni avverso addebito. In subordine, in caso di condanna, la Banca chiedeva di essere manlevata dal promotore e dalle altre società convenute.
Acclarata preliminarmente la responsabilità del promotore per appropriazione indebita a danno dell’attore, il Tribunale ha poi provveduto ad analizzare le posizioni dei singoli convenuti, al fine di verificare la sussistenza di un rapporto di collaborazione tra gli stessi ed il promotore; rapporto che potesse aver agevolato la commissione delle attività illecite e che consentisse dunque di radicare la responsabilità solidale delle società convenute.
LA DECISIONE
Il Tribunale adito, operata un’analitica ricostruzione dei rapporti intercorsi tra l’attore, il promotore e ciascuna delle società convenute, ha escluso qualsivoglia responsabilità nei confronti della Banca e della Società di Assicurazioni, riconoscendo invece solidalmente responsabili nei confronti dell’attore il promotore, il Broker e la Società Finanziaria, dal momento che, a norma dell’art. 2049 c.c., la società di intermediazione è responsabile degli illeciti commessi dal promotore finanziario anche a titolo oggettivo.
Al fine di escludere la responsabilità della banca, il Tribunale ha rilevato che non era stata offerta alcuna prova che il promotore/collaboratore si fosse avvalso della struttura della Banca per far concludere le polizze assicurative, in quanto il danneggiato non aveva indicato il luogo della sottoscrizione del contratto presso gli uffici della banca, circostanza rilevante ai fini della valutazione del nesso di causalità.
In accoglimento della spiegata domanda di manleva, il Giudice condannava il promotore a tenere indenne il Broker dalle conseguenze del provvedimento di condanna.
IL COMMENTO
Con specifico riguardo alla posizione della Banca, il Giudice adito, nel rigettare la domanda attorea, ha fatto proprio un consolidato orientamento della Suprema Corte, statuendo che “la responsabilità indiretta di cui all’art. 2049 c.c. per il fatto dannoso commesso da un dipendente, postula l’esistenza di un rapporto di lavoro ed un collegamento tra il fatto dannoso del dipendente e le mansioni da questi espletate, senza che sia all’uopo richiesta la prova di un vero e proprio nesso di causalità, risultando sufficiente, viceversa, l’esistenza di un rapporto di occasionalità necessaria da intendersi nel senso che l’incombenza svolta abbia determinato una situazione tale da agevolare e rendere possibile il fatto illecito e l’evento dannoso” (cfr. Cass. Civ. n. 2574/1999).
Il Tribunale ha pertanto ritenuto che l’esistenza di un contratto di agenzia tra la Banca ed il promotore, e la fruizione da parte di quest’ultimo di un ufficio messogli a disposizione dallo stesso Istituto di Credito, non fossero elementi sufficienti a fondare il sopra citato nesso di occasionalità necessaria, posto che tutti gli elementi indicati dalla difesa attorea non risultassero connessi tra loro da un nesso di interdipendenza. “Se è, infatti, vero che il promotore aveva un rapporto di collaborazione con l’istituto bancario de quo – rapporto che copre parte del periodo di stipula delle polizze – è altrettanto vero che non risulta affatto che il promotore/collaboratore si fosse avvalso della struttura della Banca per far concludere dette polizze all’odierna attrice”.
Alla luce degli illustrati rilievi, risulta dunque del tutto irrilevante, ai fini del giudizio di responsabilità a carico della Banca, la circostanza che il promotore, negli stessi anni in cui l’attrice sottoscrisse le polizze, lavorava anche per conto dell’Istituto di Credito. Affermazione, quest’ultima, “del tutto avulsa dai rapporti professionali in essere tra le parti, rapporti che non hanno visto alcun minimo coinvolgimento, neppure delle strutture materiali, riferibile all’istituto di credito”.
Pertanto, sulla scorta delle sopra esposte considerazioni, il Tribunale ha rigettato in toto la domanda attorea nei confronti della Banca, condannando l’istante alla rifusione delle spese di lite a favore del convenuto Istituto di Credito.
Testo del provvedimento
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