Il promotore finanziario, secondo il meccanismo posto dagli art. 94 e 95 D.Lgs. n. 58 del 1998, non partecipa alla determinazione del contenuto negoziale e non è in grado, di propria iniziativa, di introdurre clausole che determinino deviazione dalla disciplina del modello invariabile predisposto nel prospetto informativo.
Ove il promotore prometta rendimenti o altri trattamenti più vantaggiosi rispetto a quelli indicati nel prospetto, il terzo contraente non può invocare i principi dell’apparenza, in particolare la propria condizione soggettiva di buona fede, per farne discendere conseguenze a sé favorevoli, vincolando ad essi l’offerente.
Questi i principi espressi dalla Corte di Cassazione, sez. prima, Pres. Di Palma – Rel. Nazzicone, con la sentenza n. 3625 del 24.02.2016.
Nella fattispecie, una Banca proponeva ricorso per Cassazione avverso la sentenza con cui la Corte d’Appello di Cagliari, in parziale riforma della sentenza di primo grado ed in accoglimento dell’impugnazione proposta dall’Istituto di credito, aveva condannato quest’ultimo al pagamento, in favore di una società investitrice, di una somma ingente, oltre interessi, detratti gli importi corrisposti in esecuzione della sentenza di primo grado, in relazione al contratto, concluso fra le parti, di sottoscrizione di quote di fondo comune d’investimento mobiliare.
La Corte territoriale aveva, in particolare, ritenuto legittima l’applicazione da parte del Giudice di prime cure dei principi concernenti la rappresentanza apparente e l’affidamento incolpevole circa i poteri della promotrice finanziaria di accordare le condizioni particolari più favorevoli menzionate nella nota proveniente dalla promotrice rispetto a quelle contenute nel mandato, pervenuto il giorno successivo, ed indicate nel prospetto informativo dell’investimento.
Il Giudice di seconde cure, osservato che l’art. 1393 c.c. attribuisce la facoltà e non l’onere alle Banche di controllare i poteri del rappresentante, rilevava che nel caso di specie l’Istituto di credito aveva comunicato alla controparte di avere effettuato l’investimento secondo le istruzioni del mandato e di aver inviato il prospetto riepilogativo degli investimenti al cliente, eseguendo l’ordine di disinvestimento parziale senza richiedere chiarimenti, così contribuendo ad ingenerare il ragionevole convincimento che alla promotrice finanziaria fosse stato conferito il potere, in realtà inesistente, di praticare le condizioni più favorevoli accordate.
Avverso questa sentenza, proponeva ricorso la Banca, affidato a sei motivi, mentre resisteva l’intimata con controricorso.
Con il primo motivo di ricorso, la Banca lamentava la violazione e falsa applicazione, in relazione all’art. 2193 c.c., del principio dell’apparenza del diritto in tema di rappresentanza, il quale non può operare in ragione del sistema di pubblicità legale del registro delle imprese, che palesa la colpa del terzo contraente, nella specie persona giuridica, la quale era onerata di verificare che la promotrice finanziaria non avesse il potere di modificare i singoli contratti di investimento.
Con il secondo motivo, deduceva la violazione e falsa applicazione degli art. 1350 e 1392 c.c., 23 d.lgs. n. 58 del 1998 e del principio dell’apparenza del diritto, che non può operare in presenza di un obbligo di forma scritta ad substantiam del contratto di investimento, onde anche la procura doveva rivestire la stessa forma.
Con il terzo motivo, lamentava la violazione o falsa applicazione degli art. 1387, 1704, 1705, 1752 e 2209 c.c., 5 legge n. 1 del 1991 e 31 d.lgs. n. 58 del 1998, atteso che il promotore finanziario non ha poteri rappresentativi, mentre solo chi risulta indicato nel registro delle imprese può impegnare la società ex art. 2209 c.c..
Con il quarto motivo, censurava la violazione o falsa applicazione degli art. 94 e 95 d.lgs. n. 58 del 1998, e 13 Reg. Consob n. 11971 del 1999, per avere la Corte del merito ritenuto integrabile attraverso clausole difformi un contratto di sottoscrizione di fondi comuni mobiliari, che va concluso tramite i moduli compresi nel prospetto informativo depositato presso la Consob e che il sistema esclude possa subire, quindi, modifiche ad personam.
Con il quinto motivo di ricorso, la Banca rilevava la nullità della sentenza e del procedimento per violazione degli art. 112, 324, 339, 342, 346 c.p.c. e 2909 c.c., per avere la corte territoriale, pur in mancanza di appello incidentale, condannato la Banca a pagare una somma ulteriore, all’esito del ricalcolo degli interessi.
Con il sesto motivo, deduceva la violazione e falsa applicazione degli art. 1965 e 2909 c.c., 324 e 346 c.p.c., perché sul punto era stata comunque conclusa una transazione, comprovata dalla quietanza successiva alla sentenza di primo grado, in cui le parti avevano imputato il predetto importo a capitale, e si era formato il giudicato interno.
La Suprema Corte, osservato, preliminarmente che, nella vicenda in esame, la società investitrice non aveva invocato la responsabilità civile della Banca proponente, quanto, piuttosto, la diretta efficacia delle modificazioni al contratto di investimento, negoziate con il promotore, richiamava la disciplina contenuta nell’art. 31, comma 3, D.Lgs. n. 58 del 1998, secondo cui: “Il soggetto abilitato che conferisce l’incarico, è responsabile in solido dei danni arrecati a terzi dal promotore finanziario, anche se tali danni siano conseguenti a responsabilità accertata in sede legale”.
In altri termini, la società di intermediazione mobiliare è responsabile in solido dei danni arrecati a terzi nello svolgimento delle incombenze affidate ai promotori finanziari, purché sussista un rapporto di necessaria occasionalità tra incombenze affidate e fatto del promotore, ravvisabile ogniqualvolta la condotta di quest’ultimo rientri nel novero delle attività funzionali all’esercizio delle incombenze di cui è investito e salvo dimostrazione di concorso doloso o colposo della condotta dell’investitore.
La Corte, premesso che le regole sulla rappresentanza dettate per l’imprenditore commerciale, risultano applicabili anche alle imprese bancarie, osservava che alcuni soggetti che ricoprono determinate cariche o posizioni all’interno dell’impresa, per legge, nei rapporti esterni, esercitano poteri di rappresentanza dell’imprenditore stesso (è il caso degli institori, dei procuratori e dei commessi) laddove, viceversa, i promotori finanziari, quali dipendenti, agenti o mandatari, esercenti professionalmente l’attività di offerta fuori sede di servizi finanziari, non godono del potere di rappresentanza dell’ente.
Gli ermellini, infine, osservato che ai sensi dell’art. 94 D.Lgs. n. 58 del 1998, coloro che intendono effettuare un’offerta, devono pubblicare preventivamente il prospetto di cui è data comunicazione alla Consob per l’approvazione, contenente tutte le informazioni necessarie sui prodotti finanziari, rilevava che i promotori finanziari, secondo il meccanismo posto dagli artt. 94 e 95 D.Lgs. n. 58 del 1998, non partecipano alla determinazione del contenuto negoziale del prospetto informativo e non sono in grado, di propria iniziativa, di introdurre clausole che determinano deviazione dalla disciplina del modello invariabile predisposto al suo interno.
A tal proposito, dunque, la Corte specificava che ove il promotore prometta rendimenti o altri trattamenti più vantaggiosi rispetto a quelli indicati all’interno del prospetto informativo, il terzo contraente non può invocare i principi dell’apparenza, ed in particolare la propria condizione soggettiva di buona fede, per farne discendere conseguenze a sé favorevoli, vincolando ad essi l’offerente.
Per quanto suesposto, il Giudice di legittimità accoglieva il ricorso, condannando la società investitrice a restituire alla Banca quanto indebitamente ricevuto.
SEGNALA UN PROVVEDIMENTO
COME TRASMETTERE UN PROVVEDIMENTONEWSLETTER - ISCRIZIONE GRATUITA ALLA MAILING LIST
ISCRIVITI ALLA MAILING LIST© Riproduzione riservata
NOTE OBBLIGATORIE per la citazione o riproduzione degli articoli e dei documenti pubblicati in Ex Parte Creditoris.
È consentito il solo link dal proprio sito alla pagina della rivista che contiene l'articolo di interesse.
È vietato che l'intero articolo, se non in sua parte (non superiore al decimo), sia copiato in altro sito; anche in caso di pubblicazione di un estratto parziale è sempre obbligatoria l'indicazione della fonte e l'inserimento di un link diretto alla pagina della rivista che contiene l'articolo.
Per la citazione in Libri, Riviste, Tesi di laurea, e ogni diversa pubblicazione, online o cartacea, di articoli (o estratti di articoli) pubblicati in questa rivista è obbligatoria l'indicazione della fonte, nel modo che segue:
Autore, Titolo, in Ex Parte Creditoris - www.expartecreditoris.it - ISSN: 2385-1376, anno